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Corriere della Sera Rassegna Stampa
05.12.2016 La cronaca di Davide Frattini è consolatoria, ma manca una partte della realtà
La storia del pompiere di Ramallah

Testata: Corriere della Sera
Data: 05 dicembre 2016
Pagina: 19
Autore: Davide Frattini
Titolo: «Pompieri, non nemici»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 05/12/2016, a pag. 19, con il titolo "Pompieri, non nemici", l'analisi di Davide Frattini.

Non c'è niente di male a sottolineare, come fa Frattini, la collaborazione di alcune decine di pompieri dell'Anp con Israele per circoscrivere e spegnere gli incendi che hanno devastato lo Stato ebraico. Allo stesso modo, però, occorreva scrivere a chiare lettere che quella degli incendi è una ennesima offensiva del terrorismo palestinese. Frattini dedica un intero articolo ai pompieri di Ramallah, una riga ai terroristi.

Ecco l'articolo:

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Davide Frattini

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Un incendio devasta la periferia di Haifa

Majd non era mai stato dall’altra parte, dove il padre ha vissuto fino a ventinove anni fa per poi essere espulso, arabo e comunista. Così quando il comandante ha chiesto se c’erano volontari, Majd ha risposto «io», sua madre al telefono l’ha incoraggiato «è giusto, fai il tuo dovere», suo padre gli ha ordinato di non andare. «Non l’ho ascoltato. A bruciare era anche la casa dov’è cresciuto, dovevo proteggerla». È salito con altri quaranta pompieri palestinesi sugli otto camion in partenza da Ramallah e nella notte è arrivato sulle colline attorno a Gerusalemme. Spalla a spalla con gli israeliani, in fila uno dietro l’altro a sbrogliare le pompe dell’acqua, accompagnati da un ufficiale dell’esercito che questa volta li scortava come alleati. I primi a essere stupiti sono stati i pompieri israeliani, hanno visto arrivare gli uomini della Protezione civile palestinese, i caschi gialli, le divise blu e quella bandiera cucita sulla spalla. Così stupiti da celebrare con gli autoscatti l’incontro di una settimana fa, le facce sporche di fuliggine, il flash dei telefonini che illumina la notte dove non arriva il rossore delle fiamme.

«Abbiamo lavorato vicino a una centrale elettrica — racconta Majd —, per impedire che venisse raggiunta dal fuoco. Sapevamo che dentro erano rimasti intrappolati i tecnici, almeno una decina. Quando siamo riusciti a liberarli, ci hanno abbracciato e ringraziato». Altre brigate inviate dall’Autorità sono intervenute contro gli incendi che hanno circondato la città di Haifa, 70 edifici e 500 appartamenti sono stati danneggiati e sono ancora inabitabili. Adesso che la pioggia è caduta e l’emergenza rientrata, la decisione del presidente Abu Mazen di aiutare il «nemico» è criticata nei comizi via Facebook.

«Migliaia di giovani sono morti per difendere la Palestina, soccorrere gli israeliani è tradimento», scrive Mohammad. «È la resistenza pacifica? Sperate che i coloni se ne andranno con queste azioni?», commenta Ismail Al Zabadi. «I nostri pompieri non sono stati creati per proteggere gli israeliani», proclama Ammar Hamzeh. Anche il ministero degli Esteri palestinese ha protestato con il governo israeliano perché nel biglietto di ringraziamenti pubblico alle nazioni che hanno inviato le squadre manca solo la bandiera della Palestina e il contributo di Ramallah è stampato piccolo piccolo. In realtà la diplomazia dei pompieri ha prodotto come risultato la telefonata del premier Benjamin Netanyahu ad Abu Mazen, un contatto raro da quando i negoziati sono stati congelati nell’aprile del 2014. Youssef Nasser dice di non essere un politico, anche se ha passato con Yasser Arafat i mesi dell’assedio israeliano, fino alla morte del raìs nel novembre di 12 anni fa.

Del leader palestinese è stato il pilota personale, prima che i tre elicotteri in dotazione restassero intrappolati nella Striscia ad arrugginirsi per la salsedine. Da due anni comanda la Protezione Civile ed è stato lui a organizzare i gruppi. «La nostra missione è proteggere i civili. Combattere insieme i disastri offre speranza». Il governo israeliano è convinto che almeno una ventina di incendi sia opera di «piroterroristi», accusati sono gli arabi israeliani che vivono nel Nord del Paese (il 10% dei 280 mila abitanti di Haifa) o i palestinesi. «Assurdo, le fiamme non rispettano le frontiere — dice Majd —. I due popoli vivono stretti uno all’altro. Perché un palestinese dovrebbe rischiare di bruciare il suo villaggio?».

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