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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Françoise Frenkel - Niente su cui posare il capo - 21/10/2016

Niente su cui posare il capo
Françoise Frenkel
Prefazione di Patrick Modiano
Documenti a cura di Frédéric Maria
Guanda euro 18

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Rien où poser sa tête è il titolo originale di un libro di testimonianza pubblicato nel 1945 dall’editore ginevrino Jeheber che racconta le vicissitudini di Françoise Frenkel, una libraia ebrea di origini polacche, costretta a nascondersi nel Sud della Francia e in Alta Savoia durante il periodo dell’occupazione nazista. Il libro, scritto «in riva al lago dei Quattro Cantoni fra il 1943 e il 1944», dopo anni di oblio è riapparso di recente a Nizza in un mercatino di beneficienza e, pubblicato da Gallimard, arriva in Italia nella limpida versione di Sergio Levi, Simona Lari e Claudine Turla con la casa editrice Guanda. Sin dalle prime pagine l’autrice condivide con il lettore la sua grande passione per i libri e la letteratura francese ( «….Fin da piccola a volte passavo molte ore a sfogliare un libro di immagini o un grande volume illustrato») che la induce a tentare un’impresa tutt’altro che semplice negli anni dopo la Grande Guerra.

Nel 1921 in « un’epoca effervescente, segnata dalla ripresa dei rapporti internazionali e degli scambi culturali» Françoise apre una libreria francese a Berlino che gestisce insieme al marito Simon Raichsenstein, di cui però nel libro non si dice nulla. Nonostante un avvio complicato dalle difficoltà di ottenere i permessi necessari, la libreria decolla e l’èlite locale «comincia a fare capolino nella nuova oasi del libro francese» grazie alla quale Frekel tesse legami culturali e di amicizia con filologi, professori, artisti famosi, divi e donne di mondo particolarmente interessate alle riviste di moda che l’autrice ordina per la libreria. La fortuna di quest’attività, sviluppatasi dapprima nella Germania del dopo guerra e poi nella realtà più vivace della Repubblica di Weimar, subisce un duro colpo dall’ascesa del nazismo. Le vessazioni si moltiplicano giorno dopo giorno, ordini annullati, libri sequestrati e per Françoise diventa impossibile continuare a gestire la libreria.

Abbandona Berlino nel 1939 e si rifugia a Parigi con il cuore spezzato dalla preoccupazione per la sua famiglia rimasta in Polonia in balia degli avvenimenti. Nonostante il permesso di soggiorno che stabilisce che Françoise può essere ospite della Francia fino alla fine delle ostilità, la guerra prende un ritmo sempre più incalzante che induce la libraia a seguire il consiglio di un vecchio professore di recarsi ad Avignone, dove anche lui si sta trasferendo. Da qui iniziano le varie peripezie di Frenkel che la portano per lunghi anni a vivere alla giornata, guardandosi le spalle, cambiando alloggio di frequente, cercando rifugio prima ad Avignone poi a Nizza, Grenoble e Annecy. A differenza di molti altri ebrei fuggiaschi, Françoise ha la fortuna di incontrare sul suo percorso persone generose che mettono in pericolo la loro vita per offrirle un nascondiglio e aiutarla a superare la frontiera per arrivare in Svizzera. Non mancano gli uomini mediocri e quelli che si attengono agli ordini incuranti di perseguitare esseri umani innocenti – come il passeur Julot che fugge abbandonando un gruppo di fuggiaschi, fra cui Françoise, a pochi passi dalla libertà nelle mani della milizia - ma Frenkel preferisce soffermarsi su coloro che le hanno teso una mano, i coniugi Marius, il reverendo cattolico ad Annecy («…il suo sguardo e il suo volto esprimevano un’infinita dolcezza…emanava un’aura di bontà e la sua presenza era rassicurante come un bel mattino di sole in un giorno di pace»), l’architetto Letellier e illuminare questa bella galleria di personaggi con la luce della speranza in un’umanità generosa capace di non voltarsi dall’altra parte.

Come arriva Françoise Frenkel in Svizzera? Lasciamo al lettore l’emozione di scoprirlo con trepidazione nelle ultime drammatiche pagine del libro. Arricchito dalla bella prefazione di Patrick Modiano che offre al lettore interessanti notizie storiche sulla vita dell’autrice dopo la guerra, «Niente su cui posare il capo» è un libro dalla prosa limpida e diretta che si legge d’un fiato restituendo l’immagine di una donna coraggiosa che, nonostante tutto, conserva la fiducia nella bontà del prossimo e nel potere salvifico dei libri.

«I sopravvissuti hanno il dovere di testimoniare affinchè i morti non siano dimenticati, nè restino sconosciuti gli oscuri atti di abnegazione. Possano queste pagine ispirare un pensiero pietoso per coloro che se ne sono andati per sempre, sfiniti dalla fatica o uccisi. Dedico questo libro agli uomini di buona volontà che generosamente, con inesauribile coraggio, hanno opposto la volontà alla violenza e hanno resistito fino alla fine» (F.F. dalla Premessa).

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Giorgia Greco


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