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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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In attesa di una 'Hasbarà' globale, si muova Hollywood 19/09/2010

Da SHALOM,  agosto 2010, riprendiamo l'articolo di Angelo Pezzana dal titolo " In attesa di una 'Hasbarà' globale, si muova Hollywood ".

A volte penso che l’ enorme attenzione che circonda Israele in tutto il mondo non nasca da una legittima curiosità verso un paese che suscita interesse, ma sia piuttosto paragonabile ad una ragnatela, abilmente tessuta, per nasconderne la piena visibilità, creare macchie oscure nelle quali far cadere sospetti, discriminazioni, accuse diffamanti, in una parola delegittimarne la stessa esistenza. E’ ormai da tempo che da più parti si reclama una azione più incisiva per quanto riguarda la disinformazione che circonda Israele, ma i risultati finora non sono stati all’altezza dell’attesa. Non è mai partito un canale satellitare in inglese, se voglio conoscere quello che capita nel mondo dal punto di vista arabo, ho solo da aprire Al Jazeera, ma se voglio sapere come la pensa Israele, devo navigare in internet, dove ci sono moltissimi siti di grande interesse, ma in una tale quantità da disorientare anche il più volenteroso dei ricercatori, senza contare il tempo impiegato per la ricerca. Sembra incredibile, eppure il paese che viene definito la Silicon Valley del Medioriente, non si è ancora dotato di uno strumento così indispensabile come la versione israeliana di Al Jazeera. Facevo questo ragionamento mentre leggevo le dichiarazioni di Claude Lanzmann, il famoso regista del documentario “Shoah”, durante il Jerusalem Film Festival dello scorso luglio. Lanzmann ha espresso un giudizio molto severo sui film che raccontano la Shoah, che non aiuterebbero la sua memoria, ma, al contrario, ne annacquerebbero la verità storica. Può darsi che Lanzmann abbia ragione, anche se un’opera come Shoah, un documentario di altissimo livello, ma dalla durata di otto ore, ha avuto una diffusione forzatamente limitata ad un pubblico di specialisti. Quando poi ha chiamato Stephen Spielberg un ‘burocrate’ per aver raccontato Schindler come un ‘eroe’, mi è venuto il dubbio che non debba essere un regista la persona più indicata per fare liste di merito su altri registi. Ho sempre pensato a ‘Schindler’s List’, ma includerei anche gli Archivi Spielberg sulle testimonianze dei soppravvissuti, un esempio di come si può trasferire sullo schermo con dignità un argomento terribile come la Shoah. Il cinema è un mezzo tra i più popolari, può avere degli effetti che nessun altro media può vantare. Certo, a girare un film, un regista corre rischi notevoli, li ha conosciuti, tanto per citare un caso emblematico, Otto Preminger, che nel 1960 ha diretto “Exodus”, un successo mondiale, che viene proiettato ancora oggi nei canali televisivi e venduto in DVD. Un film che ha contribuito, in anni nei quali l’editoria su Israele e Shoah era quasi inesistente, a far conoscere a diverse generazioni un pezzo di storia a chi ignorava persino in quale parte del mondo si trovasse la Palestina. Fu grazie a Preminger, e a Paul Newman, che interpretava l’ufficiale dell’Haganà Ari Ben Canaan, che milioni di spettatori capirono qualcosa di quello che era successo agli ebrei e stava per succedere in Erez Israel. Il film fu criticato – succede ancora oggi- perchè non era storicamente fedele, la nave non era quella, Exodus era il nome di un’altra nave, il porto di partenza non era Cipro, e così via di seguito, con un puntiglio critico degno di miglior causa. Ma fu grazie a quel film se Hollywood cominciò ad aprirsi alle tematiche ebraiche e israeliane. Quella Hollywood che fu definita “An Empire of Their Own”, un impero tutto loro, nel bel libro di Robert Moore, uscito qualche anno fa, che racconta come l’industria cinematografica americana sia stata inventata proprio dagli ebrei, arrivati nella Goldene Medina in fuga dall’Europa nazista. Da Vienna, da Berlino, produttori, registi, attori, trasferirono a Hollywood la loro creatività, dando vita, appunto, ad impero largamente ebraico, fondando la moderna industria cinematografica. Fu ‘Exodus’ ad aprire la strada, dopo ne vennero altri, sempre visti di malanimo da quei critici che cercando la ‘verità storica’ non si accorgevano dell’enorme potenziale che il cinema aveva, ed ha, per arrivare ad un pubblico vastissimo. L’opera d’arte non è qui in discussione, ma mi sembra un errore di valutazione volerla mettere a confronto con un prodotto popolare. Questa lunga digressione per dire ‘ avanti Hollywood, Israele ha bisogno di te’, bisogna raccontare a milioni di persone questo piccolo grande paese ed i pericoli che corre, ci vogliono storie appassionanti, anche commoventi, perchè no, le trame non mancano nè gli scrittori per scriverle. Quale migliore Hasbarà, se riuscirà a spazzare via quella ragnatela che sta delegittimando Israele, nel silenzio, o almeno nella disattenzione delle anime belle, sempre alla ricerca della perfezione ? 

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