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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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I palestinesi dicono no ai due stati. Sconfitta la linea pacifista di Obama 06/11/2009

L’atteggiamento leale ma non succube di Bibi Netanyahu nei colloqui americani con Barack Obama e le richieste non esaudite di Hillary Clinton ad Abu Mazen per la ripresa dei colloqui di pace, hanno costretto la dirigenza palestinese, frazione Anp, a gettare la maschera. I reiterati no a Israele non erano tanto un rialzo del prezzo con l’accusa allo Stato ebraico di non avere seguito quanto prescritto dalla “Road Map”, quanto piuttosto l’impossibilità di continuare a nascondere una verità che ormai era evidente a chi volesse guardare alla realtà mediorientale senza le abituali ipocrisie. I palestinesi, o meglio la loro leadership frazione Cisgiordania, non è che non avesse più l’obiettivo dello Stato indipendente, più semplicemente era diventato impossibile non tenere conto del colpo di stato di Hamas, che ha strappato con violenza la striscia di Gaza dalle mani di Fatah, dividendo in due il territorio palestinese.

Nel frattempo Abu Mazen ha deciso di non ripresentarsi per le elezioni del prossimo gennaio. In ogni caso i pronostico danno per favorita Hamas. «Non è una manovra. Spero che tutti capiscano questa mia scelta e farò di tutto per farla comprendere», ha detto il leader “dimezzato” dell’Anp.

Capiamo l’imbarazzo del povero Mahmoud Abbas, a doversi sedere con Bibi al tavolo dei colloqui, senza sapere esattamente che cosa reclamare. Se ne è accorto per primo il premier Salam Fayyad che ha chiesto due anni di tempo per realizzare le sovrastrutture del futuro stato, ma Hamas non concede dilazioni, vuol sapere, e in fretta, chi è che comanda sui palestinesi.

Ecco allora che i giochi cominciano a diventare chiari, ci pensa il capo negoziatore Saeb Erekat, il quale si è accorto che l’unico argomento dietro al quale può nascondere la sua impotenza è la solita accusa a Israele, «i palestinesi potrebbero dover abbandonare l’obiettivo di uno Stato indipendente, se Israele dovesse continuare ad estendere le proprie colonie senza che gli Stati Uniti lo fermino» ha dichiarato all’agenzia Reuters l’altro ieri. Una introduzione che ha permesso subito dopo ad Abu Mazen di «dire al suo popolo la verità, che con le attività di insediamento che proseguono, la soluzione “due stati” non è più un’opzione». Finalmente, le carte si scoprono e la parola misteriosa esce allo scoperto, eccolo lo Stato Binazionale, lo Stato unico, che dovrebbe unificare Gaza, Israele e Cisgiordania, a maggioranza musulmana, con gli ebrei ritornati alla condizione di “dhimmi”, sotto la protezione “benevola” di un potere che la storia di questi ultimi secoli ci ha già fatto conoscere. Altro che «due stati, l’uno accanto all’altro in pace e in sicurezza», come ce l’hanno sempre menata da Arafat in poi, e l’Occidente a chiedersi come mai i palestinesi non si decidevano mai ad accettare le offerte - tranne che nel ritorno dei profughi, identiche alle richieste - che i vari governi israeliani avevano sempre messo sul tavolo delle trattative. No di Arafat, no di Abu Mazen, no di Hamas, che almeno, sui primi due, ha sempre avuto il vantaggio di parlare chiaro, Israele deve sparire, a qualunque prezzo. Adesso lo dice anche l’Anp, gettandone la responsabilità su Israele, che in tutto questo rimestar di carte non può far altro che prendere atto che lo Stato che i palestinesi vogliono non è più quello indipendente ma binazionale. Una proposta che troverà estasiati tutti gli antisionisti - che sta per antisemiti, come ricorda sempre il presidente Napolitano - i quali staranno a brindare, con a capofila Barbara Spinelli, che da sempre appoggia questa soluzione, così buona e utile per Israele, che però si ostina a rifiutarla, ma si sa, Israele è uno stato oppressore, come potrebbe continuare ad esserlo se gli ebrei diventassero nel nuovo stato una minoranza?

La proposta di Erekat ha il pregio di aver smosso le acque in casa palestinese, qualcosa dovranno pur decidere. Mentre navi cariche di armi arrivano dall’Iran per essere puntate contro Israele, accrescendo gli arsenali di Hezbollah e Hamas, Unione europea e Stati Uniti saranno obbligati a prendere atto del cambiamento di direzione.

Se così sarà, come annunciato, vedremo quale sarà la loro risposta.


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