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Panorama Rassegna Stampa
09.06.2008 Gli ebrei americani preoccupati da Obama
l'analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: Panorama
Data: 09 giugno 2008
Pagina: 100
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Dubbi irrisolti su Obama»

Da PANORAMA del 9 giugno 2008:

Mentre Barack Obama si avvia alla battaglia contro John McCain, più di 6 milioni di ebrei americani lo studiano, valutano il suo distacco da Jeremiah Wright, il predicatore antisemita guida spirituale della sua chiesa, la Trinity united baptist church di Chicago, frugano nel suo passato chiedendosi quale sia stato il legame con l’Islam, sua religione d’origine, soppesano le sue dichiarazioni su Israele e la minaccia di annientamento dell’Iran. Obama ha ripetuto il suo «chiaro e forte impegno per Israele, il nostro più forte alleato nella regione e l’unica democrazia dell’area».

Il quotidiano New York Sun, benché di tradizione neocon, ha più volte ripetuto che si deve guardare senza pregiudizi al candidato democratico. Ma le cose si sono complicate quando Obama ha dichiarato che vorrebbe con sé due consiglieri, i senatori Dick Lugar e Chuck Hagel, che il 24 maggio 2001 negarono il loro voto alla legge contro i finanziamenti alla Libia e all’Iran, sospettati di usarli per finanziare il terrore. Gli stessi si professarono a favore delle visite di Yasser Arafat negli Usa durante l’intifada, mentre altri 87 senatori firmavano una lettera contro.

Il 22 maggio, allora, Obama è andato in visita al gruppo Bna’i Torah di Boca Raton, Florida, per rassicurare sulla sua politica estera: di fatto, ha in parte recuperato terreno descrivendo la fragilità del piccolo Israele che «giace fra la Cisgiordania e il Mediterraneo». Ma ha poi ribadito la sua posizione sull’Iran: «Otto anni di frizione non hanno reso la situazione di nessuno più sicura». E qui sta il punto.

Il problema non è tanto l’impegno verso Israele, quanto le posizioni sulla questione della sicurezza, quindi sul rapporto con l’Iran, il finanziamento del terrore, il disprezzo per i diritti umani e la questione atomica. Qui gli ebrei americani tentennano. Obama fece un errore quando, all’indomani del discorso di George W. Bush al parlamento israeliano (il presidente disse: «Alcuni sembrano credere che dovremmo negoziare con terroristi e radicali, come se qualche ingenuo argomento potesse convincerli che essi hanno torto e noi ragione»), saltò su molto irritato, dimostrando così la centralità della sua scelta di parlare con il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Questo ha reso di nuovo la battaglia per i voti della comunità ebraica americana uno scenario di guerra, Obama mette in forse la tradizionale supremazia democratica.

«Caro senatore» è scritto in una lettera blog da Los Angeles «mi chiamo Leon Weinstein, sono americano, sono ebreo, sono nato in Urss, ho famiglia in Israele... L’ho sentita dire magnifiche parole, come “unità di tutti gli americani”, “aiuto all’umanità”. Ma ho visto la lista dei suoi sostenitori e chi ci trovo? Louis Farrakhan, leader della Nazione dell’Islam, razzista, antisemita; le brigate Al-Aqsa; Raila Odinga, candidato fondamentalista in Kenya, che dicono sia suo cugino; Daniel Ortega, sandinista del Nicaragua; Raúl Castro; il Partito socialista marxista Usa; le Nuove Pantere nere; Hamas... Ha invitato Zbigniew Brzezinski che vuole parlare con Hamas a essere suo consigliere; il consigliere per le questioni nucleari Joseph Cirincione dice che le strutture nucleari bombardate in Siria sono bugie; George Soros, il suo finanziatore, denigra il suo stesso paese come “l’ostacolo a un mondo più giusto”; il suo consigliere militare Merrill McPeak pensa che tutto il problema con l’Iran sia il nostro silenzio».

Insomma, il dubbio aleggia, anche se per tradizione gli ebrei hanno sempre aiutato i candidati democratici. Solo il 15 per cento è repubblicano, ma Ronald Reagan, che nell’80 prese il 39 per cento dei loro voti, è la speranza di McCain

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