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Libero Rassegna Stampa
16.03.2024 I compagni e l’istinto di imbavagliare tutti, adesso tocca a Maurizio Molinari
Commento di Daniele Capezzone

Testata: Libero
Data: 16 marzo 2024
Pagina: 1/3
Autore: Daniele Capezzone
Titolo: «I compagni e l'istinto di imbavagliare chi la pensa diversamente»

Riprendiamo da LIBERO di oggi 16/03/2024, a pag.1/3, con il titolo "I compagni e l'istinto di imbavagliare chi la pensa diversamente", il commento di Daniele Capezzone.

Confessioni di un liberale. Daniele Capezzone al Caffè della Versiliana  Giovedì 14 luglio, ore 18:30 - Versiliana Festival
Daniele Capezzone

Molinari contestato dai collettivi studenteschi dell'università Federico II di Napoli, al grido di "fuori i sionisti dalle università". La tolleranza secondo i compagni

Credo di conoscere direttamente e piuttosto bene, come forse qualche lettore ricorderà, il tema delle aggressioni violente volte a impedire una conferenza in un’università o a minacciare personalmente un relatore: a me capitò alla Sapienza, nell’ottobre 2022, partecipando a un convegno dei giovani di Azione Universitaria, che poi si svolse sotto l’assedio di qualche centinaio di estremisti di sinistra. Nelle ore e nei giorni successivi – in una surreale inversione delle parti – a meritare la solidarietà dei media e della politica, in particolare a sinistra, furono naturalmente i facinorosi e gli aggressori, non certo gli aggrediti.
Non consola – al contrario: inquieta e amareggia – il fatto che ieri a Napoli sia stato vittima di un trattamento analogo il direttore di Repubblica Maurizio Molinari, che merita dunque la nostra piena e incondizionata solidarietà, esattamente come David Parenzo, a sua volta oggetto di un atto di squadrismo rosso la settimana scorsa alla Sapienza.
E fa piacere che – stavolta – anche il Capo dello Stato abbia pronunciato parole chiare.
L’andazzo è letteralmente insopportabile: ormai, i gruppi di estremisti di sinistra pensano di detenere il diritto di stabilire chi sia autorizzato a parlare e chi invece non lo sia.
E dall’ottobre scorso questa pretesa è stata perfino inasprita e incanaglita con riferimento alla situazione in Medio Oriente: chiunque parli o sia sospettato di voler parlare a favore di Israele rischia di essere preventivamente imbavagliato.
È l’ora di chiamare le cose con il loro nome: si tratta di comportamenti intolleranti per noi totalmente irricevibili. Non chiamateli “fascisti”, per favore: si tratta di piccoli estremisti rossi, e come tali occorre inquadrarli e qualificarli. Né si deve cadere nella trappola retorica dei loro difensori, lestissimi a invocare un presunto “diritto al dissenso”.
E ovviamente quest’ultimo è un concetto sacro in democrazia: ma un conto è dissentire da una posizione altrui ed eventualmente opporvisi, altro conto è tentare di impedire con la violenza che essa possa essere espressa.
Dunque, qui a Libero, rivendichiamo un criterio chiaro, univoco, senza tartufeschi doppi standard: chiunque voglia sopprimere la libertà di parola altrui è un nemico della democrazia. Punto. Siamo peraltro in presenza di una “tecnica” ormai codificata e collaudatissima nelle università americane e britanniche: il cosiddetto no platforming (o de-platforming) consiste infatti nelle azioni voltea impedire che opinioni e voci “sgradite” possano partecipare a dibattiti, convegni, eventi. Insomma, se un libro si censura in modo tradizionale, a una persona si impedisce di prendere la parola: o disinvitandola, o costringendola a fare un passo indietro (com’è accaduto ieri a Molinari), o impedendo materialmente l’evento.

AMARCORD

I precedenti, pure in Italia, già non mancavano purtroppo, ben prima del caso che mi riguardò personalmente: nel 2019 al giornalista Fausto Biloslavo fu impedito da un gruppo di facinorosi di sinistra di tenere una conferenza all’università di Trento; e ancora prima, tra fine 2007 e inizio 2008, una lettera di protesta di 67 docenti (poi sottoscritta da una valanga di altri professori universitari, e seguita da una raffica di manifestazioni di collettivi studenteschi) aveva portato Joseph Ratzinger, papa Benedetto XVI, a declinare l’invito che gli era stato originariamente rivolto dal rettore dell’università La Sapienza di intervenire alla cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico. Erano avvisaglie gravissime e clamorose: ma allora – almeno – si trattava in qualche misura di episodi isolati.
Invece adesso ormai siamo in presenza di un metodo, e i casi – dagli Usa al Regno Unito – non si contano più da almeno quattro-cinque anni, in qualche circostanza anche con atti di violenza fisica e plateale bullismo. L’anno scorso, il quotidiano londinese Sunday Times ha pubblicato un appello di circa duecento accademici britannici contro questo andazzo, e il giornale ha aggiunto un impressionante servizio sui professori o comunque sui relatori variamente minacciati (perfino di morte) solo in virtù delle loro opinioni, o delle idee che avrebbero presumibilmente potuto esprimere in una imminente conferenza. In altre situazioni (e la cosa – a ben vedere – è perfino più grave) è stata sufficiente l’intimidazione preventiva, con le autorità universitarie che si sono piegate nel timore di guai peggiori, e hanno provveduto a ritirare un invito o a cancellare un convegno.
Certo, resta una questione che qui non possiamo – per un malinteso senso di eleganza – occultare. A sinistra, per un tempo tutt’altro che breve, gli autori di queste pratiche sono stati giustificati, allevati, coccolati, vezzeggiati. C’è da augurarsi che adesso, quando sono perfino personalità di notorie convinzioni progressiste a essere oggetto di questi metodi, pure da quelle parti ci sia un sussulto di consapevolezza. Nel caso, perfino questa sorta di sgradevole nemesi potrebbe almeno rivelarsi utile a qualcosa.
Resta – non ultimo per rilievo– il caso della professoressa Donatella Di Cesare, che ieri ha levato alti lai per ché, durante una sua lezio ne, alcuni giovani di Forza Italia, a onor del vero in modo silenzioso e pacifico, hanno mostrato le foto di vittime delle Br, in chiara polemica con il ricordo – ambiguo ed emozionato – che la docente aveva lasciato a verbale sui suoi canali social dopo la morte di Bar bara Balzerani.

CORSI E RICORSI

Qui restiamo del parere che le lezioni non andrebbero mai interrotte o disturbate in alcun modo: ma è curioso che una intellettuale di ultrasinistra, sempre ipersensibile alle idee e alle ragioni degli studenti (a patto che coincidano con le sue), stavolta abbia prote stato in modo vibrante. Solita storia, solito doppio standard, solita sinistra. La morale? I compagni non cambiano mai: per loro, l’istinto dell’imbavagliamento del “nemico” rimane un eccitante irresistibile.

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