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Mordechai Kedar
L'Islam dall'interno
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Invasione via terra: attenzione alla trappola tesa da Hamas 12/07/2014
Invasione via terra: attenzione alla trappola tesa da Hamas
Commento di Mordechai Kedar


( Traduzione dall'ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yeudith Weisz)


Lancio di razzi contro Israele da Gaza


Esistono altre scelte più efficaci

Hamas, negli ultimi giorni, sta continuando da Gaza la guerra che ha perso in Giudea e Samaria.
Il sequestro e l’assassinio dei tre ragazzi hanno offerto a Israele l’occasione legittima per colpire duramente le infrastrutture dell’organizzazione e buttare all’aria i suoi piani, proprio quando Hamas stava per prendere il controllo della zona per mezzo delle prossime elezioni presidenziali e parlamentari.
Tuttavia, lo scontro terrestre è stato efficace solo nel caso di Giudea e Samaria; a Gaza invece, Israele troverà molte difficoltà per i seguenti motivi:

1. Il numero e la densità della popolazione, soprattutto nelle aree urbane come Gaza City, Khan Yunis, Rafah e i campi profughi, impongono a Israele di introdurre grandi forze di fanteria e distribuirle in un elevato numero di punti.
2. Un carro armato nelle aree urbane non porta vantaggi dati i suoi limiti di manovrabilità, perché non può puntare verso i piani alti e perché é facilmente bersaglio delle armi anti carro, come gli RPG e i missili.
3. In un’area urbana anche una jeep blindata diventa facile bersaglio per le armi anti carro.
4. Gli stessi soldati che si muovono tra le case a piedi sono bersagli per i cecchini. Hamas ha sparso mine, costruito tunnel sotto gli edifici, fortificato le postazioni dei cecchini in punti strategici delle città.
5. L’eliminazione delle infrastrutture militari e civili di Hamas richiede una numerosa presenza israeliana numerosa per un lungo periodo, che consentirebbe ad Hamas di attaccare posti di comando e centri operativi (come è successo a Tiro).
6. L’eliminazione totale di Hamas non ne impedirà la rinascita non appena i nostri soldati se ne saranno andati.
Dal che si conclude che l’invio di unità terrestri all’interno di Gaza costerà molte vite umane senza ottenere buoni risultati. La successiva ritirata sarà considerata una vittoria per Hamas.

La guerra aerea invece offre a Israele un indubbio vantaggio su Hamas, anche se le mancanze dell’intelligence e la vicinanza degli obiettivi a civili incolpevoli pongono serie difficoltà.
Hamas lo sa bene, e quindi farà di tutto per trascinare Israele in un’operazione di terra nella quale non sarà in grado di riportare una vittoria.
Queste ragioni rendono difficile a Israele anche definire l'obbiettivo di un’operazione di terra nella Striscia di Gaza. Nonostante l’alto costo in vite umane che dovremmo pagare, una vittoria parziale non smantellerebbe Hamas, né una vittoria totale risolverebbe il problema in modo definitivo.
Al fine di trascinare Israele nella Striscia di Gaza, Hamas ha pubblicato sul suo sito ufficiale la foto di un missile, sembra un Grad, lanciato da un’area urbana molto popolata. La foto è seguita da un testo in cui Hamas con orgoglio racconta come questo missile sia stato puntato sull’ “insediamento di Ofakim”.
In questo modo, Hamas diffonde vari messaggi:
“ Stiamo lanciando missili da aree urbane e se Israele tentasse di distruggere i dispositivi di lancio e gli operatori, colpirà civili, donne e bambini. Dimostreremo ai media come Israele combatte e uccide civili inermi, donne e bambini. La popolazione civile sostiene la nostra causa ed è disposta a soffrire per questo. Israele può fermare i nostri missili solo con un’operazione di terra. ”
Con il lancio di missili da aree urbane, Hamas sta trasgredendo alla legge internazionale che proibisce il coinvolgimento di civili in guerra, peccato che i jihadisti di gaza, Hamas e altre organizzazioni, non tengano in alcuna considerazione le leggi internazionali. Se lo facessero, non prenderebbero di mira la popolazione civile.
Da quanto sopra sorge una domanda: come deve rispondere Israele per impedire il lancio di missili? La risposta è semplice:

1. Israele non deve entrare nella Striscia di Gaza, e deve continuare a combattere con gli aerei, dove ha un significativo vantaggio su Hamas e le altre organizzazioni terroristiche.
2. Israele deve continuare e intensificare gli omicidi mirati contro attivisti e leader, Israele deve dare ai leader di Hamas un chiaro avvertimento che il continuo lancio di missili porterà alla loro eliminazione.
3. Israele deve annunciare pubblicamente che due giorni dopo il suddetto richiamo, interromperà la fornitura di elettricità, acqua, cibo e carburante verso Gaza, e che ciò durerà fino alla cessazione dei lanci di missili. Israele può anche minacciare di troncare tutte le comunicazioni in rete che tramite Israele raggiungono Gaza. Non è mai esistita una situazione nella quale un Paese, continui a dotare di rifornimenti e servizi una zona da cui viene bombardato. I due giorni di preavviso sono destinati ad affrontare le questioni giuridiche, pubbliche, politiche e mediatiche che possono derivare dalla sospensione delle forniture.

