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Italia Oggi Rassegna Stampa
11.04.2017 Una mostra al Jüdisches Museum di Berlino
Commeno di Roberto Giardina

Testata: Italia Oggi
Data: 11 aprile 2017
Pagina: 12
Autore: Roberto Giardina
Titolo: «Il velo e la costituzione tedesca»

Riprendiamo da ITALIA OGGI, del 11/04/2017, a pag.12, con il titolo "Il velo e la costituzione tedesca" il commento di Roberto Giardina

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Roberto Giardina                Jüdisches Museum di Berlino

Quando Angela Merkel nel 2015 andò in udienza dal papa, non si coprì i biondi capelli con un foulard, leggo sulla Zeit. Mi era sfuggito. Invece ho visto che anche Camilla, consorte di Charles, giorni fa, ha stretto la mano al Pontefice a capo scoperto. E suo marito, il principe ereditario, si è limitato a una stretta di mano. Non sono un nobile, né un capo di Stato, ma quando fui presentato a sua madre, la regina, mi limitai anch'io a stringere la mano che mi porgeva, mentre altri si contorcevano in goffe imitazioni di una genuflessione. Non eravamo in un film di cappa e spada. Ciò dimostra che da noi ognuno può fare quel che gli pare, nei limiti dell'educazione, e non viene messo alla porta. Fernanda, mia moglie, quando andammo in Iran, fu costretta a comprare già all'aeroporto di Teheran una sorta di chador light, una specie di accappatoio marrone con cappuccio. A Isfahan mi trovai con lei e una collega italiana in una sala da tè studentesca. Ero l'unico uomo, a parte il gestore del locale che tentava invano di riportare all'ordine le sue giovani clienti, che giocavano con gli sguardi e i riccioli volutamente ribelli. Trovai che l'atmosfera fosse scherzosamente erotica. Fernanda malvolentieri seguì gli obblighi locali. Eravamo ospiti a casa loro. Questo è il punto. E non è un'osservazione originale. I profughi che invadono l'Europa devono rispettare i loro padroni di casa contrari al velo per le donne? Ognuno da una parte e dall'altra agisce e reagisce alla sua maniera, anche perché si fa una grande confusione su cosa sia il velo, il Kopftuch in tedesco. Opportunamente, lo Jüdisches Museum a Berlino ha dedicato al tema, e al problema, una piccola ma interessante mostra dall'ironico titolo «Cherchez la femme» (fino al 2 luglio; Lindestrasse 9; ingresso 8 euro, ridotto tre). La visita comincia con un'installazione video, «male gaze», lo sguardo maschile, una sequenza di occhi, quelli degli uomini da cui la donna dovrebbe essere preservata grazie al velo. In una caricatura, «The lottery of Indecenzy», si mostra un corpo femminile, per metà è nudo, per l'altra è occultato secondo la morale islamica. La donna è sempre un oggetto, per noi e per loro?
Il museo non dimentica le donne ebree: il velo per loro non è però un segno di sottomissione, ma indica se chi lo porta è sposata o no. Basta andare a passeggio per Tel Aviv o Gerusalemme per avere una conferma. Anche le signore nella Sicilia della mia infanzia entravano in chiesa con il velo, e andavano vestite di nero in segno di lutto (tra marito, padre, zii e fratelli, non avevano scampo per anni) Però ricordo benissimo che assistevano alla la messa anche senza. La mostra si conclude con un altro video: una serie di donne musulmane spiega perché portano il velo, non sarebbe un segno di sottomissione ma un simbolo della loro cultura. Sarà vero, non è questo il punto. Vent'anni fa a Berlino le ragazze turche andavano in giro in minigonna. Oggi le loro figlie sfoggiano il velo. Orgoglio nazionale in omaggio a Erdogan, che a casa sua abolisce tutte le conquiste democratiche di cui godono i turchi emigrati a casa di Frau Angela? Forse sbaglio, per me è il simbolo di un'integrazione fallita. Una delle ragazze musulmane nel video afferma: «La Germania non può vietarmi il velo. Lo vieta la Costituzione».
Ma non si può accettare solo quel che pare. La Carta sancisce la parità tra uomo e donna. E i tedeschi vietano alle musulmane che svolgono un lavoro nella pubblica amministrazione di sfoggiare il Kofptuch. Per strada possono andare poi come pare a loro. L'integrazione di milioni di musulmani in Europa passa dalla donna, Neanche quest'osservazione è originale. Finché i ragazzi arabi, o turchi, si rifiuteranno di stringere la mano alla professoressa (è avvenuto a Basilea), finché i padri non manderanno le figlie bambine alle lezioni di nuoto, obbligatorie in Germania, neanche in burkini, non sarà possibile una convivenza non conflittuale. Nel parco del castello di Charlottenburg, mi è venuta incontro una ragazza impegnata nello jogging. in hot pants e i capo coperto dal velo, nell'incrociarmi mi ha sorriso. Era una provocazione, uno scherzo, o era internamente scissa, tra due culture, due mondi?
Non lo so, ma l'incontro avvenne una quindicina d'anni fa. Lei come andrà vestita oggi?

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