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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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Islam, uno Stato dentro una religione 23/08/2010

Islam, uno Stato dentro una religione
di Angelo Pezzana

Per leggere il resto del dossier islam di IC, cliccare sul link sottostante

http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=36135

Il progetto per la costruzione di una moschea accanto a Ground Zero, che ha suscitato forti polemiche non solo a New York, dividendo l’opinione pubblica mondiale, ha ricevuto l’approvazione finale della commissione comunale, con il sostegno dello stesso sindaco Michael Bloomberg. Non è stata sufficiente l’opposizione dei famigliari delle vittime dell’attacco alle Torri gemelle. Ha prevalso il senso di rispetto verso il diritto a poter praticare la propria religione, un pilastro della democrazia americana, il considerare quindi l’islam dal solo aspetto religioso, equiparandolo a tutte le altre fedi. E’ stata questa anche la posizione della maggior parte delle organizzazioni ebraiche americane, con l’eccezione della Anti-Defamation League, che però si era opposta soltanto alla scelta del luogo, di quel luogo, che avrebbe causato nuovo dolore a chi aveva già perduto i propri cari. La reazione in Israele è stata simile a quella americana, poco importa se su quegli aerei c’erano diciannove musulmani, non viene neppure preso in considerazione che la moschea di Amburgo, dove i dirottatori hanno preparato l’attacco, sia stata chiusa. La moschea nel nostro immaginario collettivo occidentale è ‘unicamente’ un luogo di preghiera, come la chiesa, la sinagoga. Eppure anche l’osservatore più distratto sa bene che nei paesi islamici, tutti, non esiste una equiparazione fra le diverse fedi, l’unica è quella musulmana, le altre sono in vari modi perseguitate, in alcuni tollerate, ma sempre ad un livello di inferiorità. Chi non è musulmano è un infedele. Un numero sempre più crescente di storici ci ha informato sul destino dell’Europa entro i prossimi 40/50 anni, per alcuni paesi anche prima, tanto che è nata una nuova parola, Eurabia, per ricordarci in quale continente vivremo. La maggior parte dei nostri mezzi d’informazione preferisce evitare l’argomento, forse non sa trovare le parole per descriverlo, e questo è comprensibile, non è un fenomeno solo italiano, tutto l’Occidente è come paralizzato dal politicamente corretto, che vuole l’islam una fede come le altre, cosa che non è, ma non sta bene dirlo. Vorremmo tutti che ai sicuramente molti musulmani che vivono la loro tradizione religiosa in modo laico, dando a  questa parola lo stesso valore che diamo a religioso, per non confornderle con fondamentalista e laicista, corrispondesse una realtà diffusa a livello di stati, ma questo è un pio desiderio che non trova esempi per potersi proporre.  Alcuni paesi cominciano, pur con grandi difficoltà, a prenderne consapevolezza. Gli Stati Uniti, grazie soprattutto ai moltissimi profugi/esiliati, molti dei quali hanno abbandonato la fede nella quale erano nati, dopo le persecuzioni subite in nome di quella stessa fede. Sono loro ad aver risvegliato la coscienza americana. Ma anche nei paesi scandinavi la presenza di una comunità islamica, molto aggressiva e in forte crescita, desta preoccupazione. Lo stesso avviene in Olanda e in Gran Bretagna, dove si sta formando un movimento che non ha timore di chiamare le cose con il loro nome. La costruzione della moschea a Ground Zero ha suscitato proteste in tutti gli stati Usa, dove il grido di allarme è stato molto chiaro, senza timore alcuno di essere scambiato per razzismo. L’islam non è solo una religione, si identifica con un governo politico, e si propone di cambiare la nostra Costituzione, ha dichiarato Nonie Darwish, fondatrice di “Arabi per Israele”, aggiungendo che la moschea non è solo un luogo di preghiera, è il luogo dove la guerra è cominciata, dove la sharia impone le sue regole, dove l’jihad incita contro gli infedeli. Come lei, molti intellettuali fuggiti in America dai paesi musulmani, ma anche dal Libano, quindi anche cristiani, ne condividono le idee. Questo è reso possibile da un islam che è rimasto immobile, imbalsamato come era nel sesto secolo, mai apertosi alla modernità, le cui prime vittime sono gli stessi musulmani che vorrebbero vivere la loro religione in termini compatibili con le società moderne, ma che gli è reso impossibile, spesso pena la persecuzione e la morte.

Discutere questi problemi in Italia è difficile, quasi impossibile, la paura di essere marchiati come razzisti rafforza l’ignoranza, la mancanza degli strumenti impedisce di capire e quindi giudicare. 

Quando ce ne renderemo conto sarà troppo tardi, e sarà inutile chiederci come sia potuto succedere.


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