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La Stampa-Corriere della Sera Rassegna Stampa
20.05.2017 Trump inizia il viaggio in Medio Oriente: prima tappa l'Arabia saudita
Cronache e commenti di Giordano Stabile, Lorenzo Cremonesi

Testata:La Stampa-Corriere della Sera
Autore: Giordano Stabile-Lorenzo Cremonesi
Titolo: «Trump-sauditi, grande patto per la supremazia nel golfo-Trump in Arabia Saudita, una rivalsa per i sunniti in chiave anti-Iran»

Riprendiamo oggi, 20/05/2017, dalla STAMPA e dal CORRIERE della SERA due servizi sul viaggio di Trump in Medio Oriente.

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La Stampa-Giordano Stabile: "Trump-sauditi, grande patto per la supremazia nel golfo"

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Giordano Stabile

Insieme prevarremo. Le verdi bandiere saudite, con gli arabeschi che compongono la shahada, la professione di fede islamica, e quelle americane a stelle e strisee, si toccano e quasi si fondono nei cartelloni che tappezzano i cavalcavia sulle strade a scorrimento veloce di Riad,e ribadiscono il concetto in arabo e in inglese. D benvenuto a Donald Trump che atterrerà questa mattina. Prevarrà, certo, la ritrovata alleanza di ferro, che Franklin D. Roosevelt e Re Abdul Aziz forgiarono a bordo di una corazzata nel febbraio del 1945, subito prima di Yalta. Ma su chi bisogna prevalere è ancora poco chiaro. «Estremismo» è la parola chiave, che può essere tirata da una parte e dell'altra a piacimento. In arabo, daquesteparti, si traduce «Iran». E poco importa chi sarà confermato vincitore nelle elezioni chiuse ieri a tarda sera sull'altro lato del Golfo. D nemico resta quello. I Saud contano molto su Trump per riprendere il cammino che Barack Obama ha in qualche modo interrotto con l'accordo sul nucleare. Si aspettano domani un discorso che metta sotto accusa tutte le «deviazioni» dalla strada retta dell'islam. Il terrorismo di marca sunnita dell'Isis, ma anche l'espansionismo sciita di Teheran. Un quadro di principio che Riad sostanzierà con «l'accordo del secolo» nel campo degli armamenti e il lancio della «Nato araba». Un muro di ferro e di fuoco sunnita per contenere una volta per tutte le ambizioni degli ayatollah. Trump non troverà da queste parti vincoli di bilancio o braccini corti. Il primo assegno, da 110 miliardi di dollari, è già pronto e la firma dovrebbe arrivare oggi, dopo il bilaterale con Re Salman. La «Nato araba» avrà armi e assistenza americane, ma i soldi ce li metteranno sauditi ed emiratini, e c'è da credere che Trump li porterà ad esempio nelle discussioni a Bruxelles del 25 maggio. Nel carrello della spesa Riad ha messo di tutto: cacciabombardieri, navi e bombe di precisione. E soprattutto un sofisticato sistema radar per intercettare missili balistici. Uno scudo contro possibili, remote, minacce iraniane, ma anche contro quelle molto più concrete dei ribelli Houthi, che dallo Yemen hanno già lanciato due Scud modificati a lunga gittata, con bersaglio proprio la capitale saudita. Ieri sera secondo alcune fonti uno di questi Scud (Burkan) diretto a Riad sarebbe stato intercettato. Il nuovo scudo anti-missile è stato messo nel carrello all'ultimo momento, con la mediazione decisiva del genero di Trump, Jared Kushner. Il primo maggio ha incontrato a Washington una delegazione saudita e ha alzato il telefono per contrattare il prezzo direttamente con l'amministratore delegato di Lockheed Martin, Marilyn Hewson.
Kushner, con i suoi viaggi in Iraq e poi a Dubai, sta diventando l'uomo chiave dell'Amministrazione nei rapporti che le potenze arabe. A Palazzo reale l'uomo chiave è invece il principe Mohammed Bin Salman, ministro della Difesa e secondo nella linea di successione al trono. Ci sarà anche lui ad accogliere questa mattina Trump all'aeroporto. Si sono conosciuti a marzo, quando con un blitz a Washington il principe è riuscito subito a creare un rapporto personale, diretto, con il nuovo inquilino della Casa Bianca.
Li unisce il carattere impaziente, brusco, e il gusto per i «deal», gli accordi. Bin Salman vuol trasformare il gigante economico che si regge solo sul petrolio in una potenza politica reale. Ma prima deve rifondare le forze armate, creare un abbozzo di industria militare, la Saudi Arabian Military Industries, che nei suoi piani nel 2030 avrà 40 mila dipendenti, e un fatturato di 4-5 miliardi di dollari. Le forze armate saudite contano sulla carta su 400 mila uomini, 1000 carri armati, 300 cacciabombardieri, ma non riescono a venire a capo dei guerriglieri scalzi Houthi, sulle montagne al confine dello Yemen. Per «prevalere» molte cose andranno messe a posto.

Corriere della Sera- Lorenzo Cremonesi: " Trump in Arabia Saudita, una rivalsa per i sunniti in chiave anti-Iran "

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Lorenzo Cremonesi

Finalmente la rivincita dei sunniti dopo 13 anni di umiliazioni frustranti e sconfitte continue. Nelle più rosee speranze dei dirigenti sauditi e dei loro stretti alleati tra i Paesi del Golfo è questo il significato centrale della tappa iniziale a Riad del primo viaggio internazionale di Donald Trump. È dal tempo dell'attacco americano contro l'Iraq nella primavera del 2003 che la monarchia saudita ha perso terreno e influenza a Washington. Il collasso del regime di Saddam Hussein segnò la crescita del ruolo politico e militare di Teheran, assieme al rilancio degli sciiti schierati con la dittatura degli Assad in Siria e alla fine della dipendenza energetica americana dal Medio Oriente grazie ai nuovi sistemi estrattivi. Due anni fa l'accordo sul nucleare iraniano tanto fortemente voluto da Barack Obama fu per il mondo sunnita la madre di tutti i tradimenti.
Ora è il momento della rivalsa. Il Paese della Mecca e Medina che si propone come massimo rappresentante di almeno l'85 per cento dell'oltre un miliardo e mezzo di musulmani nel mondo (tanti sono i sunniti rispetto agli sciiti) vede in Trump l'alleato che può arginare l'espansionismo iraniano.
Tra gli elementi che contribuiscono a forgiare la nuova comunanza d'interessi sono il mutuo disprezzo per le scelte di Obama (pur se da prospettive diverse), da cancellare il prima possibile, e il desiderio di aprire una pagina assolutamente nuova nella regione. Tappeti rossi a profusione e il meglio dell'ospitalità araba dunque per Trump.
Re Salman è pronto a dimenticare che solo poche settimane questi pronunciava parole di fuoco contro «l'Islam che ci odia». Intanto Riad propone di mettere all'indice uno dei massimi capi militari dell'Hezbollah, il gruppo militare sciita libanese che in Siria è schierato con Assad contro le milizie ribelli locali appoggiate da Riad.
E, ciliegina sulla torta, ripropone una versione più moderata del suo piano di pace con Israele che potrebbe aiutare Trump nella sua prossima tappa da Netanyahu.

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