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Rassegna Stampa
06.03.2015 Niente censura: vanno mostrati i video dello Stato Islamico
Commento di Karen Rubin

Testata:
Autore: Karen Rubin
Titolo: «Niente censura, dobbiamo guardare i video dell'Isis»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 06/03/2015, a pag. 12, con il titolo "Niente censura, dobbiamo guardare i video dell'Isis", il commento di Karen Rubin.

Il nostro appello (che potete leggere alla pagina http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=2&sez=120&id=57420) è stato raccolto dal Giornale, che pubblica oggi un articolo in cui si sostiene la necessità di mostrare i video dello Stato Islamico per conoscere, e quindi contrastare, la minaccia del terrorismo islamico. L'Europa addormentata potrebbe risvegliarsi.

Ecco l'articolo:


Il video dello Stato Islamico che riprende il pilota giordano prigioniero bruciato vivo

Alcuni telegiornali hanno deciso di non mandare in onda i video autoprodotti dall'Isis. Su un fermo immagine il conduttore descrive l'ultima barbarie senza che lo spettatore assista direttamente all'evento. Un tentativo di sottrarsi al bombardamento propagandistico del Califfato che accresce la sua identità pubblica su un palcoscenico in cui noi recitiamo il ruolo della povera gazzella e loro quello del leone.

Censurare la loro narrazione significa però anche privarsi d'informazioni importanti riguardo all'entità del pericolo e di uno stimolo spaventante che ci spinga alla reazione contro aguzzini che sono ormai parte della cronaca delle nostre vite. Anche l'ultimo videomessaggio è stato confezionato ad hoc per incutere terrore ed evocare sottomissione. Nelle immagini quattro uomini in divisa trascinano una vittima genuflessa per la paura. I passi si susseguono a rallenty fornendo il tempo necessario a chi guarda per identificarsi nell'impotenza della vittima e cogliere il potere assoluto del terrorista. L'uomo morto che cammina a un tratto è gettato a terra, una musica sincopata ricorda il tono grave del battito cardiaco.

L'uomo è vivo, anche se man mano il cuore accelera e nel momento di massima palpitazione è abbattuto da un colpo alla nuca con una naturalezza disumana. Non trapelano incertezze, regista e attori hanno interpretato la scena senza che nulla sia sfuggito alla loro intenzionalità. La maschera con cui coprono il volto nasconde le emozioni. Sul viso del carnefice non sappiamo se c'è apprensione per il gesto che sta per compiere o se al contrario cinicamente gioisce. Loro invece sanno che abbiamo paura. I video servono anche ad arruolare nuovi adepti. Sfruttando un meccanismo di giustificazione morale, affermano che le atrocità si perpetrano per una religione più autentica e questo consente di rendere encomiabili condotte altrimenti immorali.

Quando distogliamo l'attenzione da notizie su guerre brutali come quelle che dilaniano il continente africano, anche noi usiamo meccanismi di disimpegno morale, ci indigniamo qualche istante e poi voltiamo lo sguardo altrove. Riusciamo a farlo perché la sofferenza di quei popoli è lontana da noi e non chiaramente visibile. Censurare le immagini in cui il pilota giordano è arso vivo, quelle in cui ai cristiani è mozzata la testa, ci permette di minimizzare la gravità della situazione in cui versano essere umani non troppo distanti da noi. La spietatezza dell'Isis è pari a quella nazista.

Durante il Terzo Reich Joseph Goebbels usò abilmente la propaganda e la censura rendendo possibile l'Olocausto. In alcune occasioni dichiarava che l'annientamento degli ebrei era in atto, in altre affermava che fossero internati. I tedeschi coinvolti nella realizzazione della Shoah erano decine di migliaia: Hitler e i suoi gerarchi, le SS che si occupavano della ghettizzazione e della deportazione, i funzionari che gestivano i beni espropriati, le case e i negozi. Duecentomila persone a diverso titolo si adoperavano per eliminare un popolo ed è inimmaginabile che riuscissero a farlo segretamente. Goebbels s'impadronì dei mass media alimentando l'odio antisemita come l'Isis alimenta quello antioccidentale. Permise ai tedeschi di far finta di non sapere quello che in realtà tutta la Germania sapeva.

Se le immagini delle camere a gas avessero raggiunto tutti con la loro crudeltà forse le coscienze non avrebbero retto all'impatto. Di fronte all'inguardabile si è costretti a decidere da quale parte stare. Se le immagini del terrore dovessero servire a prevenire nuovi eccidi forse sarà bene trasmetterle nel rispetto della fascia protetta.

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