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La Stampa Rassegna Stampa
26.05.2017 Giandomenico Picco, il negoziatore Onu vicino a Hezbollah
Il commento apologetico di Gianni Riotta

Testata: La Stampa
Data: 26 maggio 2017
Pagina: 26
Autore: Gianni Riotta
Titolo: «Un italiano nell’inferno di Beirut per salvare gli ostaggi degli sciiti»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 26/05/2017, a pag. 26, con il titolo "Un italiano nell’inferno di Beirut per salvare gli ostaggi degli sciiti", il commento di Gianni Riotta.

La storia ricostruita da Gianni Riotta è edulcorata, i rapporti del diplomatico Giandomenico Picco con i terroristi di Hezbollah erano ottimi. Come gran parte dei quadri dell'Onu, anche Picco aveva un rapporto di pregiudiziale ostilità verso Israele e godeva di ottime entrature presso i terroristi.
Per approfondire:
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=6&sez=120&id=57005
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=6&sez=120&id=42359

Ecco l'articolo:

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Gianni Riotta


Giandomenico Picco

La chiave della mia vita è il numero 8. Sono nato l’8 ottobre 1948, e mediai il cessate il fuoco della guerra Iran-Iraq, dopo otto anni di guerra l’8-8-1988» sorride Giandomenico Picco, Gianni per gli amici, in un bar qualunque dietro la chiassosa stazione ferroviaria di Grand Central, New York. I capelli si son fatti grigi, gli occhi più malinconici, la conversazione resta quieta, da friulano Doc di Udine, papà farmacista e mamma casalinga. Quando i ricordi prendono il sopravvento però, l’alto ed elegante businessman italiano, doppiopetto principe di Galles, torna Gianni Picco, l’inviato delle Nazioni Unite che, alla fine degli Anni 80, sotto il segno del suo Numero-Nemesi, negoziò il rilascio degli ostaggi occidentali, rapiti in Libano da milizie che confluiranno in Hezbollah.

I volontari tedeschi
Gli ultimi, liberati dalle cantine infernali di Beirut sventrata dalla guerra civile, i volontari tedeschi Thomas Kemptner e Heinrich Struebig rapiti nel 1989, vennero rilasciati 25 anni fa, il 17 giugno del 1992 e, con qualche fatica, ho convinto Gianni Picco ad abbandonare la sua casa nel verde del Connecticut e ricordare i giorni in cui, bendato, coperto con un plaid sporco sul sedile posteriore di un’auto crivellata di colpi, rischiò la vita per salvare innocenti.

«Il segretario generale dell’Onu era Javier Pérez de Cuéllar, la Guerra Fredda volgeva al termine ma in Libano, dal 1975 al 1990, la guerra civile, innescata da cristiani maroniti e palestinesi, degenerata in faida di tutti contro tutti, con Israele, Siria, Iran, gli occidentali a mestare, fece 120.000 morti. I padri di quel che sarà Hezbollah, decisero di ricorrere al rapimento di occidentali, come assicurazione contro rappresaglie e ricatto politico-economico. Scompaiono, Ak 47 in faccia e cappuccio sugli occhi, 104 persone, tra cui 26 americani, 16 francesi, 12 inglesi, sette svizzeri e tedeschi. «L’11 settembre 1985, sedici anni prima della strage alle Torri Gemelle, nel giorno del suo compleanno, le milizie rapiscono anche l’italiano Alberto Molinari, vicepresidente della Camera di Commercio a Beirut. «Non è mai stato ritrovato», lamenta Picco.

La guerra Iran-Iraq
A mandar Picco, di notte, tra i crateri delle esplosioni a incontrare, accecato da una benda, capibanda spietati, è l’intuizione, avuta negoziando tra Iraq e Iran: «Gli occidentali erano per l’Iraq sunnita di Saddam Hussein - ricorda Picco piluccando un hamburger - l’Iran sciita di Khomeini era un paria da evitare. Conobbi però ex studenti come Mohammad Javad Zarif che, da borsista in America era diventato diplomatico del suo Paese all’Onu grazie al suo inglese, ed oggi è ministro degli Esteri di Teheran. Capii che, legati dalla fede islamica sciita agli Hezbollah in Libano, gli iraniani erano la strada per salvare gli ostaggi».

In azione
Con l’ok di de Cuellar, che lo considera «soldato disarmato della diplomazia», Gianni Picco raggiunge Beirut da Cipro, con mezzi di fortuna. Pensa al reverendo anglicano inglese Terry Waite, che aveva provato a negoziare un’intesa solo per essere sequestrato il 20 gennaio 1987, per cinque anni in isolamento e al buio, squassato dall’asma. O al giornalista dell’AP Terry Anderson, rapito il 16 marzo 1985 e, dopo la detenzione più lunga, rilasciato nel 4 dicembre 1991. O ai destini fatali, il capo della stazione Cia William Buckley, rapito nel marzo 1984, orribilmente torturato, giustiziato o morto per un infarto davanti al boia, il colonnello dei marines Higgins, in mano a Hezbollah dal 1988, impiccato. I terroristi gettano nella spazzatura i corpi dei due americani, monito sprezzante.

«Ti vogliono»
«È tempo di andare. Ti vogliono parlare»: con queste parole un miliziano intima a Picco di lasciare la relativa quiete del campo Onu e perdersi nella notte. «Fu la prima di mille avventure, paura in pancia, il pensiero a moglie e figlio che temevo di non rivedere. Seppi che avevano lustrato il box metallico con cui avevano rapito il reverendo Waite, uomo della mia stazza, spesso trasferito curvo in un frigorifero. – Prendiamo Picco, l’italiano, uno dell’Onu ci fa gioco -, dicevano certi capi, ma quella notte, quando mi tolsero la benda vidi un signore, mascherato, che dialogò e mi fece avvicinare il primo ostaggio».

A lungo Picco non lo saprà, furono gli israeliani a rivelarlo, ma sta trattando con il capo delle operazioni militari di Hezbollah, Imad Fayez Mughniyeh, nome di battaglia al-Hajj Radwan, regista delle stragi in Libano che colpirà in Argentina l’ambasciata di Israele, per saltare su un’autobomba a Damasco 2008, l’«8» del destino di Picco. «Perché si fidassero di me, fosse la pressione iraniana o avessero capito che la crudeltà non paga, non so. Funzionò comunque e furono i giorni migliori della mia vita». Decorato con le onorificenze dei Paesi coinvolti, - «il presidente Bush padre mi offrì la cittadinanza americana che declinai» - autore di toccanti volumi di memorie, Picco si scontra con le gelosie dei burocrati Onu, scettici sul «diplomatico disarmato», e lascia il Palazzo di Vetro.

Ieri e oggi
Funzionerebbe il suo coraggio spavaldo con Isis, con i jihadisti che detengono in Siria il gesuita padre Dall’Olio e l’imprenditore Sergio Zanotti? Picco è perplesso «Il mio mondo era più semplice, Usa e Urss comandavano. Ora è una giungla. Io andai mentre tutti mi dicevano “fai carriera, chi te lo fa fare?”, perché non credevo che un diplomatico Onu potesse essere equidistante tra terrore e tolleranza. Ho pagato dei prezzi duri, pubblici e privati, per le mie scelte». Fiero quando racconta quelle notti a Beirut, 25 anni fa, lo sguardo di Picco si vela di tristezza davanti al presente, perché è duro, e solitario, e senza paga, il mestiere di eroe.

 

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