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Il Foglio Rassegna Stampa
22.11.2017 Musica e boicottaggio: Nick Cave contro BDS
Il fallimento degli odiatori di Israele

Testata: Il Foglio
Data: 22 novembre 2017
Pagina: 2
Autore: En.Ci.
Titolo: «Un Nick Cave da incorniciare contro i bulli boicottatori di Israele»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 22/11/2017, a pag.2, il commento "Un Nick Cave da incorniciare contro i bulli boicottatori di Israele" di En.Ci.

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Nick Cave

Roma. Sarà anche il poeta oscuro del rock ma la sua posizione è limpida: domenica scorsa Nick Cave ha accusato il movimento anti israeliano BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) di cercare di dividere i musicisti, “bullandoli” e “imba - vagliandoli”, e ha detto di aver preso una “posizione di principio” scegliendo di esibirsi in Israele. L’artista australiano, uno dei più influenti e carismatici interpreti della musica contemporanea, è molto popolare nella piccola democrazia mediorientale, e i suoi due prossimi spettacoli a Tel Aviv sono già sold out. In una conferenza stampa tenuta l’altro ieri, Cave ha parlato della pressione esercitata sui cantanti da parte di quei “noti movimenti internazionali anti israeliani”, che fanno “pressioni” sugli artisti, sulle corporation e sulle istituzioni accademiche legate allo stato ebraico. Il mese scorso, “Artists for Palestine” aveva scritto una lettera aperta a Cave, per esortarlo a evitare di esibirsi nel paese “dove persiste un regime di apartheid”. Brian Eno aveva chiesto tre anni fa a Cave di aggiungere la sua firma alla lista del movimento BDS, che incassò un primo rifiuto. “A un livello molto intuitivo non volevo firmare quella lista, c’era qualcosa che mi puzzava”, ha detto Cave. Ma c’è di più: i musicisti che si esibiscono in Israele sono costretti a “passare attraverso una sorta di umiliazione pubblica da parte di Roger Waters” e altri. La decisione di esibirsi a Tel Aviv è quindi “una posizione di principio contro chiunque tenti di censurare e silenziare i musicisti”.

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Nick Cave, in pratica, ci sta spiegando che esiste un gruppo molto influente, fatto di personaggi pubblici e dello spettacolo, della moda, del cinema e della musica, che attraverso “lettere aperte” e social network chiama al boicottaggio di un artista che decide di andare a suonare in Israele, dove il suo pubblico lo aspetta. Che cos’è questa se non censura? Del resto, il gruppo BDS conta migliaia di volontari in tutto il mondo, e da tempo è guidato dal quasi settantenne cofondatore dei Pink Floyd, Roger Waters, ormai monomaniaco della causa. Waters ed Eno martedì hanno criticato pubblicamente la scelta di Cave: “Nick, con tutto il dovuto rispetto, la tua musica è irrilevante in questo problema, così come la mia, così come quella di Brian Eno, così come quella di Beethoven”, ha scritto Waters. “Non si tratta di musica, ma di diritti umani”. “E’ improvvisamente diventato molto importante per me per prendere posizione contro queste persone, contro questo bullismo”, ha detto il cantautore, fregandosene della mole di insulti che nel frattempo si era attirato sui social. Ma Cave non è solo. Se il politicamente corretto anti-israeliano nel mondo della musica va per la maggiore, ultimamente sono sempre di più gli artisti che decidono di ignorare le pressioni dei “potenti”. L’ultimo, in ordine di tempo, è stato Thom Yorke, che come Cave aveva polemizzato pubblicamente con Waters e il regista Ken Loach, un altro votato alla causa anti israeliana (suonare in un paese non è appoggiare le sue politiche. Ora che non vi piace Trump siete pronti a rinunciare al mercato americano?, era stata la risposta esemplare di Yorke).

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lettere@ilfoglio.it

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