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Corriere della Sera Rassegna Stampa
01.09.2017 Venezia: il regista libanese rifiuta di rispondere al giornalista israeliano
Recensione e commento di Valerio Cappelli

Testata: Corriere della Sera
Data: 01 settembre 2017
Pagina: 48
Autore: Valerio Cappelli
Titolo: «Doueiri, il regista che non può parlare con gli israeliani»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 01/09/2017, a pag. 48, con il titolo "Doueiri, il regista che non può parlare con gli israeliani" la recensione di Valerio Cappelli.

Bene fa Valerio Cappelli a riportare quanto è accaduto ieri a Venezia quando un giornalista israeliano ha posto una domanda al regista libanese Ziad Doueri e questi, per non riconoscere un interlocutore dello Stato ebraico, non gli ha risposto. Nel mondo dell'arte e del cinema atteggiamenti del genere dovrebbero essere duramente sanzionati. Il fatto che il regista libanese abbia ricevuto minacce non può essere in alcun modo una giustificazione.

Ecco l'articolo:

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Valerio Cappelli

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Ziad Doueri

Prima dell’incontro si invitano i giornalisti a dire anche il paese di provenienza. Il regista libanese Ziad Doueiri, autore dell’applauditissimo The Insult , non risponde a domande rivolte da cronisti di nazionalità israeliana. Così quando Amir Kaminer, del giornale più influente del suo paese, Yedioth Ahronoth , pone un quesito, al posto dell’autore con uno scatto da centometrista prende il microfono la coproduttrice francese Julie Gayet, compagna dell’ex presidente Hollande. Ha i capelli raccolti, un po’ defilata, in sala passa inosservata, si limita a poche parole: «Siamo partiti da una storia piccola ma volevamo realizzare un film universale». Ambientato a Beirut, il film racconta di una banale lite, che finisce in tribunale infiammando l’intero paese, tra un cristiano e un palestinese. «Due persone normalissime in circostanze straordinarie. Se fossero state donne, avrebbero trovato la soluzione e non avrei girato il film».

 

Nessuno in Libano ha l’esclusiva della sofferenza, sullo sfondo la mancata riconciliazione nazionale dopo la guerra del ’90, ferite non rimarginate. Julie Gayet al Lido fa di tutto per non sollevare un «caso» politico. Per legge, un cittadino di nascita libanese non può avere contatti ufficiali con uno israeliano (rischia fino a tre anni di carcere). Ziad Doueiri ha studiato in America ma le sue radici e la sua ispirazione sono radicate in Libano. Ha avuto molti problemi quando, cinque anni fa, girò in Israele The Attack , la storia di un chirurgo israelo-palestinese felicemente sposato: scoprirà che sua moglie è l’autrice di un attentato kamikaze a Tel Aviv. Un film di propaganda anti-bellica, lui sarebbe stato minacciato di morte per non aver boicottato Israele. Ieri ha evitato altri guai. «Ero stato avvisato dalla produzione del film — dice il giornalista israeliano — che non avrei potuto fare domande al regista, ho risposto che devo fare il mio lavoro e siamo in democrazia. La cosa assurda è che nella mia domanda avevo definito commovente il suo film».

Per il regista la prudenza è d’obbligo; rivela di essere «cresciuto nella parte di Beirut che ha combattuto per la Palestina. Io e mia moglie, Joelle Touma, con cui ho scritto la sceneggiatura, siamo di etnie diverse, ma ci siamo scambiati il campo ed è lei ad aver scritto le scene pro-palestinesi». Sorride: «Siamo stati sul punto di divorziare. Sono cresciuto in una famiglia di avvocati e giudici. The Insult riflette il modo in cui sono stato educato».

Per inviare al Corriere della Sera la propria opinione, telefonare: 02/62821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@corriere.it

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