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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Eva Weaver, Il piccolo burattinaio di Varsavia 02/12/2013

Il piccolo burattinaio di Varsavia       Eva Weaver
Traduzione di M. Gozzi
Illustrazioni di Piero Macola                  euro 17


I bambini sono l’ultima – anzi la prima – frontiera di una certa nuova narrativa sulla Shoah. Se i testimoni si spengono a poco a poco perché il tempo della vita passa, la memoria trova nuove forme nella narrazione, nell’inventiva. E la fiction – quanto è inadeguata questa parola per descrivere ciò che è romanzo intorno all’orrore del Novecento – su quei tempi vede spesso come protagonisti dei bambini, di cui si provano a immaginare le peripezie, lo sguardo perso nel vuoto dello sterminio. Con risultati, però, non sempre convincenti né verosimili. Con non di rado una vena stucchevole che tutto impregna lasciando nel lettore un certo fastidio.
Non è questo il caso de “Il piccolo burattinaio di Varsavia”, una storia “doppia” creata da Eva Weaver: autrice, terapista e performer d’arte che a sedici anni ha lasciato la Germania per rabbia e da allora vive in Inghilterra. Sarà questo vissuto, la coscienza tormentata che sta dietro la penna, a fare di questo libro una narrazione pacata ma anche terribile. Inequivocabilmente d’invenzione perché tutto è sospeso su una irrealtà quasi magica, ma calcato nella verità di quella storia, di cui affiorano i momenti più grandi e terribili al tempo stesso: la vicenda del medico Janusz Korczack e del suo orfanotrofio del ghetto, e l’eroica rivolta del ghetto. In primo piano, c’è la doppia storia di Mika che eredita dal nonno un cappotto e una schiera di fantastici burattini, e di Max che è un soldato nazista dal volto umano. Ma non per buonismo, anzi: nel contrasto, nel suo essere eccezione. Al centro della vicenda, un cappotto magico “senza il quale niente sarebbe andato in quel modo”.
Ne viene fuori una storia avvincente e quasi fiabesca, che pure non infiora nulla, e che dura decenni, attraversando Europa, Siberia, America. Mondadori pubblica questo romanzo in due forme: una nella collana “classica” di autori stranieri, e l’altra con le belle illustrazioni di Piero Macola, perfette per incastonare questa storia e mostrarne i colori non solo a un pubblico giovane

Elena Loewenthal
Tuttolibri – La Stampa


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