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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Susann Pasztor, Un favoloso bugiardo 18/11/2013

Un favoloso bugiardo                  Susann Pasztor
Keller                                               euro 14

Quando ho ricevuto il libro di Susann Pasztor “Un favoloso bugiardo” ho constatato con piacere che era pubblicato dalla piccola ma preziosa casa editrice di Rovereto, Keller, il cui encomiabile lavoro di scoperta di nuovi autori già in passato ci aveva fatto conoscere Irit Amiel, autrice di “Fratture”, un’opera di pregio che pur non scalando le classifiche dei libri più venduti aveva però ottenuto il secondo posto alla XI edizione del premio Letterario Adei Wizo.
Il romanzo di Susann Pasztor è dunque la piacevole conferma di un progetto editoriale che merita di essere lodato in un’epoca pervasa da una letteratura più “commerciale” che di qualità.
Non è certo facile cimentarsi con il tema della Shoah adottando un registro lieve e ironico perchè il rischio di dar vita ad un romanzo irriverente che ferisce i sentimenti di chi legge è alto.
Nel suo romanzo d’esordio invece Susann Pasztor riesce a raccontare con umorismo e calore, avvalendosi di una scrittura eccellente, una storia originale e divertente e al contempo dà vita ad un ritratto di famiglia fresco e spiritoso. Perché per l’autrice il senso dell’umorismo è una forma d’amore, oltre che una delle migliori strategie di sopravvivenza.
Chi è Jozsef Molnàr detto Joschi?
Dopo aver visto sparire nell’inferno di Auschwitz la moglie e due figli ed essere stato lui stesso rinchiuso a Buchenwald, all’età di settant’anni decide di farla finita in un albergo per il quale ha pagato solo due ore, un arco temporale però troppo limitato per riuscire nell’intento. La Morte lo lascia dunque agonizzante ancora per un po’ in ospedale e attorno a lui si raduna una piccola folla di donne piangenti ma ben decise a conservare le distanze fra loro: moglie, ex moglie, e amante.
Che si tratti di una commedia brillante e irresistibile è chiaro fin dalle prime pagine del prologo che dettano il ritmo a un racconto spassosissimo che, cambiando scena, riprende trent’anni dopo con la voce narrante di un’adolescente, Lily, la nipote di Joschi, sullo sfondo della cittadina di Weimar dove si ritrovano i tre figli del defunto Hannah, Marika e Gabor - avuti da tre donne diverse - per festeggiare il centesimo anniversario della sua nascita.
Il ricordo di quell’uomo, bugiardo, traditore che ha lasciato dietro di sé menzogne incredibili, padre poco premuroso e marito sfuggente è al centro di un weekend dove risate, confessioni e incomprensioni si mescolano in dialoghi e scene ben orchestrati e nei quali l’autrice dimostra un vero talento nel registrare le scene di una commedia piena di compassione e umorismo.
Marika, la mamma di Lily, con un passato da ribelle, Hannah ossessionata dall’identità ebraica e Gabor, collaudatore di giocattoli, un uomo triste il cui odore, annota Lily, è un “inequivocabile miscuglio di tabacco, prof di matematica e solitudine”, si incontrano per fare chiarezza sulla misteriosa figura di quel padre evanescente e con la visita al campo di Buchenwald cercano di rispondere alla domanda se Joschi in quanto ebreo fu realmente perseguitato dai nazisti, oppure anche questa storia è una delle tante menzogne che si è inventato di proposito, magari per ottenere i risarcimenti dalla Germania.
Con Lily che fa da mediatore fra i botta e risposta, ora arguti, ora irritati dei fratelli, la conclusione pirotecnica della visita al campo di Buchenwald  sarà una piacevole sorpresa per il lettore e consentirà ai figli di Joschi di venire a patti con la figura di quel padre strampalato, oltre che di riflettere sulla tragedia della Shoah che, pur non avendoli toccati direttamente, li ha coinvolti come vittime di seconda generazione.
Acuta osservatrice delle relazioni interpersonali, Susann Pasztor riesce con grande empatia a coniugare il tragico e l’ironico in una storia dall’accento autobiografico, ben scritta, con personaggi divertenti, che pur lasciando il lettore con un sorriso sulle labbra lo induce a riflettere sulle conseguenze che l’Olocausto ha avuto sull’identità dei figli dei sopravvissuti.

Giorgia Greco


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