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Informazione Corretta Rassegna Stampa
26.05.2017 Narrativa, memoria e identità. Il volto femminile d’Israele
Recensione di Giorgia Greco

Testata: Informazione Corretta
Data: 26 maggio 2017
Pagina: 1
Autore: Giorgia Greco
Titolo: «Narrativa, memoria e identità. Il volto femminile d’Israele»

Narrativa, memoria e identità. Il volto femminile d’Israele
A cura di Gabriella Steindler Moscati e Maddalena Schiavo
Mimesis euro 16,00

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La copertina (Mimesis ed.)

La letteratura israeliana, da anni apprezzata anche nel nostro Paese, è ricca di figure femminili che spiccano per il talento narrativo, la raffinatezza della prosa, oltre che per la varietà delle tematiche affrontate. Dopo la recente pubblicazione di romanzi di autrici famose come Shifra Horn (Scorpion dance), Zeruya Shalev (Dolore), Ayelet Gundar-Goshen (Svegliare i leoni) è bello rileggere il saggio di Gabriella Steindler Moscati e Maddalena Schiavo, “Narrativa, memoria e identità”.

Il volto femminile d’Israele (Mimesis), pubblicato alcuni anni fa, è un’ occasione preziosa per riflettere sulle scrittrici d’Israele a cavallo tra diverse generazioni che hanno dato un contributo importante alla lingua e alla memoria di un paese in continua evoluzione. Il saggio che inizia con il contributo di Gabriella Steindler Moscati, in cui spiega come il ruolo della donna nella narrativa della rinascita nazionale e il riconoscimento dei suoi diritti si siano formalizzati in un percorso scandito nell’arco di una ottantina d’anni, prosegue con i lavori di altre studiose come Nitza Ben Dov, Sara Ferrari, Anna Linda Callow, Miri Kubovy, Anna Lissa, Batya Shimoni e Michèle Tauber che focalizzano l’attenzione del lettore su alcune delle voci più incisive della letteratura d’Israele: interpreti autorevoli della società israeliana, oltre che narratrici di talento, apprezzate e tradotte in patria e nel resto del mondo come Zeruya Shalev, maestra nel cogliere le tensioni familiari e nel descrivere la fine di relazioni coniugali proponendo “miti arcaici e civiltà remote”. O come Savion Liebrecht di cui la studiosa Michèle Tauber si avvale di alcuni racconti per ritrarre il conflitto generazionale tra coloro che sono nati nella Terra promessa e i loro padri sopravvissuti alla Shoah.

Ben articolato è il saggio di Anna Linda Callow che indaga la prosa di Shulamit Lapid di cui la casa editrice Astoria ha recentemente ripubblicato il romanzo “Il gioiello”. Nel suo contributo la Callow mette a confronto due tra le sue più note eroine che hanno ricevuto ampia attenzione da parte del pubblico e della critica: Fanya, la pioniera della Prima Aliya, femminista senza sapere di esserlo, e Lizi Badihi, giornalista e detective nella Be’er Sheva dei nostri giorni. Dall’epopea di Fanya e dalle avventure di Lizi si delinea “una stimolante cornice a circa cento anni di impegno per costruire una nuova identità femminile, dall’inizio del nuovo insediamento ebraico nella Palestina ottomana alla società israeliana contemporanea”. E’ Gerusalemme all’epoca del Mandato britannico dalla fine della Seconda Guerra Mondiale fino alla Guerra d’Indipendenza (1948) a fare da sfondo al romanzo di Shulamit Hareven, “Una città dai molti giorni” pubblicato in Italia da Giuntina.

Del romanzo la studiosa Anna Lissa offre un’arguta interpretazione ricorrendo a citazioni tratte dall’autobiografia di Stefan Zweig, “Il mondo di ieri” in cui l’autore ebreo, morto suicida nel 1942, descrive lo stesso tipo di cosmopolitismo colto e lo stesso lento fluire del tempo nella Vienna fin de siècle che si ritrova nella Gerusalemme descritta dalla Hareven. Se attraverso l’analisi di alcuni testi di Orly Castel Bloom, “scrittrice di idee”, i cui temi toccano la condizione umana, la morte, la maternità, le questioni politiche e sociali, Miri Kubovy esamina “il potere della lingua come forza formativa e costitutiva nel processo di nascita di una nazione”, Sara Ferrari - docente di Lingua e cultura ebraica all’Università di Milano - si sofferma ad analizzare l’identità di sei poetesse analizzando alcuni esempi di autodefinizione nella poesia femminile ebraica in un periodo compreso fra gli anni Venti e gli anni Ottanta.

Non mancano le donne nella letteratura di immigrazione orientale con il lavoro di Batya Shimoni che “evoca con perizia, ricchezza di citazioni e di fonti” il difficile inserimento delle donne provenienti dai paesi arabi nei primi anni della proclamazione dello Stato d’Israele. Il saggio si arricchisce infine con un’Appendice in cui il lettore potrà apprezzare un interessante racconto di Judith Rotem, esponente di punta delle scrittrici che si sono formate all’ombra di una rigorosa ortodossia, di cui Feltrinelli ha pubblicato “Lo strappo” e uno straordinario diario di viaggio compiuto nel 1907 dalla giovane Rahel Straus Goiten, laureata in medicina all’Università di Heidelberg e convinta sionista, che offre una avvincente testimonianza della Palestina ottomana attraverso la descrizione sia del contesto geografico-storico, sia dell’insediamento ebraico con le complesse relazioni familiari e le tensioni che hanno caratterizzato quegli anni. E’ un punto di vista alternativo a quello della storiografia politica dominante quello che offre il saggio di Gabriella Steindler Moscati e Maddalena Schiavo, un’opera imperdibile nella sua ricchezza per chi già frequenta la letteratura ebraica e per chi vuole addentrarsi nel mondo meraviglioso della letteratura ebraica al femminile, di ieri e di oggi.

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Giorgia Greco


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