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La Repubblica Rassegna Stampa
08.07.2017 L'Unesco capovolge la storia e sottrae a Hebron l'identità ebraica
Cronaca di Anna Lombardi, ma il titolo del Corriere è fuorviante

Testata: La Repubblica
Data: 08 luglio 2017
Pagina: 11
Autore: Anna Lombardi
Titolo: «'Hebron sito palestinese', bufera sull’Unesco»

Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 08/07/2017, a pag. 11, con il titolo "'Hebron sito palestinese', bufera sull’Unesco", la cronaca di Anna Lombardi.

Anche il Corriere della Sera pubblica un articolo sulla vicenda, firmato da Davide Frattini. A differenza di quello di Repubblica, però, il titolo scelto dalla redazione è fuorviante. Così titola il Corriere: "L'Unesco tutela Hebron (palestinese). Israele protesta: bugia antisemita". L'Unesco non ha tutelato nulla, ha semplicemente rovesciato la storia, compiendo un autentico furto e negando il legame millenario tra l'ebraismo e Hebron. Il titolo del Corriere fa passare un'azione ignobile di delegittimazione di Israele per un'opera di "tutela" di beni culturali e artistici.

Ecco l'articolo di Anna Lombardi:

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L’Unesco riconosce la città vecchia di Hebron - e la Tomba dei Patriarchi che ne è il cuore - come patrimonio dell’Umanità. Ma li iscrive come “siti palestinesi”: scatenando le ire di Israele. Con il premier Benjamin Netanyahu che ha condannato la decisione definendola «surreale»: ed ha annunciato il taglio di un milione di dollari ai fondi che il suo Paese paga ogni anno alle Nazioni Unite.

Così quello che pure è uno dei luoghi sacri a tutte e tre le grandi religioni monoteiste – venerato da ebrei, cristiani e musulmani torna a imporsi come territorio di contese. Il luogo dove secondo la Genesi il patriarca Abramo acquistò una grotta per farne la propria tomba insieme alla moglie Sara, e dove sarebbero sepolti anche Isacco, Giacobbe, Rachele e Lea è da decenni uno dei luoghi più caldi del conflitto israelo-palestinese. L’edificio costruito dai crociati su quello che si dice siano i resti del Palazzo di Erode, addirittura diviso in due, parte moschea e parte sinagoga. Nella città occupata fin dal 1967 da coloni soprattutto di origine americana, il sangue scorre fin dal 1929: quando con il Paese ancora sotto mandato britannico, i nazionalisti arabi trucidarono 67 ebrei. Ed ebbe il suo culmine nel massacro fatto nel 1994 dal medico Baruch Goldstein che sparò sui musulmani che appunto stavano andando a pregare in moschea, uccidendone ventinove: atto che bloccò il processo di pace avviato dagli Accordi di Oslo firmati da Rabin e Arafat. A presentare la mozione per iscrivere Hebron fra i Patrimoni dell’Umanità sono stati proprio i palestinesi: con una modalità contestata da Israele - che avrebbe voluto una votazione segreta - ma comunque accettata dal Comitato esecutivo dell’Unesco (di cui l’Italia non fa parte) riunito a Cracovia.

Il risultato è stato che dodici stati membri si sono espressi a favore, tre hanno votato contro, mentre sei si sono astenuti. Stabilendo inoltre che quel patrimonio è talmente “in pericolo” da doverne riesaminare la situazione ogni anno. Una cosa, quest’ultima, che ha fatto infuriare ancor più gli israeliani dopo che già lo scorso maggio l’Unesco aveva votato una risoluzione, poi attenuata, che negava la sovranità di Israele su parte della Città vecchia di Gerusalemme. Durissima dunque la reazione del governo israeliano: «Una sozzura morale che falsa la storia, quella di sostenere che la tomba di Abramo e Sara non sia un sito ebraico: sono nostro padre e nostra madre ». La notizia è stata naturalmente accolta con gioia dai palestinesi: la ministra della Cultura Rula Maaya ne ha sottolineato la «portata storica, che conferma l’identità dei Patriarchi e ristabilisce al luogo sacro la sua appartenenza alla storia palestinese e a tutta l’umanità».

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