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Riprendiamo da LIBERO di oggi, 27/05/2017, a pag. 2, con il titolo "La radice dell'odio è nella loro fede", l'analisi di Carlo Panella.
Questa strage e le sue vittime, ci dicono tutto sugli autori, venga o non venga una rivendicazione ufficiale: sono i membri di quella non piccola parte dell'Islam che si rifà agli insegnamenti di Mohammed Wahab, che considera i cristiani «nemici della Vera Fede», apostati e degni di morte per il loro culto dei santi, della Madonna e della Santa Trinità. Un Islam egemone in Arabia Saudita, dove sei arrestato e condannato se solo porti una croce al collo, ma anche in Pakistan e Afghanistan, come pure in Indonesia, nello Stato di Anceh. Un Islam che non è sicuramente maggioritario, ma che ha centinaia di migliaia di seguaci nel mondo. Un Islam che è causa della persecuzione dei cristiani nel mondo islamico che fa una media di tre nostri -e uso volutamente questo termine- martiri ogni giorno. In Egitto poi, e in specie nell'Alto Egitto, dove si è consumata la strage, queste follie islamiche si intrecciano con millenarie tensioni etniche, tra le popolazioni autoctone, appunto i copti, e le successive migrazioni di ceppi arabi. Ma queste stragi si ripetono anche perché è totalmente fallita la promessa del presidente Fattah al Sisi di proteggere i cristiani e sconfiggere il terrorismo. Quella stessa arrogante e crudele inefficienza dei dirigenti delle forze di sicurezza, degli uomini di maggior fiducia di al Sisi, che abbiamo visto operare nel «caso Regeni», caratterizza l'azione dell'antiterrorismo egiziano. A tre anni dalla presa del potere, al Sisi non è minimamente riuscito a sradicare i gruppi di jihadisti che non solo fanno saltare l'una via l'altra le chiese cristiane durante le sacre funzioni, ma che tengono in scacco l'esercito egiziano nelle poche e delimitate zone abitate del Sinai, provocando la morte in attentatie persino in combattimenti diretti di più di 500 militari egiziani. Regime corrotto, come quelli precedenti, nonostante il suo autoritarismo, nel contrasto al jihadismo quello di al Sisi si dimostra uguale o peggiore di quello di Hosni Mubarak o di quello dei Fratelli Musulmani di Mohammed Morsi, che ha detronizzato. Un'inefficacia, una debolezza, che hanno dello spaventoso e che ci riportano al dato drammatico: questo terrorismo jihadista nasce dentro un Islam che non ha in sé la forza, la capacità e la determinazione per espellerlo dal suo corpo, anche se a parole lo condanna. Per inviare la propria opinione a Libero, telefonare 02/999666, oppure cliccare sulla e-mail sottostante lettere@liberoquotidiano.it |
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