Safà meduberet, la lingua parlata e le sue contaminazioni ma questa analisi è una forzatura, il fenomeno è irrilevante
Testata: Autore: La Redazione Titolo: «Tra gli arabi israeliani si afferma l' arabraico»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 16/11/2013, un pezzo di agenzia dal titolo " Tra gli arabi israeliani si afferma l' arabraico ", una analisi tirata per i capelli, perchè se è vero che alcune parole arabe sono entrate nel linguaggio ebraico parlato - e viceversa- è un fenomeno del tutto marginale. Una esagerazione, quindi, enfatizzarlo.
Eliezer Ben Yehuda
Tel Aviv Un nuovo idioma sta prendendo piede in Israele, un Paese dove comunque, in ogni momento ed in ogni luogo, si possono sentire lingue disparate, fra cui ebraico, arabo, inglese, francese, russo, yiddish e amarico. Lo hanno notato due linguisti - Abed Rahman Mar’i e Rubik Rosenthal - che al linguaggio particolare che negli anni ha preso piede fra gli arabi israeliani (il 20 per cento della popolazione) hanno dato un nome, «Arabraico», e hanno dedicato un libro di analisi: «Walla Be-Seder», ossia «Perbacco, va bene». Vivendo in una società dove l’ebraico è comunque la lingua più diffusa, la minoranza araba ha acquisito alcuni termini di uso corrente, per inglobarli nel glossario arabo. In particolare, notano Mar’i e Rosenthal, il fenomeno è più sensibile nelle zone dove più frequenti sono i contatti fra le due comunità: nei supermercati, negli ospedali, nelle farmacie, nei trasporti pubblici. Ormai non è più raro che conversazioni in arabo siano intercalate con espressioni tipicamente ebraiche come: Be-Seder ( va bene); Yofi ( ottimo); Kol ha-Cavod (tanto di cappello). Perfino lo slang militare israeliano è riuscito a far breccia nella minoranza araba: una ragazza particolarmente attraente è dunque una Pzazza (bomba), e una persona molto esperta nel proprio ramo è un Totach ( cannone). In realtà il fenomeno funziona nelle due direzioni e non pochi idiomi arabi sono ormai di uso corrente fra chi si esprime in ebraico. Fra queste: Yalla (forza!); Ahla (al meglio); Sababa (grande goduria); Keif (piacevole); Maafan ( repellente); Dawin (vanitoso). I due autori rilevano che l’« arabraico» ha messo ormai radici tali che gli arabi israeliani si stupiscono che non sia sempre comprensibile al Cairo o ad Amman, ma anche che il fenomeno viene osteggiato dall’elite culturale arabo-israeliana e dai palestinesi nei Territori.