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Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
05.03.2017 Una storia del Mussolini 'spada dell'islam'
dalla prefazione di Roberto Balzani

Testata: Il Sole 24 Ore
Data: 05 marzo 2017
Pagina: 35
Autore: Roberto Balzani
Titolo: «Benito mezzo musulmano»

Riprendiamo dal SOLE24ORE/DOMENICA di oggi, 05/03/2017, a pag.35, con il titolo "Benito mezzo musulmano" il testo di Roberto Balzani.

Risultati immagini per mussolini spada dell'islam

I legami (ambigui) del dittatore con il mondo islamico ricostruiti attraverso la stampa e le cronache del Ventennio di Roberto Balzani I1 libro Mussolini e i musulmani. Quando l'islam cm amico dellItalia di Giancarlo Mazzuca e Gianmarco Walch non è un saggio di storia, ma di buon giornalismo storico. Gli autori che l'hanno scritto non hanno compulsato troppo archivi e documenti d'epoca, né fonti ufficiali di carattere diplomatico, né tantomeno la produzione coeva disponibile nei Paesi africani e mediorientali di cui trattano. Si sono soprattuttodedicati a una pubblicistica di carattere diverso, quella destinata a creare opinione, a sedimentare una percezione. E tuttavia, nonostante il suo taglio peculiare, questo libro ha a che fare con la storia, o meglio con la rappresentazione della storia (e della geografia) appartenuta alla generazione italiana ancor giovane al tempo di Giolitti e matura durante il Ventennio. Nel nostro Paese le questioni internazionali - restituite a livello popolare - sono state spesso infarcitedistereotipi. Bastaosservarei servizi dei telegiornali per rendersene conto: fino a poco tempo fa, il tema della famiglia reale risultava prevalente nell'informazione generalisticadall'Inghilterra; laGermaniaera marginale poco conosciuta al di là del mito - in genere negativo - del «tedesco» risalente almeno al Giusti e al Risorgimento; dalla Francia giungevano scintillanti immagini relative alla moda. Alcune parti di mondo proprio sembravano oscurate, inesistenti; solo gli Stati Uniti godevano di un trattamento di riguardo. Non v'è dubbio che i tempi siano cambiati: l'Unione europea da un lato, la globalizzazione economica dall'altro e infine la generazione Erasmus e i viaggi low cost hanno contribuito enormemente a «internazionalizzare» la vita collettiva degli italiani, cancellando vecchi luoghi comuni e magari creandone di nuovi. Tra i dati più stupefacenti va annoverata la contemporanea scomparsa della geografia sia come disciplina scolastica, sia come insieme di nozioni diffuse di base. Dal momento che i cellulari forniscono le informazioni necessarie, saper leggere una mappa o aver la capacità d'orientarsi nello spazio utilizzando punti di riferimento preacquisiti paiono cose addirittura superflue. Questeconsiderazioni,nonprivedi una loro intrinseca banalità, fungono da premessa al libro di Mazzuca e Walch, nel senso che, se ribaltate sul passato, esse contribuiscono a delineare un percorso d'ironica continuità: anchel'Italietta, purnazionalistae autarchica, aveva elaborato una sua immagine del mondo esterno; immagine che il fascismo, così come in altri settori, contribuì a tradurre in termini dicomunicazione di massa, e chequi viene ricostruita nella sua di mensione aneddotica, rinvigorendo con vivacità e colore storie sovente «minori», altrimenti destinate agli scaffali più polverosi della memoria. Colpisce, nello snodarsi di eventi e di personaggi, la continua tensione tra due poli narrativi prevalenti, nella propaganda così come nella pubblicistica: da un lato, l'idea che il nostro Paese non fosse una potenza coloniale «normale» (essa, anzi, anziché importare materie prime e creare mercati per i propri prodotti, pensava alla Quarta Sponda in termini di sfogo ragionevole peri milioni che abbandonavano le plaghe più desolate del territorio, cercando fortuna oltreoceano); dall'altro, che il fascismo, maturando un profilo alternativo alla Gran Bretagnae alla Francia, potesse proporsi come modello, come scorciatoia per nazionalizzare le masse per via autoritaria, evitando i rischi della democrazia occidentale. Di qui lo stereotipo di un mondo islamico bifronte, ora da assecondare, ora da limitare. In tutto ciò, la qualità dei contenuti che l'élite italiana seppe mettere in campo, nell'affrontare questioni tanto complesse, fu piuttosto scarsa; e anche quando il governo coloniale riuscì a conseguire qualche risultato dal punto di vista infrastrutturale e organizzativo, si ha la sensazione che ciò sia avvenuto piuttosto casualmente, o in virtù della presenza di qualche personalità di rilievo. L'immaginario veicolato dalla stampa e dalla cronaca, che rappresentano una delle fonti principali del volume, è stato piuttosto genericoe confuso nel corsodel Ventennio: le suggestioni sono orientaleggianti in senso molto lato, mentre l'elemento islamico si fonde con il «mal d'Africa» da un Iato, e con le difficili relazioni mediorientali, dall'altro. Gli autori, seguendo le improbabili avventure di personaggi circondati da un alone esotico e misterioso, assecondano il tono favolistico e favoloso che ancora segnerà l'harem felliniano di Amarcord. La spada finta dell'Islam brandita da Mussolini; la Via Balbia, omaggio postumo alle consolari romane; le battute al