venerdi 19 aprile 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Il Giornale - La Stampa - Il Foglio Rassegna Stampa
08.09.2017 Siria: intervento di Israele contro fabbrica di armi chimiche di Assad
Analisi di Fiamma Nirenstein, Giordano Stabile, Daniele Raineri, la disinformazione su Manifesto e Osservatore Romano

Testata:Il Giornale - La Stampa - Il Foglio
Autore: Fiamma Nirenstein - Giordano Stabile - Daniele Raineri
Titolo: «Israele bombarda la Siria. La nuova minaccia sono sempre gli iraniani - Raid aereo di Israele in Siria. Distrutta la fabbrica delle armi chimiche di Assad - Israele bombarda il sito di armi chimiche di Assad (sì, funzionava ancora)»

Riprendiamo dal GIORNALE, di oggi 08/09/2017, a pag. 14, con il titolo "Israele bombarda la Siria. La nuova minaccia sono sempre gli iraniani", il commento di Fiamma Nirenstein; dalla STAMPA di oggi, a pag. 15, con il titolo "Raid aereo di Israele in Siria. Distrutta la fabbrica delle armi chimiche di Assad", l'analisi di Giordano Stabile; dal FOGLIO, con il titolo "Israele bombarda il sito di armi chimiche di Assad (sì, funzionava ancora)", l'analisi di Daniele Raineri.

IL MANIFESTO titola a pag. 8 "Raid israeliano in Siria: 2 morti. Colpito un impianto militare". Gli fa eco L'OSSERVATORE ROMANO, a pag. 3, con il titolo "Raid israeliano in Siria", un giornale che riprende quasi sempre con giorni di ritardo le notizie, ma che in questo caso è invece tempestivo. Ancora una volta il quotidiano comunista e quello della Santa Sede si uniscono nella disinformazione contro Israele. Scrivere di "raid" infatti è lacunoso e lascia pensare a un'azione militare aggressiva da parte dello Stato ebraico, che invece è intervenuto a scopi puramente difensivi. "Raid", però, lascia pensare a una incursione, magari contro civili, mentre Israele ha colpito in modo mirato una struttura militare di produzione e stoccaggio di armi chimiche.

Daniele Raineri, nel commento pubblicato sul Foglio, riporta quanto pubblicato dalla Pravda, secondo cui Netanyahu di fronte a Putin "era in panico e implorava" per la sempre più forte presenza iraniana in Siria. Quanto sia inaffidabile la Pravda è cosa nota, da sempre, inoltre ci sembra difficilmente credibile che Netanyahu sia "in panico o implorante" di fronte a chicchessia.

Ecco gli articoli:

Immagine correlata

 

 

 IL GIORNALE - Fiamma Nirenstein: "Israele bombarda la Siria. La nuova minaccia sono sempre gli iraniani"

 

Immagine correlata
Fiamma Nirenstein

Gerusalemme - Era quasi la mattina di ieri quando, secondo fonti straniere, una squadra di jet dell'esercito israeliano ha attaccato una fabbrica di armi chimiche e di bombe su territorio siriano, nella regione di Hama a Masyaf. Se ne parlò già nel 2014 come di un alacre centro produttore di veleni chimici pronti per testate missilistiche. Nell'attacco sette persone sono morte, e dal governo di Assad sono subito partite minacce di «serie conseguenze» per il bombardamento e anche congetture sull'interesse di Israele a aiutare l'Isis in difficoltà. Ma l'Isis odia Israele più di quanto odi Assad e Israele la combatte sul suo territorio e fuori con totale determinazione.

La faccenda è ben diversa: la guerra scatenatasi ormai da sei anni sul territorio siriano è innanzitutto una guerra di ribelli più o meno radicali contro il dittatore Assad. Gli sono giunti in aiuto, costretti poi a condurre una guerra anche contro l'opposizione estremizzatasi in Isis, gli Hezbollah pilotati dall'Iran con sullo sfondo la presenza egemonica di Putin. È per questo complesso puzzle che l'attacco di ieri (ripetiamo, le fonti israeliane tacciono e non ci sono conferme di sorta che si tratti di un'iniziativa israeliana) assume, come dice l'ex capo dei servizi militari Amos Yadlin, una caratteristica «non di routine». Certamente Iran e Hezbollah sono i peggiori e i più pericolosi nemici di Israele. Suoi, senza dubbio, sono stati in questi mesi i frequenti attacchi, che ormai si contano a centinaia, ai convogli iraniani carichi d'armi diretti nelle mani delle Hezbollah per rinforzare la loro forza militare destinata non solo al fronte siriano ma anche e soprattutto alla comune guerra strategica contro Israele. Gli Hezbollah si sono spesso vantati di aver ormai accumulato 100mila missili, e l'espansione del loro confine oltre quello del Libano a incorporare il bordo siriano di fatto è un rischio strategico che Israele ha più volte denunciato, perché implica la presenza di un violento, largo fronte sciita con il coltello fra i denti contro lo stato ebraico.

