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La Repubblica - La Stampa Rassegna Stampa
16.05.2017 Siria: il mattatoio del regime di Assad
Cronaca di Alberto Flores d'Arcais, commenti di Giordano Stabile, Francesca Paci

Testata:La Repubblica - La Stampa
Autore: Alberto Flores d'Arcais - Giordano Stabile - Francesca Paci
Titolo: «L’ultimo orrore di Assad 'Nei forni crematori la strage degli oppositori' - Il mattatoio del regime con 50 impiccagioni al giorno - Addestrati dall'ex SS austriaco»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 16/05/2017, a pag. 1-9, con il titolo "L’ultimo orrore di Assad 'Nei forni crematori la strage degli oppositori' ", la cronaca di Alberto Flores d'Arcais; dalla STAMPA, a pag. 3, con il titolo "Il mattatoio del regime con 50 impiccagioni al giorno", il commento di Giordano Stabile; con il titolo "Addestrati dall'ex SS austriaco", il commento di Francesca Paci .

Ecco gli articoli:

LA REPUBBLICA - Alberto Flores d'Arcais: "L’ultimo orrore di Assad 'Nei forni crematori la strage degli oppositori' "

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Alberto Flores d'Arcais

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Bashar al Assad

Un forno crematorio per disfarsi dei corpi dei detenuti uccisi dopo orrende torture. Il dittatore siriano Bashar al Assad ha aggiunto un altro spaventoso tassello alle sue poco edificanti imprese da criminale di guerra. Non bastano le armi chimiche contro bambini e civili innocenti, non bastano le stragi di chi fugge dalle violenze della guerra civile (come ad Aleppo), adesso (e chissà da quanto) ci sono anche i metodi in puro stile nazista. La terribile accusa non arriva dalla propaganda dello Stato Islamico ma dal Dipartimento di Stato Usa, con tanto di documenti e immagini che dovrebbero far riflettere i tanti che sostengono (o giustificano) il regime di Damasco in chiave anti Isis. Quanto succede nella prigione di Saydnaya - pochi chilometri dalla capitale della Siria e dai palazzi del satrapo che guida i macellai “lealisti” - non ha nulla a che vedere con la guerra. Da quelle celle inaccessibili (ognuna stipata con decine di detenuti, anche settanta nella stessa) ogni giorno escono cinquanta cadaveri - detenuti in carcere senza processo, torturati e uccisi per poco o nulla - che vengono poi bruciati per far sparire ogni traccia. Le parole di Stuart Jones, responsabile per il Medio Oriente del Dipartimento di Stato, e i documenti presentati ai media sono inequivocabili.

Le foto satellitari mostrano il carcere, un edificio diviso su due piani, in uno la prigione vera e propria (“il carcere principale”, lo ha definito Jones, nell’altro il “presumibile” forno crematorio: «Anche se numerose atrocità del regime sono ben documentate, pensiamo che la costruzione di un forno crematorio sia un tentativo di nascondere l’estensione degli omicidi di massa perpetrati a Saydnaya ». Le informazioni diffuse ieri a Washington fanno parte di un nuovo dossier che contiene anche altre immagini che documentano il livello di violenza e devastazione in Siria, un dossier realizzato raccogliendo informazioni da varie fonti (intelligence in primo luogo, militari che hanno abbandonato Assad, ong, media). Nelle foto satellitari (datate aprile 2017, aprile 2016, gennaio 2015 e agosto 2013) ci sono precise immagini - come quella che che reca la didascalia «neve sciolta su una parte del tetto» che dimostrerebbe l’esistenza di un un vero e proprio «forno crematorio installato dal regime siriano ». Jones non ha risparmiato accuse anche alla Russia (Putin è da tempo il vero ‘padrone’ della Siria) che «ha aiutato o passivamente guardato dall’altra parte mentre il regime siriano portava avanti le sue atrocità».

