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Libero Rassegna Stampa
26.03.2024 Parla l’ambasciatore Alon Bar
Intervista di Fausto Carioti

Testata: Libero
Data: 26 marzo 2024
Pagina: 18
Autore: Fausto Carioti
Titolo: «Così è stata infettata l'UNRWA»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 26/03/2024, a pag. 18 la cronaca di Fausto Carioti dal titolo “Così è stata infettata l'UNRWA ”


Fausto Carioti

UNRWA a Gaza, infiltrata dal terrorismo di Hamas a tutti i livelli. Un rapporto illustrato dall'ambasciatore israeliano a Roma, Alon Bar, mostra come Hamas controlli addirittura le assunzioni dell'agenzia ONU. I finanziatori europei non hanno mai smesso di finanziarla, quindi sono complici

«Non si tratta di poche mele marce». Hamas si è infiltrato dentro l’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per profughi palestinesi, in maniera molto più estesa di quanto si credesse. Lo rivela un rapporto diffuso dal governo di Gerusalemme, illustrato ieri dall’ambasciatore di Israele a Roma, Alon Bar. Da qui, l’avvertimento: la cosa migliore sarebbe sostituire l’Unrwa, «che non è neutrale», con un’altra entità, non collusa con gli ideatori dei massacri del 7 ottobre. Ma se questo non fosse possibile, i finanziatori dell’agenzia, europei e non, dovrebbero smettere di darle soldi finché non avrà cambiato leadership e potrà garantire che ognuna delle sue strutture nella Striscia di Gaza – a partire dalle scuole e dagli ospedali – non è usata come base o deposito di armi dagli uomini di Hamas. Cosa che l’Unrwa, sinora, non ha mai fatto. Così come, rimarca l’ambasciatore, nessuno dei suoi rappresentanti ha mai parlato per condannare i crimini di Hamas.
Insomma, non ci sono solo i dipendenti dell’Unrwa che ebbero un ruolo attivo nel massacro e nei rapimenti dei civili. Israele ne ha contati «almeno tredici», dei quali elenca nomi, fotografie e responsabilità. A loro, spiega il rapporto, ne vanno aggiunti almeno due, che fornirono supporto logistico ai terroristi. In tutto, però, i lavoratori dell’Unrwa che sono anche «membri attivi» di Hamas, dunque non semplici simpatizzanti, oppure del Jihad islamico palestinese, gruppo paramilitare finanziato da Hezbollah, secondo Israele sono 1.468. Di costoro, 185 appartengono alle forze armate di Hamas e 51 a quelle del Jihad islamico. E siccome gli impiegati dell’agenzia Onu, in tutto, sono tredicimila, significa che appartiene ad una delle due entità terroristiche il 12 per cento di loro.
I legami familiari agevolano la compenetrazione: il 50 per cento dei dipendenti dell’Unrwa ha rapporti di parentela di primo grado con i membri di una delle due organizzazioni. Non c’è quindi da stupirsi se, come si legge nel documento, «Hamas partecipa alla commissione che fa le assunzioni nell’Unrwa».
Sono anni, racconta l’ambasciatore, che Israele denuncia casi di infiltrazione alle Nazioni Unite ed alla stessa agenzia. «Eppure la loro preoccupazione non è mai stata quella di aprire un’indagine, come sarebbe stata loro responsabilità fare, ma di capire in che modo ci fossimo procurati quelle informazioni, e ci chiedevano di portare prove, senza le quali loro non avrebbero fatto nulla».
Nemmeno la presenza di arsenali o di basi terroristiche nelle immediate vicinanze o addirittura all’interno delle scuole dell’Unrwa è stata ritenuta motivo soddisfacente per indagare su chi lì lavorava.
L’indagine interna è stata aperta solo dopo che si è scoperto che dodici dipendenti dell’agenzia avevano preso parte ai massacri del 7 ottobre, e quando Israele ha portato all’attenzione i nomi di altri cinque E adesso l’Unrwa, prosegue Bar, dopo aver voluto il monopolio perla distribuzione dei beni e dei medicinali nella striscia di Gaza, si rifiuta di fare tutto quello che dovrebbe perconsegnare gli aiuti umanitari. I suoi dipendenti sostengono che lavorare negli orari notturni o nel nord della Striscia è troppo pericoloso. «La situazione a Gaza è terribile, non lo nego», dice l’ambasciatore, «ma il comportamento dell’Unrwa fa il gioco di Hamas, che vuole poter dire che è impossibile consegnare gli aiuti umanitari. Questo serve a creare pressione internazionale su Israele affinché accetti il cessate il fuoco».
Bar riconosce che l’atteggiamento dei leader europei verso Israele sta cambiando. Il documento finale del Consiglio Ue che si è tenuto a Bruxelles lo scorso fine settimana, accanto alla «liberazione senza condizioni di tutti gli ostaggi» da parte di Hamas, chiede infatti (rivolgendosi in questo caso ad Israele) «una pausa umanitaria immediata» ed esprime «profonda preoccupazione per la catastrofica situazione umanitaria a Gaza e il suo effetto sproporzionato sulla popolazione civile». Il diplomatico, però, vede il lato positivo: «Sappiamo che in questo momento non siamo popolari. Ma il mutamento di posizione è più lento di quanto pensassi. E comunque non siamo davanti ad un cambiamento fondamentale di opinione nei confronti di Israele e del suo diritto ad esistere.
Siamo in una fase di dialogo critico, come già accaduto in passato».
L’operazione militare nella striscia di Gaza, ha confermato il rappresentante del governo di Gerusalemme, proseguirà fin quando non saranno liberati gli ostaggi «ed Hamas non sarà più in condizione di minacciare Israele». Questo interessa anche Rafah, la città a sud della Striscia, al confine con l’Egitto: nessuno, in Israele, vorrebbe spingersi sin laggiù, ma l’esercito israeliano non può permettere che quella diventi la base in cui Hamas si riorganizza.

 

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