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Corriere della Sera Rassegna Stampa
19.09.2017 30 miliardi di affari italiani in Iran
Commento di Francesco Di Frischia

Testata: Corriere della Sera
Data: 19 settembre 2017
Pagina: 33
Autore: Francesco Di Frischia
Titolo: «L’Iran e i 30 miliardi di affari 'italiani', Trump decide»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 19/09/2017, a pag. 33, con il titolo "L’Iran e i 30 miliardi di affari 'italiani', Trump decide", la cronaca di Francesco Di Frischia.

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Il business dell'Occidente con l'Iran è ricominciato dopo l'accordo voluto da Obama e dall'Europa con Teheran

I 30 miliardi di euro di affari italiani in Iran sono legati alle decisioni di Donald Trump. Il presidente degli Stati Uniti ha annunciato che «presto» sarà deciso il destino dell’accordo sul nucleare siglato nel 2015 da Obama con Teheran. Infatti domani a New York i rappresentanti di Usa, Cina, Federazione Russa, Francia, Germania, Regno Unito e Iran faranno un focus sull’attuazione dell’intesa di due anni fa. Anche se per Trump «ci sono buone chance» per la pace in Medio Oriente, ma ammette il suo scetticismo sull’accordo sul nucleare, dall’altra parte il presidente iraniano Hassan Rohani replica: gli Stati Uniti «pagheranno un prezzo elevato se lasceranno l’accordo e non credo che gli americani siano disposti a pagare per qualcosa che sarebbe inutile». Le sue parole seguono le accuse lanciate a Washington dal suo vice, Ali Akbar Salehi, che parla di «atteggiamento e politiche apertamente ostili». I problemi tra Usa e Iran, però, rischiano di insabbiare le decine di progetti con l’Iran nei cassetti di Cassa depositi e prestiti che ha una grandissima paura di incappare in pesanti sanzioni da parte degli Usa. In gioco ci sono i contratti e gli accordi gia sottoscritti da molte aziende e banche italiane con la Repubblica Islamica. Ieri la situazione mediorientale è stata anche al centro di un incontro tra Trump e il collega israeliano Netanyahu: l’Iran dopo le sanzioni internazionali del 2006 per la corsa al nucleare, ha visto sospendere alcuni provvedimenti con il Trattato del 2015.

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Il Congresso americano recentemente ha però inasprito alcune sanzioni contro Teheran. Se poi Netanyahu dovesse convincere Trump a ritirare l’appoggio Usa all’accordo sul nucleare e a ottobre il Parlamento degli Stati Uniti dovesse decide di appesantire le sanzioni in seguito a nuove infrazioni iraniane, le paure di Cassa depositi e prestiti potrebbero trovare terreno fertile per congelare ancora per chissà quanto tempo gli affari tricolori in terra iraniana. E non è possibile ignorare neanche il fatto che Cdp finanzia una parte sempre più consistente dei suoi progetti sui mercati internazionali dove la sensibilità è particolarmente spiccata quando si sente anche solo lontanamente l’odore di maxi multe: proprio per questo motivo si capisce bene il perché di tanta cautela da parte del presidente di Cdp, Claudio Costamagna. Ma intanto gli altri che fanno? Colossi del calibro di Boeing e General Electric hanno firmato recentemente contratti miliardari proprio con aziende di Teheran. Analogo comportamento anche da Francia e Corea del Sud. Per questo sia dal ministero dell’Economia (che controlla 82,77% di Cdp) che dal ministero dello Sviluppo economico c’è molto nervosismo verso i vertici di Cassa depositi e prestiti. E inutili si sono rivelati i tanti tentativi di convincere Cdp promossi anche dai ministri Pier Carlo Padoan e Carlo Calenda. In Iran l’Italia è ferma, ma dopo mesi di braccio di ferro, qualcosa sembra muoversi: il governo sta studiando soluzioni alternative. Tra queste non è escluso che si ricorra a procedure di due diligence (la verifica dei bilanci ndr ) da parte di società di Teheran per disinnescare eventuali contestazioni mosse dal governo Usa. L’economia intanto sta crescendo, ma una soluzione per scongelare gli affari con l’Iran va trovata. Magari presto, per evitare che altri siano più veloci di noi.

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