Iraq:gli Usa se ne vanno, il potere nelle mani di Al Qaeda Cronaca di Gian Micalessin
Testata: Autore: Gian Micalessin Titolo: «Il ritiro degli Usa dall'Iraq rafforza Al Qaeda»
Sul GIORNALE di oggi, 25/07/2013, a pag.15, con il titolo "Il ritiro degli Usa dall'Iraq rafforza Al Qaeda", Gian Micalessin racconta la fine delle speranze di libertà nella quale si trova l'Iraq dopo l'abbandono del paese da parte degli Usa.
Terroristi di Al Qaeda in keffia
Settecento morti in scontri e attentati dall’inizio di luglio, un attacco alla prigione di Abu Ghraib conclusosi lunedì con la liberazione di 500 detenuti jihadisti e, sullo sfondo, lo spettro del ritorno di Al Qaida e della guerra civile. Da lunedì l’Iraq vive l’incubo di una ricaduta nella guerra civile e negli orrori del 2006 quando attentati e scontri tra sunniti e sciiti facevano temere una drammatica partizione del paese. Un incubo sancito da numeri e fatti. I 700 morti contati dall’inizio di luglio rappresentano il bilancio più sanguinoso dal 2008, da quando cioè il generale americano David Petraeus concluse il «surge», la cosiddetta «rimonta» che consentì di conquistare il favore delle tribù sunnite e stroncare l’attività al qaidista. Oggi 18 mesi dopo il ritiro del dicembre 2011 quei successi sono uno sbiadito ricordo. E Obama fa i conti con un fallimento ben più grave di quelli di Libia ed Egitto perché l’Iraq ereditato da George W.Bush era un paese parzialmente stabilizzato. Un Paese dove Al Qaida era stata quasi neutralizzata e i rischi di una guerra civile tra sunniti e sciiti erano stati ricomposti. Dietro i successi di George W. Bush e del suo pro console David Petraeus c’erano strategie precise basate sul controllo del governo guidato dallo sciita Nouri Al Maliki, sul contenimento dell’influenza iraniana e su una politica di appoggi politici ed economici alle tribù sunnite. Dopo il veloce ritiro voluto da Obama di tutto ciò non è rimasto traccia. Dopo il dicembre 2011 premier sciita Nouri Al Maliki- definitosi «un buon amico e un fratello dell’Iran» - ha dato il via ad una pesante campagna anti sunnita culminata con la condanna a morte e la fuga all’estero del vice presidente sunnita Tariq al Hashimi. La sospensione degli aiuti americani alle tribù sunnite e la pesante politica di discriminazione sostenuta da un governo iracheno sempre più vicino a Tehran hanno trasformato centinaia di giovani sunniti in disponibili reclute di Al Qaida. A favorire questo ritorno al passato ha contribuito il sostegno offerto da Washington ai ribelli sunniti in Siria. Le zone controllate oltre confine dai ribelli siriani rappresentano per gli alqaidisti iracheni un terreno franco dove- oltre a godere di libertà di movimento e assoluta impunità - possono attingere agli arsenali dei gruppi integralisti siriani foraggiati da Qatar e Arabia Saudita. Le distrazioni di Obama e gli errori di valutazione sulla Siria hanno insomma trasformato i successi iracheni di Bush e Petraeus in una doppia sconfitta.Mentre i territori sunniti dell’Iraq sono ridiventati enclavi di Al Qaida, le zone sciite sono state riconsegnate all’influenza iraniana. E ora l’incubo peggiore è di nuovo quello della partizione. I curdi del nord, anche loro ai ferri corti con Maliki, potrebbero rompere con Bagdad innescando uno scontro a tre con sunniti e sciiti capace di l’Iraq dalle carte geografiche.
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