venerdi 19 aprile 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Il Giornale Rassegna Stampa
17.11.2017 Terroristi Isis a Torino: 'Non è possibile arrestarli'
Cronaca di Luca Fazzo, commento di Fausto Biloslavo

Testata: Il Giornale
Data: 17 novembre 2017
Pagina: 18
Autore: Luca Fazzo - Fausto Biloslavo
Titolo: «Cellula Isis libera di colpire: 'Non è possibile arrestarli' - Ecco quando la legge aiuta i jihadisti»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 17/11/2017, a pag. 18, con il titolo "Cellula Isis libera di colpire: 'Non è possibile arrestarli' ", la cronaca di Luca Fazzo; con il titolo "Ecco quando la legge aiuta i jihadisti" il commento di Fausto Biloslavo.

Ecco gli articoli:

Immagine correlata
A destra nelle due foto Labidi Wael, uno dei terroristi indagati dalla Procura di Torino

 

Luca Fazzo: "Cellula Isis libera di colpire: 'Non è possibile arrestarli' "

Chissà cos'altro era necessario perché un giudice si convincesse della sua pericolosità. Bilel Chiahoui, tunisino, fu catturato nell'agosto dell'anno scorso al termine di una caccia all'uomo frenetica, che impegnò cento carabinieri in una corsa contro il tempo, dopo che sulla sua pagina Facebook aveva scritto «voglio morire da martire», e insieme alla data di nascita aveva messo quella di morte: il giorno stesso, 11 agosto 2016, a Pisa. Per bloccare l'incubo di un attentato suicida l'intera Toscana vene passata al setaccio. Chiahoui venne catturato ed espulso. Eppure meno di un anno dopo un giudice del tribunale di Torino ha ritenuto che Bilel non fosse un terrorista, un pericolo per la società civile, e ha rifiutato gli ordini di cattura chiesti dal pm torinese Andrea Padalino contro di lui e altri quattro estremisti islamici della stessa cellula: tutti finti studenti, arrivati in Italia sostenendo di iscriversi alla università di Torino dove non hanno mai messo piede. Ora, accogliendo il ricorso della Procura, il tribunale del Riesame ha ordinato l'arresto del quintetto, ma - come vuole la legge - il provvedimento resta privo di efficacia, in attesa dell'eventuale ricorso in Cassazione.

E così si produce la situazione surreale che vede tre terroristi tranquilli a casa loro, dove si trovano agli arresti domiciliari per lo spaccio di droga con cui si mantenevano mentre progettavano la jihad, senza che li si possa arrestare; mentre Chiahoui e un altro espulso sono almeno a distanza di sicurezza dal territorio italiano. Eppure sulla pericolosità della cellula era difficile avere dubbi, da ben prima che Chiahoui annunciasse la sua trasformazione in kamikaze. Dello stesso gruppetto facevano parte anche Wael Labidi e Khaled Zeddini, partiti nel 2015 dall'Italia per la Siria per unirsi all'Isis e caduti combattendo per lo Stato islamico. Chiahoui e gli altri - pedinati e intercettati - celebrano gli amici come martiri, «che Dio lo abbia in gloria», e portano il cuscus in moschea per il banchetto funebre in loro onore.

D'altronde uno del quintetto, Bilel Mejiri, era stato fotografato in Tunisia tra la folla che applaudiva un comizio di Abu Ayadi, il leader del gruppo terrorista di Ansar al-Sharia ucciso poi dai bombardamenti americani nelle terre del Califfato; un altro, Marwen Ben Saad, viene registrato dal Ros dei carabinieri mentre dice: «Se andassimo a farci martiri in Siria sarebbe meglio», e poi ancora «Io li colpisco, sparo, giuro! Li distruggo, sì, è facile, io farei un lavoro pulito»; e Chiahoui pubblicava su Facebook le foto dell'amico morto combattendo: «Uomo in un tempo di pochi uomini. Wael, ti adoro in Allah». Eppure, il 21 giugno scorso il giudice preliminare Stefano Vitelli (a cui discolpa si può dire soltanto che è un garantista recidivo, essendo lo stesso giudice che assolse Alberto Stasi dall'accusa di avere ucciso la fidanzata) rifiuta di emettere le ordinanze di custodia, lasciando i cinque a piede libero. Secondo il giudice, i proclami pro Isis «rientravano nell'esercizio del diritto inviolabile alla libera manifestazione del pensiero», mentre gli annunci di Chihahoui non dimostravano nulla, visto che non aveva giurato fedeltà all'Isis ne risultava «un organico arruolamento nella suindicata organizzazione terroristica». Ora il Tribunale del riesame ribalta tutto, riconoscendo quello che tutti sanno: che le bande islamiche legate all'Isis non sono una organizzazione rigida dove si entra con tessera e giuramento, ma «strutture caratterizzate da estrema flessibilità interna» i cui «soggetti possono essere arruolati anche di volta in volta con una sorta di adesione progressiva», «anche mediante adesione telematica». Ordine di cattura per tutti, dunque: ma per ora è come se non esistesse.

