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La Stampa Rassegna Stampa
16.09.2016 Le donne islamiche emancipate che scelgono il terrorismo
L'ambiguità di Karima Moual

Testata: La Stampa
Data: 16 settembre 2016
Pagina: 31
Autore: Karima Moual
Titolo: «La pericolosa battaglia di uguaglianza delle jihadiste»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 16/09/2016, a pag. 31, con il titolo "La pericolosa battaglia di uguaglianza delle jihadiste", il commento di Karima Moual.

Karima Moual, come sempre, scrive un articolo connotato dall'ambiguità. Condanna il terrorismo dello Stato islamico, ma solo per poter affermare che l'islam non è questo. Se è così, che i musulmani lo dimostrino.

Ecco l'articolo:

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Karima Moual

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Le jihadiste che provano a farsi esplodere senza la promessa di un paradiso con le vergini, come quella per i martiri di sesso maschile, sono forse più pericolose, perché più consapevoli e motivate. Tre donne con indosso il burqa hanno attaccato una stazione di Mombasa sulla costa del Kenya, ma sono state uccise dopo aver pugnalato due agenti e dato alle fiamme l’edificio con una bomba molotov. Era l’11 settembre. Puntuale il lancio dell’agenzia di propaganda dell’Is Amaq: «Erano sostenitrici dello Stato islamico e hanno effettuato l’operazione in risposta alla chiamata a colpire i Paesi crociati». L’attacco jihadista tutto al femminile arriva a pochi giorni da un altro - questa volta scampato - in Francia che ha visto il coinvolgimento di altre tre musulmane poi arrestate.

Non dobbiamo cadere nell’inganno. Le adepte all’Isis, anche se apparentemente sono votate alla complementarietà dei mariti, con il ruolo di madri e compagne utili solo a procreare una generazione devota al Califfato, in realtà dietro al velo nascondono un carattere di donne libere anche nella scelta di abbracciare il jihad, forse in modo più convinto e meditato dei maschi.

A mettere in ordine gli appunti e le storie si scopre che vi sono ragazzine affascinate dai jihadisti come lo sono le loro coetanee dalle star dello show business. Oppure altre talmente motivate e consapevoli della causa jihadista da vestire i panni di spin doctor dei loro uomini jihadisti. Vere procacciatrici di nuove leve per le «bandiere nere» di Al Baghdadi. Un ingresso nel campo di battaglia che ha acceso la discussione in Francia - creando non poche polemiche - sulla parola «femminismo jihadista». «C’è un femminismo jihadista in atto - spiega sulle pagine di Le Monde il sociologo Farhad Khosrokhavar -. Le donne mostrano di poter andare fino in fondo, che la violenza non è il monopolio dell’uomo».

Ora che l’Isis comincia a registrare sconfitte sul campo, ha cambiato strategia su un nuovo fronte, mettendo a punto una inedita versione dell’ordine sociale ideale tra donne e uomini, in contrasto con quella classica portata avanti fino ad oggi, che vedeva le donne solo come procreatrici e madri. Il sacrificio delle donne, infatti, con questi ultimi attacchi non può che tradursi in un atto estremo. Se da una parte è una battaglia di uguaglianza, dall’altra evidenzia una minaccia ancora più pericolosa perché gioca sulla percezione: non solo giovani europei convertiti in poco tempo alla causa, ma insospettabili ragazze dai volti delicati e spesso percepite come vittime e sottomesse.

Paradossalmente l’ingresso delle donne nel Califfato, che al pari degli uomini preparano attentati, ci riporta ancora una volta all’irrisolto e controverso tema delle donne nell’Islam. Proprio in questi giorni, in Danimarca si è svolta la prima preghiera guidata da due donne Imam. Sherin Khankan e Saliha Marie Fetteh avevano un obiettivo preciso: sfidare le strutture patriarcali e ispirare altre donne. In Marocco come in Tunisia si dibatte su come riformare la legge sull’eredità che, ispirandosi alla Sharia, dimezza ciò che spetta alle donne rispetto agli uomini. La battaglia, qui come altrove, non si colora solo di femminismo ma anche di diritti umani. Ma chi la sostiene e la porta avanti è consapevole che se c’è una misoginia più difficile da estirpare è certamente quella portata avanti dalle donne stesse. Con le loro azioni e le loro parole, ancor più degli uomini, spesso ostacolano l’emancipazione femminile. Le estremiste jihadiste votate alla barbarie si ritrovano, in extremis, a doversi ritagliare con la morte e il martirio un ruolo alla pari. Come dire: non siamo né vittime né sottomesse.

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