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Il Foglio Rassegna Stampa
19.04.2017 Negazionismo (anche) a sinistra
Recensione del libro di Francesco Germinario

Testata: Il Foglio
Data: 19 aprile 2017
Pagina: 3
Autore: la redazione del Foglio
Titolo: «Negazionismo a sinistra»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 19/04/2017, a pag. 3, con il titolo "Negazionismo a sinistra", la recensione del libro di Francesco Germinario.

E' ormai accertato come il negazionismo della Shoah non sia un fenomeno che interessi esclusivamente l'estrema destra neofascista, ma sia radicato anche a sinistra e imperversi nei Paesi musulmani e presso i musulmani residenti in Europa.

Ecco l'articolo:

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La copertina (Asterios ed.)

La tesi del nuovo saggio di Francesco Germinario, uno degli storici italiani più acuti della destra radicale, è dirompente: l’autore involontario del manifesto del negazionismo a sinistra sarebbe un fisico ebreo austriaco, Martin Axelrad (1926-2010). Pur non credendo nell’odio di sé ebraico, “finzione letteraria” che presuppone una psicologia dei popoli storiograficamente sterile, Germinario ci propone una disamina di un documento che – ed è qui la tesi forte – ha dimostrato tutti i limiti epistemologici del marxismo nella comprensione della storia del Novecento. Germinario non ci propone un’altra storia del negazionismo, ma l’analisi dei limiti del negazionismo a sinistra partendo da un articolo ritenutone la base ideologica. “Auschwitz o il grande alibi”, pubblicato nel 1960 sulla rivista francese Programme communiste (l’organo del Partito comunista internazionale), è un articolo in cui Axelrad sostiene che i nazisti non avrebbero sterminato gli ebrei in quanto ebrei, ma in quanto membri della piccola borghesia, destinata a scomparire con “l’irresistibile avanzata della concentrazione del capitale”. Estremizzando la posizione “funzionalista”, egli aggiunge che è stata la guerra a guidare il nazismo, braccio del “grande capitale”, allo sterminio degli ebrei (in quanto forza-lavoro ormai priva di valore). Auschwitz, simbolo della “barbarie nazista”, sarebbe invece il “grande alibi” dei paesi vincitori (democrazie occidentali e “popolari”), perché avrebbe obnubilato la classe lavoratrice, facendole credere che ci fosse una differenza tra antifascismo e fascismo, privandola quindi della spinta rivoluzionaria.

Germinario non si ferma ad analizzare questo documento tutt’altro che innovativo, ma cerca di dimostrare come esso sia la spia dell’incapacità da parte del marxismo ortodosso, da un lato, di comprendere il fenomeno del totalitarismo e, dall’altro, di cogliere la novità dell’antisemitismo nazista. Due limiti superabili solo con il “revisionismo” liberale o con l’“eresia”. Come si è giunti a Bordiga e al negazionismo francese? Il negazionismo di sinistra, erede del pacifismo marxista del periodo interbellico, ha attribuito l’articolo su Auschwitz a un teorico di spicco del marxismo critico per “nobilitarsi”. Ma non solo: il bordighismo, pur annullando la specificità di Auschwitz (l’antisemitismo è sempre il prodotto della piccola borghesia aizzata dal grande capitale), non ha mai negato l’esistenza delle camere a gas (ne ha criticato l’uso politico da parte dell’antifascismo democratico e staliniano). Sarà lo stesso Axelrad a ribadirlo con forza su Le Prolétaire nel 1996.

Com’è avvenuta l’appropriazione da parte di Guillaume, Thion ecc.? Se è vero che il marxismo non ha saputo cogliere la specificità del totalitarismo e dello stesso antisemitismo, lo è altrettanto che il negazionismo di sinistra ha fatto il salto politico: Auschwitz diventa il simbolo dell’alleanza “reazionaria” fra proletariato e piccola borghesia, perché è uno dei tanti luoghi “anonimi” della mano nera capitalistica. Una volta, però, caduto il blocco sovietico, Auschwitz è diventato non solo il simbolo della barbarie nazista, ma anche quello di tutto l’antifascismo occidentale. Questo processo ha posto fine al negazionismo a sinistra di stampo marxista, nella misura in cui è stato fagocitato da quello di destra. Oggi i suoi residui sopravvivono in quello strano fenomeno politico che è l’islamo-gauchismo e, più in generale, nel “dottrinarismo”, nella visione “gnostica” e non “scettica” delle ideologie. Che oggi si può declinare nel paradigma della postverità.

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