Fausto Biloslavo: "Ecco quando la legge aiuta i jihadisti"

Immagine correlata
Fausto Biloslavo

 La legge «aiuta» i terroristi. Il caso di Torino dei tagliagole dello Stato islamico che non si possono arrestare è solo la punta di un iceberg. La madre di tutte le sentenze farlocche è quella del Gip di Milano, Clementina Forleo, che nel 2005 assolse tre jihadisti facendo un distinguo fra guerriglia in Irak, non punibile, e terrorismo che semina morte fra la popolazione civile. Due anni fa un Gip di Lecce e lo stesso tribunale hanno lasciato andare 5 sospetti jihadisti siriani con documenti falsi e filmati di bombardamenti ed attentati sui telefonini. La Direzione distrettuale antimafia voleva arrestarli, ma sono stati considerati «profughi» giunti con i barconi.

A Pisa il giudice Milena Balsamo si è lasciata andare con una tesi «giustificazionista»: «Quando si commettono eccidi come quelli contro gli algerini, quando si colonializza, non puoi ipotizzare che quella dell'Islam sia solo una guerra di religione. In fondo che differenza noti tra gli eccidi dei terroristi e quelli dei paesi ex colonizzatori?». In giugno è stata nominata dal Csm consigliere di Cassazione. Nel 2008 abbiamo lasciato andare il predicatore Bassam Ayachi arrestato a Bari. Prima condannato a 8 anni e poi assolto in appello è diventato il cattivo maestro dei terroristi di Parigi e Bruxelles. Anche Moez Fezzani catturato dagli americani in Afghanistan e rimandato in Italia dove aveva a vissuto a lungo è stato assolto ed espulso. Solo nel 2014 la Corte d'appello di Milano lo ha condannato a 5 anni e 8 mesi di carcere come reclutatore jihadista. Troppo tardi: Fezzani stava già combattendo in Siria per poi trasferirsi in Libia in nome del Califfato ordendo le stragi del museo del Bardo a Tunisi, dove sono morti dei turisti italiani e della spiaggia di Sousse. Lo scorso anno è stato finalmente preso in Sudan. A causa di procedure contorte, tempi e cavilli non rispettati, la Norvegia ha dovuto scarcerare lo scorso anno mullah Krekar, un noto capoccia jihadista, che avrebbe dovuto essere estradato in Italia. La beffa peggiore è l'assistenza ai terroristi ufficialmente indigenti.

La coppia Mohamed Koraichi e Alice Brignoli partita per la Siria viveva con gli aiuti di stato (1000 euro al mese) in provincia di Lecco. Ajman Veapi condannato in aprile a 4 anni e 8 mesi per reclutamento di volontari della guerra santa ha ricevuto per due anni 500 euro al mese di sussidio dalla regione Friuli-Venezia Giulia. Un terrorista di una rete pachistana, Hafiz Muhammad Zulkifal, con otto figli è riuscito a ottenere nel bergamasco il sussidio per l'affitto e la scuola della prole oltre all'assegno familiare. Più discrezionale, ma altrettanto beffardo, la concessione delle varie forme di protezione previste per i richiedenti asilo. L'ultimo sospetto jihadista espulso da Lecco in ottobre, il kosovaro Idriz Idrizovic, viveva in Italia da dieci anni grazie alla «protezione sussidiaria» aiutato dal patronato Cgil. Abdul Rahman Nauroz della cellula di Merano aveva ottenuto lo stesso status raccontando di minacce di morte in Iraq da parte di Ansar al Islam, la stessa organizzazione del terrore di cui faceva parte. Altri jihadisti sbarcati a casa nostra si erano spacciati per «cristiani perseguitati» ottenendo asilo politico prima di venir scoperti come terroristi islamici.

Per inviare la propria opinione al Giornale, telefonare 02/85661, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


segreteria@ilgiornale.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT