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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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I palestinesi vogliono la fine degli ebrei, per dialogare devono cambiare obiettivo 20/03/2010

Per Avraham B. Yehoshua, fra i i più famosi scrittori israeliani contemporanei, la passione politica è sempre andata di pari passo con l’amore per la letteratura. Tra i fondatori di Shalom Ahshav (Pace Adesso), il primo movimento pacifista, ha sempre saputo però mantenere saldo lo spirito sionista e laico che ha contraddistinto la tempra dei fondatori dello Stato ebraico. Ieri ha scritto per la Stampa un articolo nel quale ha paragonato l’America di Barak Obama al buon padre di famiglia che riprende e punisce il figlio che ama, in questo caso Israele, pur di riportarlo sulla retta via. Perchè, e qui Yehoshua ha perfettamente ragione, Israele per continuare ad essere uno Stato ebraico e democratico nello stesso tempo, deve allontanare al più presto da sè il pericolo di veder crescere al proprio interno la popolazione araba, un futuro inevitabile se la politica di sviluppo urbano nelle periferie dei territori israeliani, cioè vicini a quello che dovrà diventare il probabile confine con lo Stato palestinese, dovesse inglobare zone con vasta popolazione araba . Il riferimento è rivolto alle nuove abitazioni nella parte orientale di Gerusalemme e allo sviluppo di altri quartieri intorno alla periferia della città, annuncio che ha dato origine alle polemiche di questi giorni con la Casa Bianca. Secondo Yehoshua questo compromette la possibilità di una separazione fra le due popolazioni e la creazione di un confine concordato fra Israele e Palestina. Un’analisi condivisibile, se i due contendenti stessero già discutendo su come realizzare di comune accordo la loro separazione, ma questo obiettivo è condiviso soltanto dalla parte israeliana, quella palestinese ha dato finora soltanto prove del suo disinteresse, non esprimendosi mai sul problema dei confini, e a qualsiasi soluzione che tenesse conto degli interessi dello Stato ebraico. Non riconoscendolo come tale, imponendo precondizioni inaccettabili, quali l’arresto dello sviluppo urbano sul territorio nazionale, ributtando sul tavolo questione del ritorno dei profughi, una richiesta che non è mai stata presa in considerazione dagli organismi internazionali alla fine di ogni guerra che ha modificato i confini precedenti. Per non citare l’argomento più serio di tutti, la sicurezza, che viene del tutto trascurato dall’Autorità palestinese, come se si trattasse di un optional e non invece un fattore di vitale importanza per Israele. Yehoshua ha visto nella richiesta americana un gesto capace di spingere Israele verso una strada che potrà condurre verso la pace, una volta che avrà acconsentito a cedere alle richieste palestinesi. L’utopia ha sempre rappresentato una attrazione per gli intellettuali, abituati a risolvere i problemi con l’aiuto della sola speranza. Che la realtà sia lontana dai loro sogni è solo un dettaglio trascurabile. Quanto è avvenuto a Gaza, un territorio consegnato ai palestinesi, senza più la presenza di un solo ebreo, perchè cominciassero a costruirvi le basi del nuovo Stato, si è trasformato in una entità nemica che non ha smesso finora di attaccare Israele, non insegnando nulla a chi, sicuramente in buona fede, spinge per accelerare un processo denso di pericoli per la stessa sopravvivenza di Israele. Il sogno di A.B.Yehoshua, che poi è il sogno di tutte le persone di buona volontà, si realizzerà quando gli arabi capiranno che le grandi potenze e gli organismi internazionali stanno dalla parte della democrazia, non più disposti ad accettare risoluzioni che favoriscono governi totalitari e dittatoriali, come sono la maggior parte degli stati della regione, in una parola quando si ricorderanno che i valori che sostengono Israele sono gli stessi per i quali nel secolo passato si sono combattute due guerre mondiali. E’ l’islam che deve dare segnali seri di cambiamento, non Israele. E’ dalla sua parte che devono schierarsi gli stati di diritto. Grazie all’esempio della presidenza Obama, sta avvenendo il contrario


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