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Il patto col diavolo 22/04/2014 -

David  I. Kertzer
Il patto col diavolo
Rizzoli

I rapporti tra il Vaticano e il fascismo sono da sempre oggetto di controversia. Da una parte quanti sostengono che la Chiesa sia stata una ferma oppositrice del Duce, dall’altra quanti ritengono che invece lo abbia appoggiato in materia determinante. Dopo l’apertura, nel 2006, degli Archivi vaticani, nuovi documenti permettono di approfondire il dipanarsi delle relazioni tra Pio XI e Benito Mussolini, due uomini arrivati insieme al potere, nel 1922, e i cui destini resteranno legati a doppio filo. Spie, traditori, carte segrete e scandali taciuti rivelano una storia di opportunismi, di interessi talvolta convergenti – a partire dalla comune e ferrea lotta contro il comunismo – ma anche di riluttanze, insofferenze e duelli all’arma bianca. Mussolini aveva bisogno del Papa per far dimenticare il proprio passato anticlericale e guadagnare il consenso in un Paese cattolico, il Papa, per parte sua, intendeva restaurare i privilegi perduti del clero e cullava il sogno di uno Stato confessionale. Ma con il progressivo stringersi dell’alleanza tra Mussolini e Hitler, le perplessità di Pio XI si faranno sempre più serie e la sua disponibilità verso il regime vacillerà ogni giorno di più. La visita trionfale del Führer a Roma e le successive esternazioni del Duce sulla superiorità e la purezza della razza italiana lo fecero inorridire. Allora decise di scrivere un discorso, per denunciare l’intollerabile abbraccio del razzismo nazista: avrebbe dovuto tenerlo a tutti i vescovi d’Italia l’11 febbraio 1939, ma il giorno prima morirà e tutte le copie di quel discorso saranno fatte scomparire. Questo libro è il resoconto dettagliato di una verità scomoda ricostruita sulla base di documenti storici che offre uno sguardo inedito su uno dei periodi più bui della Storia del nostro Paese.

La famiglia Karnowski 28/03/2013 -

Israel Joshua Singer
La famiglia Karnowski
Adelphi

«Avevo un fratello più piccolo, Moshe, che era ancora in fasce quanrdo ci trasferimmo a Varsavia; una sorella che aveva tredici anni più di me e si chiamava Hinde Ester; e un altro fratello, Israel Joshua, che aveva undici anni più di me. Tranne Moshe, tutti noi divenimmo scrittori. Mio fratello scriveva, come me, in lingua yiddish». Così racconta Isaac Bashevis Singer la propria infanzia, all’ombra di quella corte dove il padre esercitava l’ufficio di giudice e dove sfilava un’umanità variegata, impagabile fonte d’ispirazione.

Poche lingue hanno subito un destino crudele e sanguinolento come lo yiddish, morto insieme ai milioni di vite che lo parlavano, dalla Polonia all’Ucraina, dalla Bielorussia a alla Lettonia, diventate fumo per le ciminiere dei forni crematori, nei campi di sterminio. Eppure, tanto nei libri di Isaac quanto in quelli di suo fratello maggiore Israel Joshua, morto nel 1944, lo yiddish dà e acquista vita, come se tutto il mondo ancora oggi continuasse a parlarlo. Ed è la storia di una coppia di fratelli, il cui destino (o Dio) fa sì che il minore abbia a surclassare il primogenito. E’ capitato a Esaù di subire le astuzie del piccolo Giacobbe. E’ capitato a Israel Joshua di vivere nell’ombra del più giovane e acclamato Isaac. Eppure c’è una linea di continuità, anzi di autentica fraternità, nei loro libri. Ma se quelli di Isaac sono noti e tradotti ovunque, a Israel è toccato in sorte una specie di oblio, che però diventa una straordinaria occasione di scoperta per i lettori, a distanza di tanti anni. La famiglia Carnowski uscì infatti nel 1943, ma scoperta di recente e tradotta in francese poco tempo fa, vede oggi la luce anche in italiano, nella puntuale e immaginiamo assai sudata traduzione dall’originale yiddish di Anna Linda Callow per Adelphi.

E’ una saga familiare di grande respiro, che copre due continenti e tre generazioni. E’ una vicenda al maschile di tre destini molto diversi fra loro, benché sul filo di quella continuità generazionale che è stata per millenni il terreno della storia ebraica. David, Georg e Jegor abitano tre dimensioni di questa esperienza: dallo shtetl, il villagio ebraico in Polonia, all’illuminata (ma ancora per un soffio) Berlino, a quella Goldene Medina, Eldorado d’oltreoceano che diventerà rifugio anche per la famiglia Singer.

