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Panorama Rassegna Stampa
21.04.2008 I paesi arabi non si oppongono all'Iran, che trova anche un alleato nel Venezuela
le analisi di Fiamma Nirenstein e Pino Buongiorno

Testata: Panorama
Data: 21 aprile 2008
Pagina: 147
Autore: Fiamma Nirenstein - Pino Buongiorno
Titolo: «Per la guerra santa l'Iran comanda - Asse del male 2»

Da PANORAMA del 18 aprile 2008, un'analisi di Fiamma Nirenstein sulla mancata opposizione dei paesi arabi sunniti all'egemonia iraniana:

Perché la «sindrome di Sadat» non funziona? Il grande studioso del Medio Oriente Bernard Lewis ha chiamato così la possibilità che i paesi arabi, più spaventati dall’Iran che da Israele e dall’Occidente, possano cercare la pace quando meno si prevede. L’Iran infatti seguita ad annunciare nuove migliaia di centrifughe per il nucleare, razzi che arrivano su tutte le capitali della regione, nuove alleanze in Medio Oriente. L’Egitto e l’Arabia Saudita sono molto meglio armati del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad: potrebbero almeno tentare una migliore deterrenza. Ma non vanno oltre qualche pigolio. Perché non cercano di spezzare il rapporto dell’Iran con Hezbollah e Hamas? Molti, da Al Fatah all’Egitto, al Libano di Fouad Seniora, tentano fino a un certo punto, poi non ce la fanno.

Certo, i paesi sunniti hanno disertato il vertice siriano della Lega araba, due settimane fa, in gran numero; 12 si preparano, chi con maggiore chi con minore determinazione, a costruire strutture nucleari; le accuse all’Iran di intromettersi in tutte le situazioni di tensione con atti di terrorismo sono diventate comuni. Questo soprattutto da quando il Libano, teoricamente libero dalla Siria dal 14 marzo 2007, è invece ricattato dagli hezbollah, messaggeri di morte dell’Iran, che per 16 volte ne hanno rinviato le elezioni del presidente con la strage di membri del parlamento antisiriani e antiraniani. Gli hezbollah e anche Hamas hanno rivelato più volte di ricevere armi e un addestramento sofisticato per i loro leader in Iran e in Siria, dove il regime alawita è asservito all’Iran.

L’Iran ha esteso la sua influenza ovunque. Chi insiste sul fatto che comunque sciiti e sunniti si detestano deve guardare non solo ai rapporti con Hamas (sunnita), ma anche alle notizie di intelligence secondo cui nel 2001 molti leader di Al Qaeda (sunniti) fuggiti dall’Afghanistan trovarono rifugio in Iran; l’ormai defunto Abu Musab Zarkawi fu curato in Iran per poi farlo entrare in Iraq, come del resto molti altri qaedisti.

In un’intervista al giornale del Qatar Al Arab il capo del gruppo sunnita jihadista iracheno Hamas Iraq insiste che Al Qaeda in Iraq è totalmente dipendente dall’Iran. Con l’Iran collabora dai tempi di Ruhollah Khomeini anche Al Fatah, che forniva ai leader rivoluzionari l’addestramento nei campi palestinesi in Libano. Soprattutto, con l’Iran non si può litigare per motivi ideologici: chi cita ogni minuto il Corano per lodare i «martiri» e minacciare gli infedeli non può essere preso sottogamba neppure dai paesi sunniti, pena la perdita di popolarità.

Così, mentre vogliono affossarlo, i sauditi hanno invitato Ahmadinejad; Abu Mazen a Damasco ha detto che conferisce il 58 per cento del suo budget a Hamas, pagando i salari di 77 mila suoi uomini; persino Fouad Seniora si lancia sempre non contro gli hezbollah ma contro Israele; l’esaltazione dei guerrieri della jihad è diffusa anche dalle tv e dalla stampa egiziane, saudite e di altri paesi musulmani.

L’esecrazione dell’Occidente e il sostegno alla guerra santa non vengono mai abbandonati anche presso i moderati. Abbas Zaki, ambasciatore dell’Olp in Libano, ha detto alla Nbn Tv che «l’Olp procede per stadi senza cambiare niente della nostra strategia. Israele collasserà, Gerusalemme collasserà... e noi andremo avanti... e li butteremo tutti fuori dalla Palestina». Sembrano parole di Ahmadinejad, non certo di chi ha tutto da perdere dal suo aiuto a Hamas.

Sempre da PANORAMA, un articolo di Pino Buongiorno sui legami sempre più stretti tra Iran e Venezuela:

Teheran chiama, Caracas risponde. Tutto farebbe pensare a una distanza abissale, non solo geografica, fra Iran e Venezuela. Invece si scopre che, a dispetto delle differenze religiose e ideologiche, i rapporti fra la teocrazia sciita e la repubblica bolivariana si intensificano soprattutto in economia, oltre che in politica, per far fronte comune contro gli Stati Uniti.

Nella sede dell’ambasciata della Repubblica Islamica, a Caracas, in calle Kemal Atatürk, opera un’unità speciale delle Guardie rivoluzionarie (pasdaran), incaricata di monitorare tutti i settori venezuelani, dal petrolio alle banche. I risultati delle loro analisi sul campo sono sorprendenti. La squadra degli ayatollah ha identificato tre istituti di credito e ha deciso di assumerne il controllo tramite alcune società di copertura offshore.

Secondo le notizie raccolte da Panorama in Venezuela da fonti finanziarie qualificate, le tre banche sono il Banco Canarias de Venezuela, il Banco Confederado e il Banco Hipotecario Activo. Tutt’e tre sono di piccole dimensioni, finanziariamente molto deboli e si prestano a essere conquistate entro poche settimane con un investimento non particolarmente rilevante.

Sia la guida spirituale, l’ayatollah Ali Khamenei, sia il presidente Mahmoud Ahmadinejad stanno seguendo personalmente le trattative. Ai pasdaran hanno impartito direttive inequivocabili. A causa delle sanzioni deliberate dal Consiglio di sicurezza dell’Onu, il sistema finanziario iraniano è quasi al collasso, con le sue banche principali (Sepah, Saderat, Melli e Mellat) in condizioni di non poter operare all’estero. Di qui la necessità di trovare soluzioni creative per aggirare i veti internazionali.

Gli istituti di credito venezuelani sono considerati gli strumenti ideali. Non solo, possono essere anche utilizzati per trasferire centinaia di migliaia di dollari alle cellule estere di Hezbollah, che da sempre operano indisturbate in America Latina, soprattutto nella terra di nessuno della triplice frontiera fra Argentina, Brasile e Paraguay, dove la comunità libanese sciita è molto forte.

Impelagato in mille problemi economici, Hugo Chávez non si oppone ai progetti iraniani. Ha solo preteso dal presidente Ahmadinejad l’assicurazione che il Venezuela non sia usato come base logistica per le attività terroristiche dei pasdaran e degli operativi di Hezbollah.

 

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