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Corriere della Sera Rassegna Stampa
28.10.2017 La 'neolingua' profetizzata da George Orwell sta arrivando
In Francia, e l' Italia imita. Commento di Stefano Montefiori

Testata: Corriere della Sera
Data: 28 ottobre 2017
Pagina: 26
Autore: Stefano Montefiori
Titolo: «La scrittura francese e l'inclusività che diventa illeggibile»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 28/10/2017, a pag.26, con il titolo "La scrittura francese e l'inclusività che diventa illeggibile" il commento di Stefano Montefiori.

L'analisi di Stefano Montefiori la si può tranquillamente inserire nella categoria del "politicamente corretto". Quante mail, cominicati, inviti riceviamo che iniziano con cari/e?  quante desinenze sostiticuiscono la finale  'o' con una 'a', nella convinzione di aver compiuto una 'buona azione' nei confronti delle donne? Ci si mette la coscienza a posto, si continua a ignorare che su metà della terra le donne sono oggetto di persecuzione in stati canaglia, ma noi, civili occidentali, non ce ne occupiamo, l'importante è che le parole vengano stravolte fino a diventare illeggibili - e impronunciabili - come racconta Montefiori.

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Stefano Montefiori

Ecco il pezzo:

Nel manuale scolastico «Interrogare il mondo» compilato dall’insegnante di storia e geografia Sophie Le Callennec e destinato ai bambini francesi della terza elementare, si leggono frasi come questa: «Un.e paysan.ne : un.e agriculteur.rice qui vit simplement». In italiano suonerebbe più o meno così: «Un.a contadino.a: un.a agricoltore.rice che vive semplicemente». Si vuole spiegare agli allievi la differenza tra contadino e agricoltore ma tutta l’attenzione finisce per prenderla quel curioso modo di scrivere pieno di punti, escogitato per ricordare che esistono contadini e contadine, agricoltori e agricoltrici, senza ripetere ogni volta tutta la parola ma variandone solo la parte finale. È una frase che rispetta le raccomandazioni tracciate a fine 2015 dell’Alto consiglio per l’uguaglianza tra le donne e gli uomini, e che hanno dato vita alla nuova «scrittura inclusiva», definita come «l’insieme di attenzioni grafiche e sintattiche che permettono di assicurare una uguaglianza di rappresentazioni tra le donne e gli uomini». Una notevole fatica in più per bambini di 8 o 9 anni, ma anche per gli adulti che sempre più spesso si imbattono nella scrittura inclusiva in certi media progressisti come «Les Inrockuptibles», nei testi delle associazioni femministe, in qualche comunicato ufficiale. L’idea è che riconoscere la supremazia del maschile nella lingua, come è accaduto finora, cristallizza un ingiusto predominio anche nella società. Solo che, nella pratica, scrivere magistrat.e.s oppure étudiant.e.s produce frasi faticose, pesanti, forse più rispettose ma sicuramente più brutte e complicate. L’Académie française, fondata nel 1635 dal cardinale Richelieu e da allora garante di correttezza ed evoluzione della lingua, mette in guardia: «Davanti a questa aberrazione “inclusiva” la lingua francese corre ormai un pericolo mortale, e dovremo renderne conto alle generazioni future».

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lettere@corriere.it

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