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La Stampa - Corriere della Sera Rassegna Stampa
19.10.2016 Peshmerga: un argine contro la barbarie in Siria
Cronaca di Giordano Stabile, Viviana Mazza

Testata:La Stampa - Corriere della Sera
Autore: Giordano Stabile - Viviana Mazza
Titolo: «Il generale dei Peshmerga: 'Solo noi possiamo batterli' - 'Lì sono stata fatta schiava, ora il mio cuore è con i soldati'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 19/10/2016, a pag. 5, con il titolo "Il generale dei Peshmerga: 'Solo noi possiamo batterli' ", la cronaca di Giordano Stabile; dal CORRIERE della SERA, a pag. 2, con il titolo "Lì sono stata fatta schiava, ora il mio cuore è con i soldati", la cronaca di Viviana Mazza.

Come sempre, IC segue con attenzione tutto quanto attiene al popolo curdo.

LA STAMPA - Giordano Stabile: "Il generale dei Peshmerga: 'Solo noi possiamo batterli' "

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Giordano Stabile

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Un gruppo di peshmerga curdi

A Bartella, poco più di due anni fa, gli stessi Peshmerga che ora bonificano le strade con unità specializzate anti-bombe affrontavano a colpi di kalashnikov le colonne blindate dell’Isis che avanzavano inarrestabili. Era la terribile offensiva di agosto 2014. Le truppe del Califfo Abu Bakr al-Baghdadi sfondavano le linee a Est e a Ovest. Migliaia di yazidi venivano uccisi o ridotti in schiavitù sul monte Sinjar. Nella piana di Ninive centomila cristiani erano cacciati dalle loro case. I check-point dei guerriglieri curdi, privi di missili anti-tank e armi pesanti, non potevano resistere agli Humvee degli islamisti a prova di proiettile.

I Peshmerga, «coloro che fronteggiano la morte», avevano combattuto con il coraggio che tutti gli riconoscono. Ma senza la mentalità di un vero esercito. Oggi sono molto diversi. Per la prima volta sono quanto di più simile a un forza armata regolare. Due anni di rifornimenti occidentali hanno ribaltato la situazione. Ora sono i curdi ad avanzare sugli Humvee nuovi di zecca forniti dagli americani, ma anche sui blindati tedeschi Wolf e Dingo, sui Cougar, sempre statunitensi, che con il sole splendente della loro bandiera sembrano quasi allegri mezzi per una gita.

Anche l’arsenale anti veicoli-kamikaze è impressionante. Accanto ai vecchi Rpg di fabbricazione sovietica si vedono i micidiali Milan europei. «Siamo la più potente onda d’urto contro l’Isis - si inorgoglisce il generale di brigata Hajar O. Ismail -. Prima ancora dell’offensiva su Mosul avevamo già liberato il 15 per cento della provincia di Ninive. Ci sono 160 mila nostri uomini impegnati su 16 settori, in tutto il Kurdistan e nel Nord dell’Iraq». Sulla carta sono 36 brigate, anche se i numeri sono forse un po’ gonfiati, perché Peshmerga è anche il più grande ministero del Kurdistan, e molti vanno considerati semplici impiegati.

Addestramento italiano
Alla prima prova importante, comunque, i Peshmerga si sono mostrati all’altezza. L’offensiva su Mosul «è condotta da 6 mila uomini freschi di addestramento», conferma il generale Ismail. Sono stati i nostri istruttori, circa 250, a insegnare ai guerriglieri le tecniche di counter-ied (riconoscimento e disinnesco ordigni esplosivi improvvisati), l’anti cecchinaggio con l’uso di tiratori di precisione, l’utilizzo dell’artiglieria in supporto alla fanteria. Gli addestratori italiani hanno lavorato in una coalizione costituita da sette nazioni europee (oltre all’Italia, Germania, Gran Bretagna, Norvegia, Finlandia, Olanda e Ungheria). Ora ai curdi mancano solo tank moderni, e si arrangiano con vecchi T-72 e T-62 sottratti all’esercito di Saddam Hussein durante la lunga guerra contro il raiss.

Dagli Anni 50
È dalla resistenza alla dittatura, consolidata dal 1991 con la no-fly-zone, che sono nati i Peshmerga moderni. Il nome è un’invenzione dello scrittore indipendentista Ibrahim Ahmad, il primo nucleo era l’esercito dell’effimera Repubblica di Mahabad, durata appena un anno dal 1946 al 1947 e poi schiacciata dallo Scià di Persia. Da allora guerriglia, contro l’Iraq e contro l’Iran, con poche armi e «solo le montagne come amiche». La disintegrazione dell’Iraq dopo il 2003, con i lutti e il caos che ha creato, è stata la grande opportunità. Ora i Peshmerga si sentono le forze armate di un vero Stato. Con un solo dubbio e una debolezza. Che cosa farà la Turchia nel dopo-Isis. E quanto peseranno le divisioni fra i due partiti storici rivali, il Kdp e il Puk, che si spartiscono pure le divisioni dei Pehsmerga.

CORRIERE della SERA - Viviana Mazza: 'Lì sono stata fatta schiava, ora il mio cuore è con i soldati'

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Viviana Mazza

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Nadia Murad

«Seguo da lontano il coraggio delle nostre forze a Mosul. Il mio cuore è con voi, il vostro sacrificio conta moltissimo per me. A Mosul sono stata prigioniera. E’ là che ho conosciuto la malvagità dell’Isis». La 23enne Nadia Murad è una delle 5.000 ragazze della comunità yazida rapite nel 2014 dall’Isis e ridotte in schiavitù. Dopo tre mesi di stupri e di prigionia, è riuscita a scappare, ed è diventata la voce del suo popolo all’Onu — insignita pochi giorni fa del «Premio per i diritti dell’uomo Václav Havel» dal Consiglio d’Europa. Oggi segue su Twitter l’avanzata su Mosul, e per la prima volta osa sperare. Per Nadia, Mosul è la città del dolore. «Il mio dolore — dice al Corriere — non è nulla in confronto a quello di 3.500 ragazze e bambini che sono ancora prigionieri in Iraq e Siria».

Come molti yazidi non sa cosa aspettarsi. Da una parte spera che le operazioni militari portino alla liberazione dei prigionieri, dall’altra teme che siano usati come scudi umani o portati altrove. Mosul è il posto dove «ho visto cose peggiori della morte: bambine di 9 anni vendute al mercato come schiave sessuali» — racconta —; è la città dove un uomo «mi costrinse a indossare un vestito, a truccarmi e poi in quella notte nera, lo fece», e infine, per punire il suo tentativo di fuga, «mi picchiò, mi spogliò e mi mise in una stanza con sei miliziani che abusarono del mio corpo finché non svenni». Nadia sa che ci vorrà più di una vittoria militare. Non sono stati solo i miliziani dell’Isis ma anche i «vicini di casa» sunniti ad uccidere e rapire gli yazidi. Ma Mosul è anche la città dove «una famiglia musulmana mi ha nascosta e mi ha aiutata a scappare», ricorda Nadia. «Non hanno voluto nulla in cambio». Molto dipenderà dalla ricostruzione. Il mondo ha riconosciuto i crimini di guerra contro gli yazidi, i cristiani e altre comunità. Ma nessun responsabile finora è stato punito. Assistita dall’avvocata Amal Clooney, Nadia chiede l’intervento della Corte penale internazionale.

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