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La Repubblica Rassegna Stampa
23.10.2023 La minaccia dell’Iran
Cronaca di Daniele Raineri

Testata: La Repubblica
Data: 23 ottobre 2023
Pagina: 2
Autore: Daniele Raineri
Titolo: «La minaccia dell’Iran: 'Il Medio Oriente rischia di andare fuori controllo'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 23/10/2023, a pag. 2, l'analisi di Daniele Raineri dal titolo "La minaccia dell’Iran: 'Il Medio Oriente rischia di andare fuori controllo' ".

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Daniele Raineri

Hamas and Iran | | columbiamissourian.com

TEL AVIV — L’esercito israeliano è oltre la fase dell’accumulo di uomini e mezzi attorno a Gaza e ieri una squadra di soldati entrata all’altezza di Kissufim, quindi a metà della Striscia, è stata scoperta e respinta da Hamas. Sono operazioni militari brevi che non vanno in profondità, in attesa dell’invasione. Quando i bulldozer blindati e i carri armati entreranno nella Striscia – e potrebbe succedere ogni notte, anche se ormai siamo vicini alla luna piena che non è un vantaggio per i soldati israeliani – non ci sarà soltanto una svolta militare ma anche politica, perché potrebbe essere il segnale d’ingresso nella guerra per gli alleati esterni di Hamas: Hezbollah in Libano, le milizie sciite in Iraq e in Siria e il gruppo Ansar Allah in Yemen, con la regia di Teheran. Un’escalation che ormai questi attori minacciano apertamente. Il ministro degli Esteri iraniano, Amir Abdollahian, dichiara che se gli attacchi aerei israeliani su Gaza non si fermeranno il Medio oriente finirà «fuori controllo » in una spirale di guerra. Prepara il terreno. Sette giorni fa aveva minacciato la stessa cosa con altre parole, «il dito di tutte le fazioni sarà sul grilletto e potrebbe esserci un’esplosione da un momento all’altro al di fuori di ogni possibilità di controllo» e in effetti tra la prima dichiarazione e l’altra ci sono stati segnali molto preoccupanti: gli yemeniti hanno sparato tre missili – intercettati dal cacciatorpediniere Usa Carney – in direzione di Israele e le milizie sciite hanno attaccato più volte con droni e razzi – anche ieri – i 2.500 soldati americani in Iraq e gli altri 800 di stanza in Siria. Ieri gli Houti sono tornati a minacciare: «Attaccheremo le navi israeliane se continuano i bombardamenti su Gaza». È il fronte Est, quello appunto di Yemen, Siria e Iraq, che potrebbe rivelarsi la polveriera dell’allargamento del conflitto spinto dall’Iran. E se a questi segnali si aggiungono le continue scaramucce sul confine libanese, dove dal 7 ottobre sono morti 24uomini di Hezbollah e tre soldati israeliani, allora è come se Teheran stesse già allentando i freni dei gruppi che sponsorizza. Proprio oggi il ministro degli Esteri Russo Lavrov sarà a Teheran. Anche i gruppi armati palestinesi in Cisgiordania, legati a quelli della Striscia, si stanno sollevando e negli ultimi tre giorni gli israeliani hanno bombardato con i droni Tulkarem e una moschea a Jenin che – sostengono – nascondeva l’imboccatura di un tunnel usato come deposito di armi. Non c’è paragone con la campagna di bombardamenti devastante contro Gaza, ma di fatto ci sono raid dal cielo su entrambe le aree palestinesi. Il capo dell’unità al Quds dei Guardiani della rivoluzione iraniani, il generale Ismail Qaani erede del generale Soleimani, per la terza volta dal 7 ottobre è a Damasco in Siria, ormai scalo delle operazioni nella regione – e ieri l’aeroporto è stato bombardato dagli israeliani per la quarta volta dall’inizio della crisi. Per scongiurare l’eventualità di uno stato di guerra in tutta la regione ieri il capo della diplomazia americana, Anthony Blinken, ha detto che l’Amministrazione Biden si prepara a una escalation «nei prossimi giorni delle milizie filo iraniane contro le nostre forze in Medio oriente e abbiamo preso tutte le misure adatte a difenderci». Anche il segretario alla Difesa, Lloyd Austin, dice che c’è la possibilità di una escalation per colpa degli agenti iraniani e che gli Stati Uniti risponderanno con durezza. Si tratta di un tentativo di calmare la situazione con l’uso di minacce, ma la situazione in questo momento è poco leggibile e bastaun caso a cambiare tutto, come è successo con il razzo malfunzionante della Jihad islamica che mercoledì ha fatto strage all’ospedale battista di Gaza. Anche il premier israeliano Netanyahu batte sulla minaccia preventiva. Durante una visita alle truppe al confine libanese, a Nord, ha detto che se Hezbollah decidesse di unirsi alla guerra ci sarebbero «conseguenze devastanti per Hezbollah e per il Libano. Li colpiremo con una forza che non si può nemmeno immaginare ». Sul fronte Sud il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, dichiara che «questa dovrebbe essere la nostra operazione finale a Gaza, per la semplice ragione che dopo non ci sarà più Hamas. Richiederà un mese, due mesi o tre mesi». Ma il settimanale Economist parla di «finestra della legittimità per Israele a Gaza» che si sta per chiudere.

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