L'attacco alla fabbrica d'armi, detta Cers («Scientific Studies and Research Centers») che è un centro di morte chimica e distruzione sperimentata più volte sui cittadini siriani stessi, certifica la decisione di Israele di rafforzare le proprie linee di guardia quando si tratta di proteggere il proprio territorio e la vita dei suoi cittadini. Nei giorni scorsi si è parlato della costruzione di due nuove fabbriche d'armi degli Hezbollah, di cui una sotterranea. In questi giorni l'allarme proveniente dal Nord Corea riporta alla luce la questione nucleare legata all'Iran e la sua continua promessa di distruggere Israele. Israele non lo vuole attaccato al confine. Il punto delicato però è la presenza russa: Netanyahu ha cercato di disinnescarlo con un franco colloquio con Putin in cui gli chiedeva che ogni soluzione per la Siria preveda l'allontanamento dell'Iran e degli Hezbollah. La risposta è stata poco rassicurante. Le due parti si sono promesse di evitare scambi di fuoco fra aerei, ma finora si parla di almeno un paio di volte in cui i proiettili russi hanno inseguito gli israeliani. L'operazione di ieri ha il sapore di grande mossa preventiva che ebbe la distruzione del reattore di Ozirak in Irak nel 1981 e del sospetto sito nucleare siriano di Deir el Zor nel 2004. Si parlò anche di molte tracce di intervento nordcoreano nell'area. In una parola: proprio adesso, Israele non intende diventare oggetto dei sogni aggressivi, balistici, nucleari, dell'Iran che con gli Hezbollah gli respira addosso. Il segnale di ieri è al mondo intero. Se i russi non intendono garantire a Israele un'area libera da pericoli mortali, se anche gli Stati Uniti, come sta accadendo, nicchiano dando priorità alla questione Isis, Israele farà da solo.

LA STAMPA - Giordano Stabile : "Raid aereo di Israele in Siria. Distrutta la fabbrica delle armi chimiche di Assad"

Risultati immagini per giordano stabile giornalista
Giordano Stabile

Israele colpisce un sospetto laboratorio di armi chimiche in Siria ma i destinatari, virtuali, sono Vladimir Putin e Donald Trump. L’attacco scattato alle 2 e 40 di ieri mattina ha preso di mira il Syrian Scientific Researchers Center di Masyaf, nella provincia di Hama, considerato uno dei tre centri di ricerca militari siriani dove sono state sviluppate armi chimiche. Almeno quattro cacciabombardieri hanno sorvolato il Libano, sono entrati nello spazio aereo siriano e hanno colpito le strutture con missili a medio raggio. Gli attivisti dell’opposizione hanno documentato sul web gli effetti del raid: fiamme rossastre che si levavano alte sugli edifici.

Le forze armate israeliane non hanno confermato né smentito l’attacco. Ma il ministro della Difesa Avigdor Lieberman ha fatto capire che lo Stato ebraico era responsabile e quali erano gli obiettivi: «Faremo di tutto per impedire che si crei un corridoio sciita dall’Iran a Damasco». Il regime di Bashar al-Assad ha puntato il dito contro Israele e lo ha accusato di aver preso di mira postazioni militari, non depositi di armi chimiche, e aver ucciso «due soldati». La Siria ha rinunciato al suo arsenale chimico alla fine del 2013, su pressione di Stati Uniti ed Europa e con il consenso della Russia: secondo l’Onu almeno il 95% degli agenti sono stati distrutti ma Damasco avrebbe conservato piccole quantità di gas nervini.
La stessa Onu ha accusato due giorni fa le forze armate di Assad del raid chimico del 4 aprile a Khan Sheikhoun, quando oltre 80 persone sono morte per gli effetti di gas Sarin «o simili». L’attacco dello Stato ebraico sembra quindi una sorta di punizione, e un monito, per il regime siriano. Ma considerare la mossa una semplice rappresaglia a fini umanitari è riduttivo per gli stessi analisti militari israeliani. Amos Harel, per esempio, traccia su Haaretz una scenario più complesso: il messaggio del premier Benjamin Netanyahu è diretto «a Trump e Putin» vuol indicare che Israele è in grado di far saltare l’accordo per il cessate il fuoco raggiunto dai leader americano e russo all’ultimo Summit del G20.

L’accordo, in massima sintesi, prevede che la zona di influenza statunitense non possa estendersi ad Ovest dell’Eufrate. Il regime così potrà riconquistare tutti i territori in mano ai ribelli e all’Isis fino a un’ampia fetta del confine con l’Iraq. Il «corridoio sciita» temuto da Israele si sta concretizzando in tempi rapidi, con il blitz nel deserto che ha portato le forze di Assad fino a Deir ez-Zour. Netanyahu ha cercato di cambiare i termini dell’intesa nel suo incontro con Putin il 23 agosto a Soci. Senza risultato. Poi ha inviato alti ufficiali dell’Intelligence a Washington per avvertire l’alleato del rischio strategico che correva non solo Israele ma anche l’America.

