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La Stampa Rassegna Stampa
07.10.2017 Trum: Iran e Nord Corea, la quiete prima della tempesta
Analisi di Paolo Mastrolilli

Testata: La Stampa
Data: 07 ottobre 2017
Pagina: 19
Autore: Paolo Mastrolilli
Titolo: «L'avvertimento di Trump a Iran e Nord Corea ' Questa è la quiete prima della tempesta '»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 07/10/2017, a pag.19 con il titolo "L'avvertimento di Trump a Iran e Nord Corea ' Questa è la quiete prima della tempesta ' l'analisi di Paolo Mastrolilli.

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Le corrispondenze di Paolo Mastrolilli dagli Usa hanno un pregio, raro da quando è presidente Donald Trump: quello di informare senza preconcetti, diciamo l'opposto di Giovanna Botteri, che si attiene rigorosamente alla regola "propaganda, innanzi tutto". Mastrolilli è una eccezione, un merito che - grati - gli riconosciamo.

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Paolo Mastrolilli

Il presidente chiede ai suoi opzioni militari. Amministrazione divisa Il presidente chiede ai suoi opzioni militari. Amministrazione divisa Paolo Mastrolilli Giovedì sera il presidente Trump ha invitato alla Casa Bianca i leader militari degli Stati Uniti e le loro mogli, per quella che doveva essere una cena privata di tipo sociale. All’improvviso, però, i giornalisti sono stati convocati per riprenderla. Trump si è rivolto a loro e ha domandato: «Sapete cosa rappresenta questo?». Un reporter gli ha chiesto di chiarire, e lui ha aggiunto: «Forse è la calma prima della tempesta». Siccome di tempeste in vista ce ne sono diverse, il giornalista ha insistito: «Quale tempesta? L’Isis? La Corea del Nord? L’Iran?». Il presidente ha risposto: «Vedrete. Quello che posso dirvi è che in questa stanza abbiamo i migliori soldati del mondo». Poco prima, però, li aveva rimproverati davanti alle telecamere, sollecitando i suoi generali a fare di più: «Dovete fornirmi opzioni militari ad un ritmo molto più veloce. Capisco che la burocrazia vi frena, ma dovete superarla». Da allora in poi Washington si sta interrogando su cosa intendesse il capo della Casa Bianca, e quale sarà l’impatto del suo richiamo sui generali, sullo sfondo delle polemiche che già scuotono l’amministrazione dopo la gaffe del segretario di Stato Rex Tillerson, che lo avrebbe definito un «idiota». Alcuni pensano che dietro non ci sia nulla di particolare, a parte la passione dell’uomo per creare suspence. Altri temono che stia meditando operazioni nei teatri più caldi del momento, dalla Corea del Nord che continua a provocarlo, all’Iran, che la prossima settimana dovrebbe essere accusato di violare l’accordo nucleare. Il problema è che queste tensioni si sommano a quelle già evidenti nella sua amministrazione. Trump ha confermato la fiducia a Tillerson, ma molti pensano che le sue ore a Washington siano contate, al punto che hanno soprannominato il segretario di Stato «Rexit«. Dietro le quinte si parla già di possibili successori: Mike Pompeo, direttore della Cia; o Nikki Haley, ambasciatrice all’Onu, che però secondo diversi analisti punta a candidarsi alla Casa Bianca alla prima occasione, e quindi potrebbe non essere interessata a correre il rischio di bruciarsi facendo il segretario di Stato. Tillerson non si è mai preso con Trump sul piano umano, mentre su quello politico segue una linea più tradizionalista, e finora non ha brillato per visione e creatività. Il repubblicano Bob Corker, presidente della Commissione Esteri del Senato, ha detto che Rex, il capo del Pentagono Mattis, e il capo di gabinetto Kelly, «sono ciò che separa il nostro Paese dal caos». Corker ha deciso di non ricandidarsi, e quindi può essere franco, così ha indicato l’alleanza tra gli «adulti» dell’amministrazione che cercano di contenere il presidente. Una nozione che certamente non piacerà a Trump, che infatti si prepara a decertificare il rispetto dell’intesa nucleare da parte dell’Iran, nonostante Mattis abbia dichiarato che «l’accordo è nell’interesse nazionale degli Stati Uniti». Dopo la gaffe di Tillerson, Kelly ha annullato un viaggio già previsto con il presidente e ha convocato Rex alla Casa Bianca, per concordare una strategia finalizzata a salvarlo. A Washington però la convinzione più diffusa è che il suo destino è segnato, anche perché in diverse occasioni il segretario di Stato aveva firmato la lettera di dimissioni, ma era stato fermato. L’alleanza dei responsabili vorrebbe tenerlo al suo posto, ma la decisione finale spetta a Trump, che pochi giorni fa ha usato Twitter per screditare Tillerson sulla Corea del Nord.

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