Per il Dipartimento di Stato Assad ha raggiunto «nuovi livelli di depravazione mai visti» e sbaglia chi nella cancellerie mondiali si compiace di piccoli accordi o momentanei cessate-il-fuoco: «Vi sono molte ragioni per restare scettici ». Le accuse degli Stati Uniti arrivano a pochi giorni dalla visita a Washington del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, che era stato ricevuto alla Casa Bianca da Donald Trump. Che ieri attraverso il portavoce Sean Spicer ha dichiarato: «La Siria non sarà sicura e stabile funo a quando ci sarà Assad al potere». La portavoce del Dipartimento di Stato, Heather Nauert, ha ricordato come anche il capo della diplomazia Rex Tillerson sia stato «fermo e chiaro» nel suo recente incontro con il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, sostenendo che Mosca «deve usare il suo potere per tenere a bada il regime di Assad». Un recente rapporto di Amnesty International ha definito Sednaya un “macello umano”, dove migliaia di siriani sono stati «rapiti, detenuti e sterminati », una sistematica «politica di sterminio», che viene usata quotidianamente con l’uccisione «tramite impiccagione» di circa 13mila persone detenute nel carcere in soli cinque anni (tra il 2011 e il 2015). Secondo il rapporto di Amnesty la maggior parte delle persone uccise per impiccagione e poi cremate nella notte erano civili la cui unica colpa era quella di opporsi al regime russo-siriano di Assad.

LA STAMPA - Giordano Stabile: "Il mattatoio del regime con 50 impiccagioni al giorno"

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Giordano Stabile

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La prigione di Sednaya

Il «mattatoio» di Bashar al-Assad ora è anche «forno crematorio». Un dettaglio che avvicina ancora di più gli orrori della guerra civile siriana a quelli dell’Europa nazista. Il luogo è sempre quello, la prigione di Sednaya. Trenta chilometri a Nord-Est di Damasco. Il nome della località viene da Saydna, Nostra Signora, perché il punto più alto delle alture che culminano a 1500 metri è dominato da uno dei più belli e importanti santuari dedicati alla Madonna in Siria. Luogo millenario di pellegrinaggi.

Più in basso, alla periferia della cittadina, si trova però la più famigerata delle carceri del regime. Dal paradiso all’inferno. Il mattatoio è cominciato nel 2012. Il complesso si distingue per due edifici. La «divisione rossa», per i civili, e la «divisione bianca», per i militari. Sednaya è soprattutto una prigione dell’esercito, ma con lo scoppio della guerra civile deve far fronte a un flusso di prigionieri sempre più massiccio. La maggior parte sono soldati e ufficiali disertori.

Le condizioni peggiorano rapidamente. I primi a farne le spese sono gli ammalati. Vengono portati all’ospedale di Tishreen, a Damasco, solo per essere lasciati morire senza cure, come hanno raccontato alcuni sopravvissuti alle organizzazioni umanitarie. Una delle prime testimonianze è quella di un ex ufficiale delle forze speciali, raccolta dal Syrian Observer, vicino all’opposizione. L’uomo ha assistito alla morte di quattro compagni, tanto che «più nessuno voleva essere portato all’ospedale, preferivano morire in cella». Spesso i compagni, e qualche volta anche lui, «speravano che morissero in fretta, in modo di poter prendere il loro cibo e i loro vestiti».
Con l’intensificarsi della guerra e della repressione la «Divisione rossa» si riempie all’inverosimile. È un edificio a forma di stella a tre punte, a cinque piani, due sotterranei. Ogni piano ha 60 camerate, ciascuna può ospitare fino a 50 prigionieri. In tutto possono starci circa 15 mila persone. Manca il cibo, i detenuti si indeboliscono e si ammalano. Molti vengono semplicemente «lasciati andare», ma per altri ci sono i processi sommari e le esecuzioni.

