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Mordechai Kedar
L'Islam dall'interno
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Qatar: fine della corsa? 11/06/2017
 Qatar: fine della corsa?
Analisi di Mordechai Kedar

(Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)

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I sauditi ed i loro alleati arabi ne hanno abbastanza del Qatar e del suo sostegno a al Jazeera, ed hanno intenzione di vincere questa battaglia.
L’Emirato del Qatar è una penisola che dall’Arabia Saudita si protende nel Golfo Persico: c’è un’unica via di terra, quella che lo lega all’Arabia Saudita, e se questa viene bloccata, l’unico modo per raggiungere o lasciare il Qatar è servirsi dell’ aereo o di una nave.
Tuttavia, i voli da e per il Qatar passano nello spazio aereo saudita, così come le navi da e per il Qatar passano nelle acque territoriali saudite. Questo significa che l’Arabia Saudita può dichiarare un blocco totale del Qatar se lo vuole.
Non è mai successo prima, ma è proprio quel che sta succedendo a iniziare dal 5 giugno. Oltre al blocco totale, l’Arabia Saudita ha tagliato anche le relazioni diplomatiche e consolari con il Qatar, e così hanno fatto gli Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Egitto, Libia, Mauritius, Filippine e Maldive.
Egitto, Libia ed Emirati Arabi hanno dichiarato che avrebbero vietato al Qatar di passare nei loro spazi aerei e nelle loro acque territoriali.

Già nel 2014 questi Paesi avevano adottato misure punitive contro il Qatar, ma molto più moderate, rientrate dopo che il Qatar aveva deciso di accettare i dettami della Umma e di firmare gli Accordi di Riad insieme alle altre nazioni arabe. Ecco le motivazioni fornite dai Paesi coinvolti in questi provvedimenti senza precedenti, in corso contro il Qatar: ”Il Qatar sostiene i Fratelli Musulmani e altre organizzazioni terroristiche come Hezbollah, Hamas, Daesh e Jabhat al-Nusrah”; i “l’Emiro del Qatar ha dichiarato che l’Iran è un buon Paese”, “Il Qatar destabilizza il nostro regime”; “Il Qatar dà rifugio e protegge i leader dei Fratelli Musulmani fuggiti dall’Egitto”,”Il Qatar sta aiutando i ribelli Houthi (sciiti) nello Yemen”.

Un’altra ragione, viene attribuita ad un commentatore del Kuwait, appare sul sito di al Jazeera : “Il Qatar si è rifiutato di onorare le richieste finanziarie di Trump”. Questa bizzarra affermazione si riferisce a dei post comparsi su Facebook e su altri siti di social network prima dell’intervento di Trump alla conferenza della lega Araba a Riad, in cui offriva armi americane in cambio di un importo di ben millecinquecento miliardi di dollari, che andava suddiviso tra Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti. Dapprima tutti e tre questi Paesi erano d’accordo, ma all’ultimo momento il Qatar ne è uscito, seguito subito dopo dagli Emirati Arabi Uniti; così l’Arabia Saudita si è trovata sola a pagare l’intera somma a Trump.

Forse il fallimento di questo accordo, che avrebbe dovuto essere il più grande della storia, è stato all’origine dell’espressione cupa del volto di Trump durante la sua visita a Riad. Sostenere che il Qatar destabilizzi i regimi è rivolta anche ad al-Jazeera , il canale che dal 1996, trasmette da Doha, la capitale del Qatar, e che fin dagli inizi aveva fatto infuriare i governanti arabi perché sosteneva costantemente il Jihad contro di loro così come nei confronti di Israele, degli Stati Uniti, verso l’occidente e la cultura occidentale.
L’emittente satellitare promuove e sostiene l’organizzazione della “Fratellanza Musulmana” e le sue ramificazioni, come Hamas, al-Qaeda ed il ramo settentrionale del movimento islamico in Israele, guidato dallo sceicco Raed Salah. La strategia mediatica di al-Jazeera è decisa dall’emiro del Qatar e seguita alla lettera con attenzione e professionalità dal suo speaker principale, Jamal Ryan, un palestinese nato nel 1953 a Tulkarem, che si trasferì in Giordania per aderire alla Fratellanza Musulmana finché non fu espulso da Re Hussein.

