lunedi` 29 aprile 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Libero Rassegna Stampa
05.03.2024 Israele contro l’ONU, che scopre gli stupri dopo sette mesi
Cronaca di Mirko Molteni

Testata: Libero
Data: 05 marzo 2024
Pagina: 3
Autore: Mirko Molteni
Titolo: «Israele contro l’Onu che scopre gli stupri dopo sette mesi»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 05/03/2024, a pag. 3 con il titolo "Israele contro l’Onu che scopre gli stupri dopo sette mesi" la cronaca di Mirko Molteni. 

Mirko Molteni
Mirko Molteni


«Ci sono buone ragioni per credere che vi siano state violenze sessuali, compresi stupri, durante gli attacchi di Hamas del 7 ottobre» ha dichiarato la rappresentante speciale delle Nazioni Unite, Pramila Patten. Come sempre l'ONU arriva in gravissimo ritardo, dopo che la campagna di demonizzazione di Israele ha già fatto il suo corso

Israele ha definitivamente perso la pazienza con l’Onu e i suoi silenzi sui movimenti terroristici palestinesi. Ieri, il ministro degli Esteri Israel Katz è arrivato al punto da richiamare l'ambasciatore alle Nazioni Unite, Gilad Erdan, per protestare contro «il silenzio dell’Onu sugli stupri di massa compiuti dai terroristi di Hamas nell'attacco del 7 ottobre». Proprio ieri sera, a cinque mesi dal maxi-attentato terroristico, l’Onu ha pubblicato un rapporto che suona beffardo: «Ci sono buone ragioni per credere che vi siano state violenze sessuali, compresi stupri, durante gli attacchi di Hamas del 7 ottobre». La missione guidata dalla rappresentante speciale delle Nazioni Unite, Pramila Patten, ha raccolto «informazioni chiare e convincenti» secondo le quali alcuni ostaggi sarebbero state violentati.
«Abbiamo buone ragioni di credere che simili violenze siano ancora in corso» ha aggiunto. Tra le difficoltà incontrate, Patten ha elencato «la mancanza di fiducia dei sopravvissuti agli attacchi del 7 ottobre e delle famiglie degli ostaggi verso le istituzioni internazionali, tra cui l’Onu».
«La reale portata delle violenze sessuali nel corso degli attacchi del 7 ottobre potrebbe richiedere anni e potrebbe non essere mai realmente conosciuta», conclude il rapporto Onu.
Se Gerusalemme non si fida del carrozzone terzomondista di Guterres, figuriamoci come si sente nei confronti di Hamas: il governo Netanyahu ha rifiutato di far tornare al Cairo la sua delegazione per i negoziati con la mediazione di Egitto, Stati Uniti e Qatar. Motivo, il movimento palestinese non ha ancora mostrato una lista degli ostaggi israeliani da liberare.
Un funzionario di Hamas, Basim Naim, ha detto alla Bbc che «non possiamo dare a Israele una lista degli ostaggi ancora in vita perché non sappiamo quanti siano e dove si trovino né se siano vivi». Secondo il Wall Street Journal, da fonti di Egitto e Qatar, il comandante di Hamas nella Striscia di Gaza, Yahya Sinwar «non è più in contatto coi vertici del movimento da una settimana» e che il suo ultimo messaggio diceva che «non ci dovrebbe essere fretta per un accordo».
Sinwar spererebbe «in un’avanzata israeliana su Rafah durante il mese sacro islamico del Ramadan», per spingere alla ribellione tutti i palestinesi in Israele e Cisgiordania. La ricostruzione collima con gli appelli alla guerra santa che il portavoce di Hamas Osama Hamdan, ha lanciato nelle scorse ore: «I palestinesi dovrebbero trasformare in uno scontro ogni momento del Ramadan. E i nostri fratelli nei paesi arabi devono prendere l'iniziativa per rompere l'assedio di Gaza». Se Hamdan invita tutti gli arabi a sollevarsi contro lo stato ebraico nel Ramadan, che inizia il 10 marzo, un altro funzionario di Hamas, sotto anonimato, sostiene che «se è improbabile un accordo durante la settimana, il momento propizio potrebbe essere il fine settimana, a inizio Ramadan». Non è chiaro se la volontà di tregua e gli appelli al jihad costituiscano un voluto “doppio binario”, oppure dimostrino confusione e divisioni interne ad Hamas.
Mentre è in visita in America il ministro israeliano Benny Gantz, rivale del premier Benjamin Netanyahu, la vicepresidente Usa Kamala Harris ha fatto pressioni dicendo che «ci dev’essere un cessate il fuoco immediato di 6 settimane, per liberare gli ostaggi e far arrivare gli aiuti ai civili».
In Israele s’è innescato un giallo sulle presunte dimissioni dei maggiori portavoce militari, il contrammiraglio Daniel Hagari, il tenente colonnello Richard Hecht e i loro collaboratori Merav Granot e Tzupia Moshkovich.
Per l'esercito «la notizia è infondata», Hagari rimarrebbe, mentre agli altri sarebbe solo scaduto l'incarico.
In serata, Netanyahu ha annullato, ufficialmente perché «indisposto da un’influenza», una riunione di sicurezza per valutare rischi di ribellioni durante il Ramadan. Sul campo, i soldati della 98° Divisione hanno occupato covi di Hamas nel quartiere Hamad di Khan Yunis, sequestrando depositi di armi e basi di intelligence.
Sul fronte del Libano, Hezbollah denunciano «tentativi d'infiltrazione di israeliani».

Per inviare a Libero la propria opinione, telefonare: 02/99966200, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@liberoquotidiano.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT