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La Stampa-Corriere della Sera Rassegna Stampa
05.11.2017 Libano: Hariri si dimette, stava per fare la fine del padre
Cronaca di Giordano Stabile, commento di Lorenzo Cremonesi

Testata:La Stampa-Corriere della Sera
Autore: Giordano Stabile-Lorenzo Cremonesi
Titolo: «Libano,il premier Hariri si dimette e punta il dito su Iran e Hezbollah-Hariri e il missile su Riad, l'Iran e gli sciiti fanno sempre più paura»

Il Libano al centro dell'attenzione politica, oggi 05/11/2017. Riprendiamo due articoli, dalla STAMPA, a pag.12 e dal CORRIERE della SERA, a pag.24

La Stampa-Giordano Stabile: "Libano,il premier Hariri si dimette e punta il dito su Iran e Hezbollah

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Giordano Stabile                  Hariri,  In fuga per salvare la pelle

Un colpo di scena. Un discorso drammatico alla tv Al-Arabiya, la voce del go- yerno saudita, in diretta da Riad. Il premier libanese Saad Hariri si è dimesso così con un atto d'accusa durissimo contro l'Iran, e il suo alleato in Libano Hezbollah. «S'immischiano negli affari degli Stati arabi, portano il caos nella regione». Poi ha spiegato il suo gesto: «Sento aria di complotto attorno a me, la stessa aria di quando è stato assassinato mio padre, la mia vita è in perico- lo». E sempre secondo AlArabiya, due giorni fa, le forze di sicurezza libanesi avrebbero sventato un attentato che come obiettivo aveva proprio Saad Hariri. L'agguato Il riferimento e all'assassinio di suo padre, Rafik Hariri, anche lui primo ministro, assassinato il 14 febbraio 2005 con una potentissima auto- bomba nel pieno centro di Beirut. I sospetti sono sempre stati rivolti alla Siria di Bashar al-Assad, come mandante, e a Hezbollah come esecutore. Un tribunale internazionale ha cercato di fare luce e messo sotto accusa alcuni esponenti del Partito di Dio ma senza una sentenza definitiva. Saad Hariri Premier dimissionario del Libano Hariri figlio sembrava però aver archiviato lo scontro sanguinoso con il movimento sciita. Alla fine dell'anno scorso ha preso la guida di un governo di 30 ministri, rappresentanti di tutte le anime politiche libanesi, compreso Hezbollah. Il suo esecutivo, arrivato subito dopo l'elezione a presidente della repubblica del cristiano maronita Michel Aoun, aveva aperto una nuova pagina, con la speranza di una piena riconciliazione fra le fazioni settarie che dal 1975 al 1990 si erano combattute al prezzo di oltre centomila morti. Proprio il ricordo dell'immenso prezzo pagato nella guerra civile avevano spinto Hariri, a capo della parte sunnita, Aoun, leader dei cristiani, ed Hezbollah ha siglare la pace. Ma l'equilibrio è andato in frantumi sotto la tremenda pressione dello scontro regionale fra Iran e Arabia Saudita. Il fatto che le dimissioni siano arrivate da Riad, durante un viaggio non programmato, lascia intendere la forte influenza del regno sulla decisione di Hariri, accusato dagli sciiti libanesi di essere «teleguidato» dai sauditi. La guerra all'Isis La fine dell'Isis in Siria e Iraq, ormai imminente, sta sconvolgendo gli equilibri in Medio Oriente. Teheran in questo momento è il grande vincitore. Ha mantenuto Assad al potere contro l'insurrezione sunnita, con l'invio di decine di migliaia di miliziani sciiti che hanno rovesciato le sorti della guerra. In Iraq la vittoria contro l'estremismo sunnita è arrivata grazie all'appoggio sia americano che iraniano al premier Haider al-Abadi. Ma le ultime mosse di Baghdad, l'offensiva contro il Kurdistan da sempre alleato degli Stati Uniti, mo- strano quanto l'Iraq sia sotto l'influenza dell'Iran e delle centinaia di miliziani sciiti addestrati da Teheran. Questo nuovo equilibrio in Mesopotamia è visto come una minaccia mortale dall'Arabia Saudita. Il principe ereditario Mohammed bin Salman, l'uomo forte del regno, ha cercato di rafforzare l'alleanza con Washington e con gli altri Stati sunniti del Golfo, ma è incappato in una *** guerra in Yemen senza sbocchi e in una crisi con un'altra, piccola ma influente potenza sunnita, il Qatar. A questo punto non poteva che giocare la carta libanese, per cercare una controffensiva. Il Libano è nettamente diviso fra un campo filosciita, rappresentato da Hezbollah e dal presidente Aoun, che dopo averli combattuti alla fine degli Anni Ottanta si è riappacificato con i siriani, e un campo filosunnita, con Hariri in testa, ma anche alcuni leader cristiani, come Amin Gemayel e Samir Geagea. La premiership di Hariri non è riuscito a colmare il fossato. La sconfitta Il premier ha spiegato il suo fallimento con l'azione di Hezbollah che «nei decenni passati è riuscito a imporre la sua realtà con la forza delle armi dirette ai petti dei siriani e dei libanesi». «Sono andato al governo - ha continuato - con la promessa che avrei messo fine alle divisioni politiche in Libano, in base al principio dell'autodeterminazione, ma non ci sono riuscito, nonostante i miei sforzi, l'Iran continua ad abusare del Libano». Poi, con un cambio di tono, ha promesso che «gli artigli dell'Iran sulla regione saranno tagliati». Ma per il momento dovrà lavorare ai nuovi equilibri del Libano. Il presidente Aoun, avvertito all'ultimo momento al telefono delle decisione, starebbe già lanciando le consultazioni per un nuovo esecutivo. In ambienti sciiti si fa addirittura il nome del presidente del Parlamento Nabih Berri, uno sciita. Sarebbe una rottura impensabile della spartizione dei poteri che ha retto il Libano sin dalla sua indipendenza nel 1943: presidente della Repubblica cristiano maronita, presidente del Parlamento sciita, premier sunnita. Ma in questo momento in Medio Oriente le vecchie regole non valgono più e tutto è possibile.