Ma a differenza dell’altro grande libro di Israel Joshua, I fratelli Ashkenazi ripubblicati di recente in Italia da Bollati Boringhieri con una prefazione di Claudio Magris, questo nuovo/ vecchio romanzo ha una misura diversa, un filo conduttore angoscioso che pone il lettore in uno stato di inquietudine costante. Qui c’è infatti tutto il presagio del dramma che l’autore non fece in tempo a conoscere del tutto, accompagnato da un’illusione tenace e tossica dentro la quale vivono i tre protagonisti e con essi il lettore: quella dell’integrazione, dell’assimilazione, della consapevolezza (fasulla) che l’epoca dei ghetti, della chiusura, dell’emarginazione e dei pogrom fosse finita per sempre. Ed è con strazio crescente che la storia viaggia avanti verso quel futuro che sappiamo tutti di cosa era fatto, e indietro dentro una nostalgia a cui non sa ancora dare un nome.

Se David, il primo protagonista, non vede l’ora di abbandonare lo shtetl e abbracciare la modernità, suo figlio Georg sarà, anzi dovrà essere «tedesco fra i tedeschi» prima ancora che ebreo. E Jegor porterà il peso di un’identità mista, non meno problematica. Ma non sono figure astratte, queste. Con grande talento narrativo e una prosa che ha in sé ha già il presagio di quello che sta per succedere alla lingua in cui è scritta – è come se l’autore cercasse già di risuscitarla anche se allora non era ancora morta – Singer regala al suo lettore un grande affresco familiare fitto di volti, sentimenti, gesti, tragedie. Con l’ombra pesante di ciò che presto farà fallire tutte le illusioni di questi personaggi. Un libro ricco nel senso migliore del termine e per nulla ridondante, malgrado la mole di pagine.
ELENA LOEWENTHAL

I farisei 18/03/2013 -

Leo Baeck
I farisei
Giuntina


La risposta alla domanda di quali siano le condizioni che danno all’ebraismo il diritto di esistere indipendentemente dal cristianesimo si trova nell’evidenza stessa dei suoi valori e dei suoi contenuti eterni trasmessi dalla tradizione. Il fariseismo e il rabbinismo si presentarono per Baeck come una forza rinnovatrice dell’etica dei profeti. Sarebbe, quindi, del tutto riduttivo attendersi da queste pagine una replica diretta alle accuse di ipocrisia che tanto hanno pesato sia sulla sorte linguistica del termine «farisei» sia su quella effettiva del popolo ebraico. La confutazione di un simile atteggiamento sta tutta nel fatto che l’ebraismo si presenta come una religione che prolunga fino al tempo presente la morale universale dei profeti. Ciò è avvenuto solo grazie al rinnovamento della tradizione compiuto dai Farisei. La loro etica vale, dunque, anche nell’ambito della cultura moderna; essa è infatti ancora in grado di rispondere agli interrogativi sollevati dall’età contemporanea.

Storia del popolo ebraico 10/07/2013 -

Cecil Roth
Storia del popolo ebraico
Res Gestae

Un amplissimo arco di quasi quattromila anni, dal primo apparire, con Abramo, della concezione monoteistica alla costituzione dello Stato d'Israele. La storia degli ebrei raccontata da uno studioso che ha vissuto la tragedia della seconda Guerra mondiale. In anni in cui è ancora aperta la ferita mortale dei campi di sterminio, ricostruire una storia unitaria degli ebrei è un gesto forte e denso di memoria. Questo libro testimonia a chiare lettere la lunga vicenda di persecuzione che questo popolo ha vissuto. Una storia che è inevitabilmente anche storia di altissime intuizioni, di grandi realizzazioni e di profonde creazioni e soprattutto di una fede incrollabile nel senso universale degli eventi storici.

 

Consegna su richiesta 18/02/2013 -

Varian Fry
Consegna su richiesta. Marsiglia 1940-1941.
Artisti, dissidenti ed ebrei in fuga dai nazisti
Sellerio

Nell'agosto del 1940 un giovane giornalista americano, Varian Fry, viene mandato a Marsiglia, nella Francia di Vichy, da una organizzazione americana (l'Emergency Rescue Committee, ERC) con l'incarico di fare espatriare gli esuli europei - artisti, intellettuali, antifascisti, antinazisti, ebrei - che avevano trovato rifugio in Francia e che sono minacciati dalla Gestapo, dall'Ovra, dalla Seguridad. L'armistizio tra la Francia e la Germania nazista conteneva una clausola che ammetteva la «consegna su richiesta» dei rifugiati segnalati dal Reich. In tredici mesi, prima che la polizia di Vichy espella Varian Fry, con l'avallo degli Stati Uniti, l'ERC riuscirà, con mezzi legali e illegali, a salvare migliaia di persone.  Fry entra in contatto con tanti comuni eroi indimenticabili, costituendo una rete clandestina e caricandosi del destino di vita o di morte di grandi nomi dell'arte, della scienza e della cultura. Furono salvati in più di 1.500. Questo libro ce ne restituisce tra l'altro i ritratti presi in momenti fatali, assieme alle avventure della clandestinità. Un documento storico eccezionale e insieme un racconto di grande commozione.

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