Gli altri regimi arabi, primo tra loro l’Egitto sotto Mubarak, avevano tentato più volte di chiudere gli uffici di al- Jazeera nei loro Paesi dopo le critiche eccessivamente dure fatte ai loro governi, per riaprirli poi quando al-Jazeera abbassava il tono degli attacchi. La sensazione generale è che qualsiasi funzionario governativo può far trapelare informazioni imbarazzanti ad al Jazeera , per cui il canale deve solo valutare quando mandarlo in onda. Il solo pensiero che ciò possa accadere è sufficiente a paralizzare ogni leader arabo che volesse reprimere al Jazeera nel proprio Paese.
Ogni volta che scoppia un conflitto tra Israele e Hamas, al Jazeera si schiera dalla parte dell’organizzazione terrorista che il Qatar sostiene. Il leader di Hamas Khaled Mashaal, ha casa in Qatar, il cui Emiro è l'unico leader arabo che finora abbia visitato Gaza da quando è governata da Hamas. L’emiro ha dato miliardi ad Hamas, consentendo all’organizzazione di sviluppare la sua infrastruttura terroristica.

Il Qatar ha stanziato mezzo miliardo di dollari per “comprare” organizzazioni come l’UNESCO (il cui prossimo capo dovrà, ovviamente, essere del Qatar), così come i mezzi di comunicazione, esponenti della cultura e di governo, per promuovere l’obiettivo di togliere Gerusalemme dalle mani israeliane. Al Jazeera per garantire questo risultato gestisce una campagna ben pubblicizzata e organizzata. Questo è il volto della jihad che influenza i media. L'Arabia Saudita non ha mai permesso ai giornalisti di al Jazeera di lavorare all'interno del Paese, anche se di tanto in tanto deve permettere loro di coprire gli eventi speciali, soprattutto l’ Hajj.

I sauditi sanno esattamente che cosa l’emiro si proponeva quando fondò una rete multimediale che avrebbe governato sulle monarchie della regione, riportandone gli errori, sfruttando il timore di umiliazioni pubbliche, attraverso la trasmissione da un satellite che può raggiungere ogni casa nel mondo arabo, senza che possa essere bloccato. Gli ultimi dati ci dicono che l’Arabia Saudita ha però bloccato l’accesso al sito internet di al Jazeera nel proprio territorio.
La ricezione del canale satellitare di al Jazeera è più difficile da bloccare per via legale, per cui può ancora essere raggiunta in tutto il regno. I media arabi attribuiscono il blocco, alle dichiarazioni sul sostegno da parte del Qatar a Hamas e Hezbollah, dopo che nel discorso di Trump a Riad, il presidente degli Stati Uniti li aveva inclusi nella lista delle organizzazioni terroristiche, equiparandole ad al Qaeda e all’ ISIS. Non credo sia l’unica speigazione. Dichiarazioni relative a terzi soggetti (Iran, Hamas, Hezbollah) non sono di solito la ragione per una controversia pubblica che scoppia tra i monarchi arabi.

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A mio parere, il motivo del blocco del sito di al Jazeera in Arabia Saudita è una fotografia pubblicata sul sito di al Jazeera, mentre Trump era a Riad. Questa foto mostra Re Suleiman dell’Arabia Saudita mentre assegna la Decorazione d'Oro, la più alta onorificenza della monarchia saudita, a Donald Trump; ma non è l’importanza dell’onorificenza il motivo per cui è stata pubblicata.
La ragione ha a che fare con la donna che vi appare, in piedi tra Suleiman e Trump. Non so come si chiami, ma ha accompagnato Trump durante tutto il suo soggiorno a Riyadh - forse è un' interprete - in piedi proprio dietro di lui e che porta una valigetta, piena di documenti importanti che devono essere sempre con Trump ma che certo lui non può portare con sé quando viene fotografato.
Ciò che è interessante di questa donna è che ha trascorso tutto il tempo nel palazzo reale con i capelli scoperti, come ha fatto, Melania Trump, la First Lady, cosa vietata in Arabia Saudita. Nel palazzo, inoltre, le donne non possono essere viste in compagnia di uomini.
Al Jazeera ha postato questa foto intenzionalmente, al fine di mettere in difficoltà il re che ha concesso a Trump un premio, anche se lui è stato accompagnato da donne che, come quella nella foto, non coprono i loro capelli.

