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La Repubblica Rassegna Stampa
14.11.2023 Gaza, i tunnel sbucano ovunque
Cronaca di Fabio Tonacci

Testata: La Repubblica
Data: 14 novembre 2023
Pagina: 8
Autore: Fabio Tonacci
Titolo: «All’imbocco del tunnel nella scuola della Striscia: 'Hamas attacca da qui'»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 14/11/2023, a pag. 8, con il titolo "All’imbocco del tunnel nella scuola della Striscia: 'Hamas attacca da qui' ", la cronaca di Fabio Tonacci.


Fabio Tonacci

Israel hopes technology will help it fight in Hamas's tunnels

JUHOR AD-DIK (GAZA) - Neanche ora che l’hanno raso al suolo questo villaggio smette di essere un pericolo per l’esercito d’Israele. Di Juhor ad-Dik, a Sud-Est di Gaza City, cinquemila abitanti prima dell’invasione, è rimasto il nome. L’aviazione prima, l’artiglieria poi, i bulldozer infine, ne hanno sbriciolato ogni edificio, ogni casa, ogni scuola, ogni negozio. «Era una roccaforte di Hamas ». Gli abitanti sono evacuati al primo vagito di guerra. Le strade non si vedono più, al massimo si intuiscono. Si avanza affondando gli scarponi nella polvere, tra crateri e calcinacci. Sui rami spezzati di un antenna televisiva sventola una bandiera israeliana. “Ultras Maccabi Haifa”, hanno scritto sull’unico muro rimasto in piedi di una villa. Eppure, ancora sabato scorso da un buco è uscito un miliziano con un lanciarazzi a spalla e ha sparato contro le postazioni dei soldati. È stato un lampo, poi la terra da cui era spuntato lo ha inghiottito. Sopra, Juhor ad-Dik non è più niente. Sotto, è ancora vivo. Brulica, trama. L’imbocco di un tunnel l’hanno trovato a meno di quaranta metri dalla scuola elementare del villaggio. Ha la forma di un foro circolare che si apre tra i detriti e scendenel buio per diversi metri. Dove conduce non si sa perché i genieri militari dell’Idf non l’hanno esplorato. L’hanno percorso quel tanto che è bastato a trovare delle armi, quindi hanno piazzato l’esplosivo e sono risaliti. Quasi mai entrano nella “metropolitana”, come è stata ribattezzata la chilometrica rete di cunicoli, alcuni forniti di aerazione ed elettricità, costruita negli anni dai miliziani della Striscia di Gaza. «È troppo pericoloso per i nostri uomini, e troppo vantaggioso per i nemici, che conoscono bene i labirinti», ha spiegato Gilat Pasternak, il vice-comandante della 838 esima Brigatache domenica ha accompagnato Repubblica e altri tre media internazionali dentro Gaza City, per una missione embedded con l’esercito israeliano. Quanto sia estesa la rete dei cunicoli non lo sa nessuno, nemmeno chi l’ha scavata. Nel 2021 Yahya Sinwar, leader di Hamas a Gaza e ricercato numero uno dalle forze armate di Tel Aviv che lo ritengono la mente dell’orrore del 7 Ottobre, disse che i tunnel superano i 500 chilometri di lunghezza. Un dato che nessuno è in grado di confermare con certezza. Che però la metropolitana sia vasta non c’è dubbio. «È intricata efitta come la tela di un ragno»: l’ha descritta così la signora Yocheved Lifshitz, 85 anni, una dei quattro ostaggi sinora rilasciati da Hamas. Dalle poche informazioni che si hanno, pare che mediamente i cunicoli corrano a venti metri di profondità, siano alti non più di due metri e larghi non più di uno. L’incidente di sabato, col miliziano che esce dal niente, spara e al niente ritorna, si era ripetuto già tre volte, sempre con la medesima dinamica. Motivo per cui Gilat ha chiesto ai suoi soldati di scortare i giornalisti tra le macerie. «Potrebbe ricapitare anche adesso, senza alcun preavviso. Non posso dire con sicurezza di aver trovato tutti gli ingressi della metropolitana di Juhor ad-Dik», ammette l’ufficiale 38enne. «Posso però assicurare che Hamas utilizza le strutture civili per nascondersi e proteggersi, ospedali, moschee, uffici amministrativi e scuole, come dimostra il tunnel che abbiamo scoperto qui. Chi critica il nostro operato spesso lo dimentica». La missione all’interno della Striscia con i militari della 838 esima brigata è durata quattro ore. Siamo entrati da un varco lungo il muro ad est di Gaza, poi il blindato ha puntato in direzione del corridoio umanitario. È apparso il popolo palestinese che in silenzio si allontanava verso Sud, con le braccia alzate e le schiene curve per gli zaini stipati di provviste. Da lì ci si è mossi fino a Juhor ad-Dik, dove è stato subito chiaro perché sconfiggere Hamas non sarà semplice, neanche per il tecnologico e ben equipaggiato esercito dello Stato ebraico. Per quante bombe, e missili, e droni possano far piovere su una città, i cunicoli rimangono intatti e continuano a funzionare da rifugio, via di fuga, rampa d’attacco, deposito per cibo, acqua, armi e, forse, nascondiglio per ostaggi. «Il villaggio era una roccaforte di Hamas, i terroristi sono partiti anche da qui un mese fa per assaltare Be’eri. In uno dei quartieri abbiamo ritrovato due golf car del kibbutz». Niente di ciò che è efficace in superficie è altrettanto buono nella battaglia nei cunicoli di Hamas e della Jihad Islamica. Dove, se proprio è indispensabile, si calano solo unità specializzate. Anche perché gli ingressi e i condotti sono disseminati da mine e da trappole. «Non rischio per niente i miei là sotto», diceva Gilat, mentre il blindato con cui siamo entrati varcava di nuovo il recinto che separa Israele dalla Striscia di Gaza.

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