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Libero Rassegna Stampa
23.03.2017 Erdogan nemico dell'Europa e della libertà
Analisi di Filippo Facci

Testata: Libero
Data: 23 marzo 2017
Pagina: 1
Autore: Filippo Facci
Titolo: «Insistono a coccolare il tiranno di Ankara»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 23/03/2017, a pag. 1-4, con il titolo "Insistono a coccolare il tiranno di Ankara", l'analisi di Filippo Facci.

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Filippo Facci

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Il modello di donna voluto da Erdogan e dagli islamisti: "Ho passato mezzora provando a parlare con loro, per conoscere meglio la loro cultura... finché il barista mi ha interrotto, dicendomi che stavo parlando con degli ombrelloni"

Nella migliore delle ipotesi, Recep Erdogan porta sfiga: ma le battute finiscono qui, a meno di trovare divertenti certe letture delle sue parole di ieri. Che sono queste: «Se l’Europa dovesse continuare in questo modo, nessun occidentale potrà fare un passo in sicurezza, con serenità, in strada, in nessuna parte del mondo». L’attentato di Londra è di quattro ore dopo, ma nessuno - nelle home page dei quotidiani, nei telegiornali italiani della sera - ha individuato un link tra i due fatti. Di nessun genere. Magari, ecco, si è colpevolizzatala decisione anglosassone di censurare tablet e telefoni sugli aerei. Oppure, in un’Europa appena lievemente rincoglionita, non mancava chi leggeva le parole di Erdogan non come una minaccia o un’esortazione - come sembravano, anzi, erano - ma come un invito alla prudenza, anzi, a servirsi semmai della Turchia come avamposto contro il terrorismo.

Ecco perché è stato sbagliato - questa la lettura - trattarla male come hanno fatto Olanda e Germania nell’impedire ai ministri turchi di tenere i loro comizi. Eppure la conferma che Erdogan stava semplicemente delirando, ieri, è parsa inequivocabile dopo che il satrapo ha aggiunto, a fine discorso, che «noi, come Turchia, chiediamo all’Europa di rispettare i diritti umani e la democrazia». Il che, soprattutto oggigiorno, equivale ad Attila che chiedesse di non calpestare l’erba. Comunque Erdogan non parlava del terrorismo internazionale: parlava proprio della Turchia, delle sue eventuali ritorsioni contro l’Occidente: «Non è un paese che si può bistrattare, con il cui onore si può giocare, di cui si possono espellere i ministri». L’ha detto parlando ad Ankara. Erdogan, ricordiamo, aveva appena accusato la cancelliera Angela Merkel di «pratiche naziste» e, a proposito degli ulteriori 149 giornalisti incarcerati in Turchia, li aveva liquidati come «assassini, ladri, pedofili, truffatori e terroristi». Tutti, anche il corrispondente turco-tedesco di Die Welt.

Ma per ricordare come Erdogan abbia trasformato il suo paese in uno di stato di polizia (religiosa, che è peggio) servirebbe mezza pagina, ora: si fa prima a registrare, per l’ennesima volta, la molle reazione europea di fronte a un dittatore che parla come il capo dell’Isis. Il neo presidente della Germania, Frank-Walter Steinmeier, nel suo discorso inaugurale ha detto che Erdogan «mette a rischio anni di successi» (successi, sì) e poi ha espresso «preoccupazione sul fatto che tutto ciò che è stato costruito venga distrutto». Notare: è data come un’eventualità, come qualcosa che deve ancora accadere. Ciò che ha fatto Erdogan, sinora, non basta ancora. Comea dire: a entrare in Europa, con i suoi 75 milioni di musulmani, la Turchia fa ancora in tempo.

Anche i più critici, ora, parlano come se il lupo Erdogan fosse stato un agnello sino a ieri sera: come se non avesse sempre regnato su un partito che si chiama «islamico» dopo esser stato condannato e imprigionato (1998) perincitamento all’odio religioso: «Le moschee sono le nostre caserme, le cupole i nostri elmetti, i minareti le nostre baionette e i fedeli i nostri soldati». Questo cantava Erdogan, il promesso europeo: è dal 2003 che ha avviato le procedure con la Ue. Intanto diceva che uomini e donnenon sono uguali, sua figlia Summeyye (erede politica) aggiungeva che il compito dell’uomo era «portare il pane a casa e mantenere la moglie e i figli», sua moglie Emine ribadiva che le turche dovrebbero trarre ispirazione dagli harem «che preparavano le donne alla vita».

Questo ben prima che la Turchia esportasse armi in Siria. Ma già Erdogan chiudeva giornali, incarcerava giornalisti e scrittori, censurava internet, discriminava le minoranze, re-islamizzava il Paese nell’indifferenza dei mercatisti che guardavano alla Turchia solo come, appunto, mercato. I vari Emma Bonino, Romano Prodi, Franco Frattini, Silvio Berlusconi, Giorgio Napolitano, Mario Montie tutto il governo Renzi: li abbiamo già menzionati in passato; l’ingresso della Turchia in Europa a loro dire era un toccasana, c’era sempre tempo. Ora nessuno dei summenzionati ha cariche di potere. A parte Erdogan, un uomo dicui sentiremo ancora parlare. Moltissimo.

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