Il rapporto di Amnesty
È quello che ha ricostruito un’indagine di Amnesty International, pubblicata lo scorso febbraio. Migliaia di corpi, secondo l’inchiesta, sono stati sepolti «in fosse comuni» nei dintorni di Damasco. Per cinque anni esecuzioni e sepolture si sono svolte di notte. Ogni giorno verrebbero impiccate 50 persone. Amnesty ha raccolto 84 testimonianze, ricostruito il percorso di morte di 31 uomini, sia della «Divisione rossa» che della «Divisione bianca». Il rapporto testimonia che molti altri, ammalati, sono morti all’ospedale militare di Tishreen e sepolti in terreni dell’esercito a Nahja, a Sud di Damasco, e nella cittadina di Qatana. Il rapporto, redatto da Nicolette Waldman, non fa però cenno ai «forni crematori».

La necessità di bruciare corpi si è manifestata probabilmente nell’ultimo periodo. Un modo per nascondere le esecuzioni, evitare sospetti. Per Waldman, «non ci sono ragioni di credere che le impiccagioni si sono fermate». Le ha definite «una politica di sterminio». I processi durano «pochi minuti». Le condanne sono sottoscritte dal ministro della Difesa.

La fine della de-escalation
Ora le rivelazioni sui «forni crematori» aggiungono orrore all’orrore. La denuncia arriva in un momento positivo per il regime. I ribelli di due quartieri periferici di Damasco, Qabun e Barzé, si sono appena arresti, e l’evacuazione dei combattenti è cominciato ieri. Fra poco toccherà a Yarmouk e a quel punto i ribelli controlleranno solo la zona del Ghouta. La fine dell’insurrezione a Damasco, dopo Aleppo. L’opposizione ridotta a qualche frangia di territorio al confine con la Turchia e la Giordania. Per Jones, assistente del Segretario di Stato, la terribile scoperta getta cattiva luce anche sull’intesa raggiunta ai colloqui di pace di Astana per l’istituzione di «zone sicure» e la «de-escalation» del conflitto. Gli Stati Uniti restano «scettici».

LA STAMPA - Francesca Paci: "Addestrati dall'ex SS austriaco"

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Alois Brunner

Dietro la spietata violenza dei servizi segreti siriani contro gli oppositori potrebbe esserci l’impronta di Alois Brunner, il criminale nazista che Hafez Assad - padre di Bashar - reclutò per addestrare gli 007 alle tecniche più feroci per aggredire i propri nemici esterni e interni. Brunner l’ex zelante collaboratore austriaco di Adolf Eichmann nella gestione dello sterminio degli ebrei d'Europa che trovò rifugio a Damasco nel 1954 e divenne poi uno dei più stretti collaboratori di Assad prima di morire nel 2000, secondo quanto rivelato in gennaio dai giornalisti Hedi Aouidj e Mathieu Palain su Revue XXI. Condannato a morte per crimini contro l’umanità in Francia, Brunner è ritenuto l’ideatore dei camion del gas utilizzati per lo sterminio degli ebrei (Gaswagen). Si era prima nascosto in Germania per poi fuggire a Damasco, dove 10 anni dopo avrebbe iniziato la carriera di consulente del mukabarat del neo dittatore Assad.

Alla corte del Ba’th, già in prima linea nella campagna per la distruzione d’Israele, l’ex SS austriaco che Eichmann considerava uno degli uomini migliori, poteva vantare come pedigree la responsabilità nella deportazione di oltre 125 mila ebrei. Pare che insegnando all’intelligence del regime le tecniche di tortura contro i dissidenti si facesse chiamare Georg Fischer. Scampò a diversi attentati da parte dei servizi francesi e israeliani oltre che a un paio di richieste d’estradizione ma fu messo da parte all’avvento di Bashar. Intanto ciò che più contava per il regime - il know how nello sterminio - lo aveva già trasmesso agli ufficiali dei servizi segreti.

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