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Francescani in Israele 12/05/2017

Gentilissima Signora Fait,
La ringrazio per la pubblicazione della mia lettera ieri 10 maggio, ma sono in profondo disaccordo con la Sua risposta. Ho riletto molti degli articoli pubblicati su IC che menzionano Mons. Pizzaballa e (a fronte di duri commenti di IC, fino all’uso dell’epiteto ‘mascalzone’, con riferimento ad un’inesistente sottovalutazione, da parte sua, dell’antisemitismo) non ho trovato ‘reprimende di Israele’, spesso nemmeno critiche, certamente nessuna “giustificazione dell’islam e della persecuzione dei cristiani” (sullo ‘scontro di civiltà’ ho dei dubbi, se non altro perché non riesco a considerare i fondamentalisti islamici una civiltà, e le guerre in corso sono certamente anche interne al mondo musulmano, per la stessa definizione di chi e che cosa sia musulmano: in ogni caso, un eventuale errore di valutazione non può essere equiparato ad una ‘giustificazione’ della persecuzione dei cristiani). Per quanto riguarda la risoluzione dell’Unesco dello scorso autunno, proprio in uno degli articoli pubblicati su IC Mons. Pizzaballa l’ha criticata, anche se, indubbiamente, non con le parole di fuoco con cui Lei difende Israele. Più in generale, non so se il Papa si sia espresso al riguardo, ma si è espressa la Commissione della Santa Sede per i rapporti con l’ebraismo e ricordo di aver letto sull’Avvenire almeno un paio di commenti severi contro la risoluzione dell’Unesco, inclusa quella di un vescovo (con non ricordo più quale incarico nella Chiesa italiana). I cristiani ai quali mi riferivo non sono quelli con cittadinanza israeliana, bensì quelli che ne sono privi e che risiedono a Gerusalemme o in Giudea, Samaria e Gaza e che sono sostanzialmente privi di rappresentanti politici. Si tratta solo di alcune decine di migliaia di persone, ma per la Chiesa Cattolica (come per tutte le altre Chiese e confessioni cristiane) si tratta di una presenza importantissima e unica al mondo, in quanto attuali rappresentanti di quella che è la Chiesa Madre: quindi, alle ragioni umanitarie (quelle che varrebbero per la difesa di tutti i cristiani del mondo, specie nei Paesi in cui sono piccola minoranza) si sommano ragioni di difesa di quelle che vengono chiamate ‘le pietre vive’ (rispetto a quelle materiali dei singoli Luoghi Santi) e della loro funzione di testimoni del Vangelo. Sono questi i cristiani di cui Mons. Pizzaballa chiede di tener conto in qualunque trattativa o decisione futura sull’assetto dei territori ‘oltre la Linea Verde’. Capisco perfettamente che gli israeliani possano desiderare un appoggio più forte da parte della Santa Sede e, più in generale, dei cristiani nel conflitto ormai secolare con il mondo arabo-musulmano in cui si trovano, loro malgrado, a dover vivere (anche se si dovrebbe considerare che la Chiesa ha un compito esteso all’umanità intera, non limitato alla difesa dei cristiani e di Israele) e trovo legittima la Sua indignazione per la scarsità di riconoscimenti dei meriti della democrazia israeliana. Quello che mi dispiace è la frequenza di commenti che vedono il male dove non c’è (per esempi, rinvio alle mie lettere, molte delle quali segnalano discrepanze fra il contenuto di un articolo ed il commento redazionale). Temo che questo atteggiamento possa vanificare, nei confronti dei cattolici osservanti che non siano già diventati per altre vie amici di Israele, l’opera preziosa che il Vostro sito svolge e ciò mi addolora molto, perché amo Israele – popolo e Stato – più di quanto sappia esprimere: un amore nato in chiesa, domenica dopo domenica, fin dagli anni delle elementari e cresciuto con letture, viaggi, amicizie.
Con i più cordiali saluti,

Annalisa Ferramosca

 Gentile Annalisa,
Le do atto, forse io sono troppo critica nei confronti di Monsignor Pizzaballa, forse avrei una giustificazione nel senso che l'ordine dei Francescani non è mai stasto troppo amico degli ebrei. Ricordo l'episodio dell'occupazione della Basilica di Betlemme da parte dei terroristi di Hamas ( 2002) e ricordo la reazione non solo dei media, tutti a dare la colpa a Israele, ma dei francescani nella figura di Padre Faltas. I palestinesi avevano dissacrato la Basilica nel modo più bestiale ma nessuno dei francescani ebbe il coraggio di ammetterlo, non solo, Padre Faltas venne varie volte in Italia per fare una vera e propria diffamazione di Israele (che non aveva mai messo piede nella Basilica, anzi portava viveri e acqua). Mi auguro che Monsignor Pizzaballa sia la persona che lei descrive perchè sarebbe triste il contrario. Ebrei e cristiani possono avere un dialogo, se esenti da pregiudizi, e credo che, se la Chiesa aiutasse un pò di più, molte incomprensioni andrebbero evitate. Il dialogo, che spesso è anche sincero amore reciproco, è quasi sempre a livello di persone, man mano che si sale la gerarchia ecclesiastica si nota una certa freddezza. Cerchiamo almeno noi, comuni mortali, di scaldare i loro cuori.
Un cordiale Shalom


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