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Riprendiamo dalla REPUBBLICA - TORINO di oggi, 19/06/2017, a pag. I-VII, con il titolo "Al Pride sfila lo striscione anti Israele e scoppia la polemica", la cronaca e intervista di Paolo Griseri a Enzo Cucco. Segue la testimonianza di un partecipante al Pride, Sergio Rovasio. A destra: gli striscioni contro Israele al Gay Pride di Torino Ecco l'articolo:
UNA scritta su uno striscione portato al Pride da 4 persone e scoppia la polemica. Anche perché, secondo Enzo Cucco, presidente dell’associazione radicale «Certi diritti » e membro dell’associazione Italia-Israele, proprio da quello striscione è partito chi ha cercato di mettere fuori dal corteo chi portava la bandiera dei movimenti gay israeliani. Il giorno dopo il grande corteo che ha attraversato Torino, infuria la polemica: «Non è mai accaduto che qualcuno ci chiedesse di abbandonare la manifestazione». Gli organizzatori del Pride replicano: «Ci siamo accorti tardi della presenza di quello striscione ». Non è la prima volta che la scritta «No pinkwashing, stop Israeli apartheid» compare al Pride. Il riferimento è al movimento contro il «pinkwashing» nato negli anni scorsi in Germania e in Inghilterra. LE Comunità gay dei due paesi accusano stati e società private di utilizzare azioni e politiche favorevoli agli omosessuali per ripulirsi l’immagine e far accettare aspetti meno commendevoli delle loro scelte aziendali o statali. Dunque l’accusa ad Israele è quella di sbandierare le scelte a favore degli omosessuali per far accettare le politiche nei confronti dei palestinesi. «Quel che colpisce - dice Cucco - è che la politica israeliana verso i palestinesi venga definita come apartheid. Sappiamo che non è assolutamente così perché la situazione in Israele non ha nulla a che vedere con quella del Sudafrica di trent’anni fa». «Ma soprattutto - continua Cucco - colpisce che chi ha portato quello striscione si sia avvicinato minacciosamente ai manifestanti con la bandiera di Israele dicendo che dovevano lasciare il corteo. Questo a Torino non era mai accaduto. Ricordo che proprio gli omosessuali palestinesi fuggono in Israele per la repressione contro i gay perpetrata dall’autorità che governa a Gaza. Non si capisce perché abbia diritto di presenza al corteo la bandiera della Palestina che perseguita i gay e non quella di Israele, lo Stato dove i gay palestinesi fuggono per rifugiarsi». La polemica promette di proseguire e coinvolgere gli organizzatori del Pride: «Chiediamo - dice Cucco - che venga garantita, come è sempre stato, agibilità a tutti coloro che manifestano a favore dei diritti degli omosessuali nel mondo». Alessandro Battaglia, coordinatore del Torino Pride, replica che «lo striscione ci è statto segnalato tardi perché era in fondo al corteo. Anche ieri siamo sempre intervenuti per garantire a tutti la possibilità di sfilare. Questo è un principio che abbiamo sempre seguito in questi anni». Effettivamente, racconta Cucco, «una prima volta quando chi portava la bandiera di Israele è stato minacciato, il comitato d’ordine del Pride è intervenuto per difendere chi sfilava. La seconda volta invece questo non è avvenuto». La polemica sulla presenza delle bandiere di Israele al Pride ricorda quella scoppiata quest’anno in occasione delle celebrazioni per il 25 aprile. Si contesta il diritto stesso delle insegne israeliane a partecipare alle manifestazioni pubbliche. «Lo scorso anno - rivela Enzo Cucco - avevamo già notato lo striscione ma abbiamo ritenuto di non intervenire per non dare pubblicità a un gruppo esiguo di manifestanti. Questa volta invece abbiamo deciso di protestare per le intimidazioni che le persone appartenenti a quel gruppo hanno rivolto nei confronti di chi portava le bandiere israeliane». Ecco la testimonianza di Sergio Rovasio:
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