Corriere della Sera-Lorenzo Cremonesi: " Hariri e il missile su Riad, l'Iran e gli sciiti fanno sempre più paura"

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Lorenzo Cremonesi                 Il fronte sciita

Le dimissioni annunciate ieri da Saad Hariri vanno ben oltre lo scenario libanese e ripropongono in maniera urgente l'affacciarsi di nuovi squilibri nel Medio Oriente già entrato nell'era post-Isis. In poche parole: il fronte sciita, guidato dall'Iran assieme ai suoi protetti tra i militanti-militari dell'Hezbollah (la milizia sciita libanese), si presenta come il grande vincitore contro l'estremismo sunnita e fa di tutto per guadagnare terreno. Ieri sera poi, annunciava la tv Al Arabiya, un missile balistico è stato intercettato dai sauditi vicino all'aereoporto di Riad: è partito dallo Yemen e dalle aree controllate dalle milizie filo-iraniane. Quella sciita è una politica di espansione in tutta la regione dai tempi dell'invasione americana dell'Iraq nel 2003 e il collasso del regime di Saddam Hussein. Gli Stati Uniti non hanno elaborato una valida strategia di contenimento delle conseguenze delle loro azioni. Tutto l'opposto della Russia, che, sebbene meno forte e armata degli Usa, continua a puntare sulla carta sciita sostenendo senza riserve il regime siriano di BasharAssad, grande alleato di Teheran. Da qui le dimissioni del4?enne premier sunnita libanese. Saad le annuncia in modo drammatico proprio da Riad, dove da tempo il governo saudita gli offre asilo e protezione: dice a chiare lettere di temere per la sua stessa vita, addirittura traccia un parallelo con il febbraio 2005, quando suo padre Rafiq venne assassinato con un'autobomba sul lungomare di Beirut. Un attentato che è platealmente attribuito a Hezbollah e ai servizi segreti siriani. L'emittente saudita Al Arabiya rivela ora che le forze di sicurezza libanesi due giorni fa avrebbero sventato un attentato contro Saad. Questi reagisce accusando l'Iran di causare «paura e distruzione». Nel frattempo in Iraq le minoranze sunnite e curde accusano le milizie sciite di gravi violenze nei loro confronti. Lo stesso in Siria, dove le truppe filo-governative approfittano dello slogan della «lotta al terrorismo» per punire in modo duro ed esemplare le popolazioni ribelli.

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