vetriolo di Leo Longanesi («Sbagliando s'impera») sono alcuni dei cammei che s'incontrano lungo l'itinerario, fra il serio e il faceto, che scandisce questa scorribanda picaresca nelle sensazioni collettive di un'epoca. Alle quali anche una figurina Perugina come il «feroce Saladino» - rarissima e introvabile - poteva offrire il suo involontario tributo. In fondo, il fascismo allestisce unaquantità enorme dicliché perla società di massa: i francobolli, le narrazioni scolastiche o parascolastiche, i bimillenari, gli anniversari, i centenari. Un profluvio dioccasioni per saldare passato, presente e futuro, per dare all'«uomo nuovo», all'italiano di nuovo conio fuso nel piombo della Grande guerra, una profondità spazio-temporale semplificata e abbordabile. Che essa costituisca la versione leggibile di una cultura ottocentesca, erudita e libresca, è sicuro: cambia la comunicazione, vengono sperimentati nuovi media, ma i contenuti sovente non sono affatto nuovi; sono, piuttosto, il portato di una cultura tardoromantica, nazionalisteggiante, densa di retorica patriottica, già in parte allestita per dar consistenza alla cittadinanza dell'Italietta. Mussolini stesso è il distillato di questa erudizione un po' superficiale, da citazione colta priva di agganci nel sapere vero, da luogo comune trito e ripetuto. Mazzuca e Walch musulmani ce lo descrivono in imbarazzo, quando si tratta di costruire una relazione, per esempio con Leda Rafanell, la fatale «odalisca» incontrata nel 1913, al quale rivolge «domande tragicomiche» del tipo: «Siete dunque buddista?». È chiaro che, partendo da queste basi, non ci si può poi aspettare una percezione fine della realtà, che resta invece sospesa alle trame di un racconto apparentemente plausibile solo perché, a menare le danze al gran ballo delle rappresentazioni internazionali, sono gli stereotipi coniati dalle grandi potenze di Versailles. lnquestosenso, lavetrina vecchio stile di battute, frasi famose, fatti piccoli e grandi, immagini che gli autori ci restituiscono senza badar troppo a sceverare il «romanzo popolare» dalla mitografia, tende adiventare il retrobottega di una cultura politica, lo spazio in cui si affastellano i segmenti di celluloide di un discorso tutto sommato fit-tizio,quasi mai alimentato da un vero desideriodi sapere, di conoscere. Arendere autenticaperqualche lustro questa rappresentazione, lo abbiamo già osservato, fu la politica perseguita dal regime. Furono le iniziative di politica estera via via assunte. Furono le campagne militari. Furono gl'investimenti nelle colonie. Fu, ormai in tempo di guerra, la percezione illusoria di una grande alleanza tratotalitarismie Islam. In altri termini, l'Africa musulmana di Mussolini restò una proiezione della politica e della cultura italiane, che piegarono finché possibile un mondo noto poco e male - se non da parte di assai ristrette élite, commerciali, militari e religiose - a espressione stereotipata in cui fu facile e comodo identificarsi. Mazzuca e Walch danno vita a una galleria di medaglioni che fatalmente intersecano anche altre biografie importanti o interessanti, da Montanelli a d'Annunzio, da Balbo a Graziani. ll tocco resta sempre leggero, il racconto percorso da una vena ironica e goliardica, quasi a restituire il clima degli sfottò che pure negli anni Trenta accompagnarono le avventure imperiali del duce, tra consenso e perplessità. La frammentarietà delle tessere del mosaico è appunto la prova del deliberato rigetto di un itinerario argomentato, cronologico, in una parola storico: qui s'inseguono, invece, i fantasmi di un'età ormai lontana,i cui lacerti restano a tratti nel vissuto delle generazioni più anziane, verità e menzogne di un mondo perduto. Ricavare da tutto ciò lezioni sul presente o sulla presunta «eternità» della politica estera dell'Italietta sarebbe eccessivo e anche ingiusto: sgombrare con sguardo indulgente e divertito la soffitta di una memoria è altra cosa rispetto al riordino di un archivio. C'è infine - nel modo di avvicinarsi al tema e di perimetrarlo, di circondarlo prudentemente di figure vaporose, di «caratteri», di giudizi estratti dal contesto ma non impertinenti - l'aspirazione a ripercorrere le orme di un narratore- protagonista del tempo, lndro Montanelli, pure sedotto da un'immagine dell'Africa che si sarebbe rivelata fittizia alla prova dei fatti, ma che lo avrebbe segnato in permanenza L'omaggio al «direttore» - un tributo di riconoscenzae di affetto die Giancarlo Mazzuca paga volentieri al suo maestro - scandisce le pagine, riaffiora dal recupero dell'aneddotica, alimenta un circuito di rinvii interni, da un libro all'altro e da una vita all'altra,la cui sostanza risiede in una certa idea d'Italia e di giornalismo. Forse d'altri tempi, ma non per questo meno degna d'attenzione, pur nella sua apparente e scanzonata levità.

 Il libro di Giancarlo Mazzuca con Gianmarco Walch dal titolo Mussolini e l'Islam. Quando l'Islam era amico dell'Italia (Mondadori,) affronta il tema del tempo in cui l'Italia fascista poteva vantarsi, pur tra luci e ombre, di avere intessuto stretti rapporti con la Mezzaluna. Dal libro è tratta la prefazione di Roberto Balzani qui anticipata

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