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La Stampa Rassegna Stampa
19.06.2023 La crociata anti-gay di Putin
Commento di Anna Zafesova

Testata: La Stampa
Data: 19 giugno 2023
Pagina: 15
Autore: Anna Zafesova
Titolo: «Putin, crociata anti-gay»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 19/06/2023, a pag.15 con il titolo "Putin, crociata anti-gay" il commento di Anna Zafesova.

Anna Zafesova | ISPI
Anna Zafesova

Dismantling LGBT+ rights as a means of control in Russia | Freedom House

D'ora in poi l'omosessualità in Russia non sarà più solo un crimine, ma anche una malattia mentale. A deciderlo è stato Vladimir Putin in persona, che ha ordinato la creazione di un istituto per studiare «queste e altre questioni comportamentali», ha rivelato alla Duma il ministro della Sanità russo Mikhail Murashko. L'istituto di ricerca sul «comportamento sociale» degli omosessuali nascerà da una costola del Centro di psichiatria e narcologia Serbsky, tristemente famoso già negli anni '60-80: i suoi psichiatri torturavano e dichiaravano malati di mente i dissidenti sovietici. Putin non poteva non spuntare la casella della "psichiatria punitiva" nel progetto della restaurazione della dittatura in cui era cresciuto. Le relazioni omosessuali non sono ancora state penalizzate come lo erano prima del 1992, ma parlare pubblicamente di temi Lgbtq+è già un reato. E chi sperava di poter vivere la propria omosessualità almeno nel segreto della vita privata, probabilmente non potrà farlo: è evidente che un «istituto di ricerca» creato su ordine del presidente non si limiterà a "studiare" i gay, ma produrrà «metodi psichiatrici per riportare le idee sul proprio ruolo gender alla realtà», come proposto dal deputato reazionario Anatoly Vasserman. La rivelazione sul centro per lo studio del comportamento delle persone Lgbtq+ è stata fatta dal ministro durante un question time sulla legge che proibisce la transizione verso un altro sesso: non solo è passata all'unanimità, ma 400 deputati su 450 hanno ritenuto necessario proporre degli emendamenti per mostrare il proprio interessamento. L'omofobia politica, nata all'inizio degli anni '10 come fenomeno locale di Pietroburgo, è oggi diventata una ideologia di Stato, per combattere la perversa "influenza occidentale". Man mano che la classe dirigente e l'elettorato putiniano invecchiano l'odio paranoico per le persone Lgbtq+ – non sono infrequenti i casi di negozi, eventi e perfino asili nido costretti a eliminare dalle loro insegne il simbolo dell'arcobaleno – si accompagna a un culto sempre più esasperato del machismo. Ieri a Pietroburgo, al Forum economico internazionale che una volta era la vetrina dell'imprenditoria globale, Putin si vantava del suo arsenale nucleare - «è il più grosso, e col c... che lo ridurremo», ha promesso – in mezzo a muscolosi paracadutisti russi che mostravano la superiorità militare russa gonfiando borse per l'acqua e spezzando con le dita palle da tennis. L'omofobia non è più soltanto una concessione alla parte più intollerante dell'opinione pubblica, ma una di quelle «giunture spirituali» che, secondo Putin, tengono insieme l'identità russa. Dall'indifferenza verso la vita privata dei russi nei suoi primi due mandati, il padrone del Cremlino è passato a controllare cosa fanno (o vorrebbero fare) sotto le lenzuola, con una curiosità quasi morbosa per «quelle persone lì», come li ha definiti. Una parabola classica delle dittature, insieme all'antisemitismo (proprio ieri Putin ha insultato Zelensky come «vergogna degli ebrei»). Il suddito che smette di essere cittadino non può disporre liberamente del proprio corpo, e il vicepresidente della Duma Pyotr Tolstoy ha ieri espresso la sua preoccupazione che i russi potrebbero avviare la transizione sessuale per evitare di venire arruolati (l'ex Armata Rossa, a differenza dell'esercito ucraino che ha delle unità di volontari transgender, non si fida di loro). Il parlamentare ha anche ironizzato pesantemente sul parere "emotivo" del ministero della Sanità sulla legge anti-transgender, dopo che Murashko si è espresso contro il divieto totale della transizione, che potrebbe portare a un aumento dei suicidi tra persone che si sentono prigioniere nel proprio corpo. «Ma guarda che poverini», ha commentato il nipote del grande scrittore russo, mentre il presidente della Duma Vyacheslav Volodin ha chiesto ufficialmente al ministero della Sanità di «astenersi dal proporre emendamenti» e di pensare piuttosto a «come proibire tutta questa dissolutezza». A questo punto la penalizzazione non solo del discorso pubblico su temi Lgbtq+, ma anche del diritto a esserlo in privato sembra quasi una formalità, e il portale arcobaleno "Parni+" ritiene imminente l'introduzione in Russia delle "terapie di conversione" per "curare" gli omosessuali. Tolstoy ha deriso dalla tribuna della Duma le linee guida internazionali che non qualificano «queste perversioni» come malattie, e in diverse regioni russe operano già centri semiufficiali che «guariscono» gay, lesbiche e trans con le torture e l'isolamento. Le retate omicide contro gli omosessuali ceceni ordinate qualche anno fa da Ramzan Kadyrov sembrano aver soltanto anticipato il ritorno della Russia nemmeno all'Unione Sovietica, ma al Medioevo. Il sito femminista Kosa racconta che i trans russi stanno ricorrendo a un frenetico fundraising, anche nei social, per riuscire a compiere la transizione prima che la legge entri in vigore: non possono più sperare di avere i documenti corrispondenti al loro gender, ma sperano almeno di poter completare il passaggio per non dover fuggire all'estero o essere costretti a proseguire la terapia clandestinamente. Intanto alla Duma stanno già guardando alla prossima, inevitabile tappa del totalitarismo: regolamentare e limitare gli aborti, che Tolstoy vorrebbe fossero un monopolio di Stato.

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