Quella foto del re è stata l’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso e i sauditi hanno bloccato al Jazeera . Il Qatar è ora sotto forte pressione. Le nazioni che hanno rotto le relazioni con il Qatar, hanno smesso di riconoscere il Qatar Rial come moneta valida e hanno confiscato tutti i depositi nelle loro banche. Di conseguenza, il Qatar non può acquistare beni con la propria valuta e deve utilizzare le sue riserve di valuta estera. Gli scaffali dei supermercati in Qatar sono stati svuotati dall’accaparramento di cibo da parte dei residenti, per il timore che il blocco non permetterà di importarne. Si possono vedere lunghe file di automobili che cercano di entrare in Arabia Saudita per evitare di essere bloccate nel paese sotto assedio.

Il Qatar sta cercando di ottenere aiuto dagli Stati Uniti per migliorare la situazione. La più grande base aerea americana nel Golfo si trova in Qatar ed è da lì che gli attacchi contro l’ISIS vengono attuati. Il Qatar ospita anche la Quinta Flotta della Marina Americana, così come il Comando Centrale degli Stati Uniti per il controllo delle forze in quella parte del mondo. I media del Qatar cercano di coinvolgere gli Stati Uniti, evidenziando la preoccupazione per l’assedio saudita. il Qatar ha iniziato un contrattacco per ottenere l’aiuto degli Stati Uniti: i media del Qatar hanno reso pubblico che l’ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti, Yousef Al Otaiba , alla vigilia delle elezioni americane aveva dichiarato: “ Quale miracolo potrebbe fare di Donald Trump un Presidente ?” Questo è destinato a provocare una spaccatura tra gli Stati Uniti e gli Emirati del Golfo, ma certamente non migliorare le relazioni del Qatar con gli Emirati. Nel frattempo, i sauditi e gli Emirati hanno espulso il Qatar dalla coalizione per combattere gli Houthi nello Yemen, e ci sono voci che anche il Consiglio per la Cooperazione del Golfo espellerà il Qatar. I sauditi potrebbero sospendere l’adesione del Qatar alla Lega araba e alle altre organizzazioni se questa disputa continua, aumentando la pressione sul clan dell'Emiro al-Thani.

I prossimi giorni decideranno il futuro del Qatar. C'è una possibilità concreta che i ministri degli esteri del Qatar e dei Paesi arabi che partecipano al boicottaggio, si riuniranno in qualche luogo neutrale, forse in Kuwait; il Qatar cederà e nuove regole saranno fissate dai leader arabi, vale a dire dal re Suleiman, per rimettere in riga il Qatar. Queste includono: ridimensionare al Jazeera e forse anche cambiare il suo staff dirigenziale, che ponga fine al sostegno alla Fratellanza Musulmana e ad altre organizzazioni terroristiche; che ponga fine alla cooperazione con l’Iran e, soprattutto, ascolti ciò che dice il “Grande Fratello” saudita sui problemi, in particolare quelli che hanno a che fare con i rapporti finanziari con gli Stati Uniti.
Una volta che le condizioni per la resa del Qatar saranno concordate, ci si può aspettare che i ministri incontreranno la stampa, diffonderanno una dichiarazione sulla fine della disputa intra-familiare, si stringeranno la mano davanti alle telecamere e sorrideranno (fino alla prossima crisi).

C’è, tuttavia, un altro scenario possibile: che il Qatar non ceda, che i sauditi e i loro alleati lo invadano, che i loro eserciti espellano l’Emiro del Qatar e il Mufti, insieme a Jamal Rian, il cervello guida alla base delle politiche di Al Jazeera. Dovrebbero poi nominare un nuovo emiro della famiglia regnante, uno che sa come comportarsi e che ascolti i Sauditi.
Nessuno, tranne l’Iran, i Fratelli Musulmani e Hamas si opporrebbero a questa soluzione, e le pacate condanne non riusciranno a nascondere la gioia e i sospiri di sollievo del mondo, se i sauditi attueranno tale piano.

Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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