A questo punto doveva battere un colpo. Ha scelto una data altamente simbolica: il decennale del raid che nel 2007 distrusse un sospetto reattore nucleare siriano, proprio nella provincia di Deir ez-Zour. Ma ieri cadeva anche un altro «anniversario»: giusto un mese fa il governo israeliano aveva minacciato di «bombardare il palazzo di Assad» se l’Iran avesse avuto campo libero in Siria. Non siamo ancora a questo ma ci stiamo avvicinando.

IL FOGLIO - Daniele Raineri: "Israele bombarda il sito di armi chimiche di Assad (sì, funzionava ancora)"

Risultati immagini per Daniele Raineri
Daniele Raineri

Roma. A partire dalla fine di gennaio 2013 e con molta discrezione i jet israeliani hanno fatto quasi cento raid per colpire dentro il territorio siriano controllato dal presidente Bashar el Assad, hanno bombardato convogli che trasportavano missili verso il confine libanese, hanno fatto saltare in aria depositi di armi avanzate in mezzo al deserto e hanno ucciso comandanti del gruppo libanese Hezbollah alla periferia della capitale Damasco – e in un caso anche un generale iraniano che si era spinto troppo vicino al confine del Golan – ma l’operazione di ieri notte è stata differente. Poco prima delle tre del mattino, mentre vicino al confine c’era una esercitazione di terra di dimensioni enormi, quattro aerei israeliani hanno distrutto un sito che apparteneva al Centro per la ricerca e gli studi scientifici, un nome neutrale dietro cui si nasconde il settore dell’esercito siriano che a partire dagli anni Novanta s’è occupato di produrre le armi chimiche, già colpito da sanzioni internazionali. In teoria un accordo a tre fra Damasco, Mosca e Washington firmato nel settembre 2013 stabiliva che la Siria consegnasse tutte le sue armi chimiche perché fossero distrutte, ma il 4 aprile il regime è uscito di nuovo allo scoperto di fatto e dopo centinaia di bombardamenti rudimentali con il cloro – su cui la comunità internazionale chiude un occhio – ha colpito con il gas nervino il villaggio di Khan Shaykun e ha ucciso 90 persone. Il governo Assad non ha mai ammesso la responsabilità, ma due giorni fa è uscito il verdetto degli ispettori delle Nazioni Unite che conferma: quell’attacco è opera del regime.

Israele non ha mai creduto alla versione di Assad e già nel dicembre 2016 il ministro della Difesa Avigdor Lieberman disse a una riunione di ambasciatori occidentali che i raid aerei israeliani erano necessari per bloccare i trasferimenti di “armi di distruzione di massa” in Siria. Considerato che non si parla di nucleare, era l’ennesi - ma conferma – che circolava molto in ambienti diplomatici – che il regime siriano aveva ingannato gli ispettori internazionali e aveva conservato una parte dell’arse - nale (del resto era stato il regime stesso nel 2013 a stilare l’inventario). I jet israeliani hanno distrutto il sito a Maysaf, a est di Hama e vicino alla costa dove la presenza dei russi è più forte. La base aerea di Hmeimin, difesa da batterie di missili S-400 mandati dalla Russia che in teoria coprono tutto il territorio siriano, è a pochi minuti di volo.

La settimana scorsa la Pravda, giornale del governo russo, ha pubblicato un resoconto molto interessante dell’incontro tra il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il capo del Mossad, Yossi Cohen, con il presidente russo Vladimir Putin a Sochi, sede delle sue vacanze estive. Netanyahu, secondo la Pravda, era in panico, implorava il russo di arginare lo strapotere iraniano in Russia. Putin, invece, non ha mai tradito emozioni e ha risposto che l’Iran è un partner strategico troppo importante. Due settimane dopo, gli aerei israeliani hanno fatto saltare la base siriana – sotto il naso dei russi o con il loro benestare? Il raid è un segnale chiaro del governo di Gerusalemme contro il piano russoamericano che prevede la creazione in Siria di zone di tregua – che gli israeliani vedono più come “zone che l’Iran userà come piattaforma militare per lanciare la prossima guerra contro Israele”. Il capo di Hamas in Libano, Ali Barakah, ieri ha denunciato “l’attacco sionista” in Siria: segno che ormai l’inimicizia degli anni scorsi con Assad è dimenticata e la saldatura con l’Iran è di nuovo funzionante. Così, due giorni dopo la vittoria importante del regime e di Hezbollah contro lo Stato islamico declinante a Deir Ezzor, l’alba della cosiddetta “stabilità” portata da Assad è questa: Israele bombarda impianti per la produzione di armi chimiche, per ritardare una guerra con l’Iran. Del resto, se il regime di Assad fosse davvero una ragione di stabilità, non saremmo a questo punto.

Per inviare ai quotidiani la propria opinione, telefonare:
Il Giornale 02/85661
La Stampa 011/65681

Il Foglio 06/589090

Oppure cliccare sulle e-mail sottostanti


segreteria@ilgiornale.it
direttore@lastampa.it
lettere@ilfoglio.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT