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Corriere della Sera Rassegna Stampa
29.09.2017 Ungheria: George Soros vorrebbe i confini aperti
Commento parziale di Federico Fubini

Testata: Corriere della Sera
Data: 29 settembre 2017
Pagina: 8
Autore: Federico Fubini
Titolo: «Soros nemico pubblico in Ungheria. La caccia alle streghe di Orbán»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 29/09/2017, a pag. 8, con il titolo Soros nemico pubblico in Ungheria. La caccia alle streghe di Orbán', il commento di Federico Fubini.

La campagna contro George Soros da parte del governo ungherese non è una caccia alle streghe, perché le attività di Soros influenzano in modo evidente la politica degli Stati e favoriscono l'invasione silenziosa dell'Europa. Il fatto poi he Soros sia anche ebreo di origine ungherese può suscitare antisemitismo, endemico in Ungheria. Peraltro, anche il governo israeliano guidato da Benjamin Netanyahu è critico dell'operato di Soros, finanziatore di Ong dedite alla delegittimazione dello Stato ebraico.

Il commento di Federico Fubini stigmatizza l'atteggiamento del governo ungherese, ma ignora il ruolo di condizionamento di Soros, e risulta quindi parziale.

Ecco l'articolo: 

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Federico Fubini

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George Soros

La lettera che nei prossimi giorni il governo farà recapitare a ogni famiglia ungherese mostra la foto di un uomo di una certa età. È avvolto in una luce fredda e scura che rende sinistro il suo sorriso. Il testo recita: «Questo è George Soros, uno dei più influenti miliardari al mondo. E questo è il suo pericoloso piano: smantellamento della barriera ai confini; insediamento di un milione di migranti all’anno in Ungheria; nove milioni di forint (circa 30 mila euro, ndr ) in sussidi pubblici per ogni migrante». Quindi, ultimata la presentazione, arriva la domanda agli elettori: «Cosa ne pensi? Consultazione nazionale sul piano Soros».

 

 

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Il manifesto contro Soros diffuso in Ungheria un anno fa

Non importa che nessun piano del genere sia mai esistito e Soros non abbia mai detto niente che potesse indurre gli ungheresi a sospettarlo. L’uomo che oggi figura al 29esimo posto della lista dei più ricchi al mondo secondo Forbes , dopo aver donato almeno otto miliardi di dollari per sostenere la transizione verso la democrazia e i diritti umani in un gran numero di Paesi, ha fatto qualcosa di diverso: da anni cerca di convincere gli europei ad accogliere i rifugiati in arrivo e a distribuirli in tutti i Paesi dell’Unione. Questo è bastato al premier ungherese Viktor Orbán per fare di Soros il proprio fantasma. O, più precisamente, per farne il fantasma che l’uomo forte di Budapest agita di fronte agli ungheresi nella speranza di puntellare la propria popolarità. Nei mesi scorsi una campagna del governo di Budapest lo ritraeva in un poster di uno stile che richiama la propaganda antisemita fra le due guerre. La scritta non era da meno: «Non lasciate a George Soros l’ultima risata!». Per il finanziere e filantropo, che oggi ha 87 anni, non è una novità.

Da un quarto di secolo, da quando il suo successo come investitore è tale che statisticamente capita una volta ogni 473 milioni di tentativi, si trova sempre qualcuno disposto ad accusarlo di qualche complotto. Ma questa era dei nuovi nazionalismi degli uomini forti nei Paesi deboli sta trasformando questo riflesso in una sorta di industria politica internazionale. Solo nell’ultimo anno Soros è stato accusato di aver tramato per sovvertire il governo in Macedonia e in Russia, aver finanziato le proteste contro Donald Trump negli Stati Uniti, e aver inventato un inesistente attacco alle armi chimiche in Siria. Sempre lui, avrebbe finanziato i battelli delle organizzazioni non governative che prendevano in carico rifugiati e migranti nel Mediterraneo per portarli in Italia (anche questo è stato più volte smentito). Le ramificazioni dell’industria del complotto non finiscono qui. Poiché alcuni dei progetti sostenuti da Soros riguardano la difesa dei diritti dei palestinesi, anche il premier israeliano Benjamin Netanyahu lo accusa di complottare.

All’inizio di questo mese il figlio di Netanyahu, Yair, ha finito per pubblicare sul suo profilo Facebook un’immagine del miliardario che tiene appeso il mondo alla sua canna da pesca di fronte a una sorta di rettile mostruoso. Yair è stato costretto a cancellare il fotomontaggio quando Haaretz , il quotidiano israeliano, ne ha sottolineato la somiglianza con le immagini della propaganda antisemita degli anni ’30. Era già tardi: l’ex leader del Ku Klux Klan David Duke aveva già rilanciato quel post. Ricco, internazionalista, sostenitore delle società aperte, impegnato per i rifugiati — per di più ebreo — Soros è il nemico perfetto. Orbán sembra odiarlo con la determinazione che si riserva ai nemici intimi e in effetti lo conosce da tempo. Non solo perché Soros è nato in Ungheria, da dove è fuggito nei primi anni di socialismo reale dopo essere scampato ai nazisti. Ma anche perché Orbán ha studiato a Oxford grazie a una delle tante borse di studio offerte dal filantropo. Ora il governo di Budapest cerca di chiudere l’Università dell’Europa centrale che Soros ha finanziato, rende la vita difficile alle associazioni indipendenti non allineate e soffia sul fuoco di un razzismo ormai esplicito. L’Europa e il Partito popolare europeo, al quale Orbán appartiene, tollerano spiegando che senza di lui la deriva ungherese sarebbe persino peggiore. La domanda che resta è fino a dove può portare questo argomento.

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lettere@corriere.it

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