Ho scritto questo articolo martedì 8 luglio, mentre gli arabi palestinesi lanciavano più di 100 razzi e missili sulle città israeliane, da Sderot a Sud a Hedera nel Nord, comprese Tel Aviv e Gerusalemme. In quello stesso giorno, Israele aveva permesso a 170 camion, ripeto 170 camion, carichi di cibo e altri rifornimenti, di entrare a Gaza
Non è assurdo tutto questo?
I nostri continuano a dire: noi distinguiamo i terroristi dai civili, combattiamo il terrorismo e forniamo cibo ai civili. Nulla è più irritante e scorretto di questo, perché - pensateci bene - chi è che distribuisce il cibo? Israele o Hamas? In altri termini, la popolazione ringrazia Hamas per essere capace di estorcere a Israele i rifornimenti di viveri, anche se Hamas fa piovere missili su Israele.
Diciamo che stiamo trasferendo cibo e carburante in modo che i media ne prendano atto. Anche questo è un approccio scorretto perché si basa su una contorta scala di valori, secondo cui le vite degli israeliani valgono meno dell’immagine d’Israele.
Continuare a trasferire cibo, acqua, carburante ed elettricità è interpretato dall’altra parte come un segno di debolezza, e la debolezza stimola ad aumentare la pressione sotto forma di razzi e missili. Sospendere le forniture indurrebbe i residenti di Gaza a chiedere che Hamas cessi di lanciare razzi. Chiaramente, continuare a trasferire rifornimenti genera continui lanci di razzi.

Tuttavia Israele non ha né la necessità né l'interesse a distruggere il governo di Hamas a Gaza, poiché ciò porterebbe al caos e costringerebbe Israele a prendersi cura di un milione e mezzo di cittadini gaziani, di cui neppure un minyan (quorum di 10 uomini) è pro israeliano. Al contrario, l’esistenza stessa del governo di Hamas a Gaza serve a Israele, perché mantiene l’Autorità Palestinese  divisa in due parti e impedisce la creazione di uno Stato Palestinese che potrebbe diventare uno Stato di Hamas comprensivo di Giudea e Samaria.
Il movimento di Hamas, in modo irritante, stabilisce le condizioni per un cessate il fuoco: liberare i prigionieri che erano stati a suo tempo liberati in cambio di Shalit, liberare i leader di Hamas che sono stati arrestati, togliere l’assedio navale da Gaza, rimuovere il blocco marittimo e porre fine alle uccisioni mirate.
Israele non deve accettare le condizioni di Hamas, se non altro perché un accordo con un’organizzazione terroristica le conferirebbe legittimità e sarebbe una resa al terrorismo che incoraggerebbe a ulteriori pressioni.
L’operazione “Margine Protettivo” deve creare una situazione di deterrenza israeliana nei confronti di Hamas, che governa su Gaza, affinché senta di non avere altra scelta se non ripristinare la pace e forzare a fare lo stesso le altre organizzazioni, cioè la Jihad Islamica Palestinese e i Comitati di Resistenza Popolare. Non si può far a meno di concludere che questa non è soltanto un combattimento tra l’Esercito di Israele e il braccio armato di Hamas, ma un conflitto tra due società, quella israeliana e quella gazana, e che vincerà la società più forte, più coesa e più pronta al sacrificio.
Se poi ciò richiedesse l’evacuazione temporanea di bambini, donne o famiglie dal Sud verso altre regioni del Paese, bisognerebbe farlo, in modo che il nostro governo possa contrastare i razzi terroristici, finchè sia necessario,  senza doversi preoccupare di possibili perdite.
Se il governo d’Israele agisce in modo tale da proteggere i cittadini, se il nostro Primo Ministro si presenta  in pubblico a spiegare l'idea alla base di questa operazione, la stragrande maggioranza del pubblico coopererà e sosterrà la politica del governo su questo problema
L’opinione pubblica israeliana si rende conto che questa è una guerra, e che “à la guerre comme à la guerre”. Israele deve ottenere una vittoria che sia inequivocabile, chiara come un assolato pomeriggio di luglio. Se alla fine di questo ciclo di violenze i jihadisti sostenessero di aver vinto loro, questo li incoraggerebbe a provarci di nuovo.
Io non sono così ingenuo da pensare che una vittoria di Israele possa risolvere per sempre tutti i nostri problemi con Hamas, ma gli spazi di tempo tra i cicli di violenza si allargheranno allorchè i nostri nemici capiranno che la violenza non porta loro i risultati sperati.

Uno Stato islamico a Gaza

La situazione a Gaza è più complessa poiché esistono al suo interno diversi gruppi illegali che non seguono le direttive del governo di Hamas. I più noti sono la Jihad Islamica Palestinese e i Comitati di Resistenza Popolare, ma ve ne sono molti altri più  piccoli.
Di recente a Gaza ci sono state voci che parlano di gente che ha giurato fedeltà allo Stato Islamico e al Califfato, al Califfo Abu Bakar Al Baghdadi. Ciò significa che se Hamas non affronta immediatamente queste organizzazioni ribelli, si troverà a doversi scontrare contro un’opposizione armata, crudele, e risoluta a portare il terrore dal Sinai, dall’Iraq e dalla Siria fino a Gaza.
Gaza non è un caso isolato, e si è udito un giuramento di fedeltà a uno Stato Islamico  in Libano, Sinai e Libia, mentre tre settimane fa abbiamo visto le manifestazioni in sostegno di uno Stato Islamico in Giordania.  A mio parere, è solo una questione di tempo, ma sentiremo e forse vedremo eventi simili in Giudea e Samaria, e persino all’interno dell' Israele pre 1967.

Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
Link: http://eightstatesolution.com/
http://mordechaikedar.com

http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez

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