Riduci       Ingrandisci
Clicca qui per stampare

 
Mordechai Kedar
L'Islam dall'interno
<< torna all'indice della rubrica
Egitto: I Fratelli del 'danno totale' 26/05/2013

Egitto: I Fratelli del "danno totale"
Commento di Mordechai Kedar

(Traduzione dall’ebraico di Sally Zahav, Giovanni Quer per la versione italiana)



Mordechai Kedar                Miliziani beduini nel Sinai

Sappiamo tutti che cos'è un "danno totale", per esempio il danneggiamento di un'auto in conseguenza di un incidente, per cui è impossibile o non conviene ripararla e ciò che resta da fare è rottamarla.
La situazione dell'Egitto sembra proprio ricordare il "danno totale", dopo una lunga serie di incidenti che colpiscono il Paese da ormai due anni, cioè da quando Mubarak è stato posto sul banco degli accusati.

Quando Mubarak era al potere lo Stato funzionava, di certo non bene, ma almeno la dittatura che controllava 90 milioni di egiziani garantiva una certa stabilità. Da quando però Mubarak è stato allontanato dal potere, non funziona più niente e l'Egitto sembra come una macchina con 90 milioni di problemi, per cui "danno totale" sembra quasi un'espressione troppo tenue.
I problemi sono incominciati l'11 febbraio 2011, quando Mubarak si dimise su richiesta del Ministro della Difesa, il generale Tantawi, dopo che le manifestazioni contro di lui erano divenute ingestibili.
Tantawi rimase al potere per sei mesi, nel tentativo di garantire una stabilità istituzionale in vista di un graduale cambiamento di regime.
Tuttavia in Egitto alla stabilità dittatoriale è succeduto il caos, che pare essere sempre più uno stato di anarchia nonostante ci sia un governo eletto democraticamente.

L'Egitto può essere visto come un caso interessante da studiare, un nuovo concetto nella scienza della politica, che può essere definito "anarchia democratica" o "democrazia anarchica".


In Egitto c'è un presidente, un esercito, poliziotti e giudici, ma sembra che tutti queste istituzioni non funzionino come in un sistema organico bensì pare che ognuna agisca perseguendo propri fini.
Alcuni esempi: il popolo vota un parlamento e i giudici lo sciolgono; il presidente emette decreti in sostituzione alle leggi del parlamento e i giudici le annullano; la maggioranza della popolazione vota per un presidente che molti altri non vogliono; il presidente è islamista ma tenta di fare leggi contro la shari'a; i beduini del Sinai sono cittadini egiziani ma si comportano come se lo Stato fosse loro nemico.
Un ulteriore problema che si aggiunge alla lista è il rapimento di sette soldati da parte dei beduini, che vogliono, in cambio della liberazione, il rilascio di alcuni beduini detenuti in carcere. Se Morsi cedesse alle richieste dei rapitori  sarebbe una sconfitta per lo Stato e la vittoria di un gruppo criminale incoraggerebbe il rapimento di altri soldati per ottenere altri riscatti.
In un simile contesto, quando qualsiasi criminale riesce a mettere in scacco un regime, significa che lo stato è assente.
Del resto non si può nemmeno intervenire con una massiccia operazione militare, perché questo governo si presenta come un governo religioso, e come tale come può causare la morte di fedeli musulmani ?.

Questa non è la prima volta che i beduini mettono alla prova il governo di Morsi: nell'agosto 2012 hanno ucciso 16 soldati e nell'ultimo anno non hanno fatto che attaccare stazioni di polizia e pattuglie delle forze armate; in più hanno anche fatto saltare il gasdotto che rappresenta un'importante fonte di sostentamento per il paese.
I beduini collaborano con Hamas e girano voci secondo cui i soldati rapiti si troverebbero già a Gaza. Le famiglie dei rapiti vanno spesso in tv, nel tentativo di far pressione sul governo perché accetti le condizioni dei rapitori, ma Morsi ha già ottenuto dal muftì d'Egitto un permesso religioso per combattere contro i beduini.


L'esercito vuole distruggere i tunnel che collegano il Sinai con la Striscia di Gaza, ma Morsi teme la propaganda di Hamas e ha anche paura del fratello maggiore di Hamas,  l'emiro del Qatar.
Questo crea implicazioni molto più gravi dello stato di anarchia in cui è sprofondato il Sinai. Infatti, l'esercito egiziano non è motivato in una guerra contro i beduini, in particolare perché non ha informazioni d'intelligence sugli svariati luoghi nascosti nella Penisola - è difficile infiltrarsi nei gruppi tribali e jihadisti - e anche perché i soldati si troverebbero in svantaggio sul terreno, non potendo avanzare con i carri armati ma solo con la fanteria, che non conosce il deserto come lo conoscono i beduini che ci vivono.
In più, come spiegare la morte dei giovani soldati alle loro famiglie? L'esercito vuole veramente sacrificarsi per rafforzare il regime dei Fratelli Musulmani ? Come risponderà l'esercito alle proteste dei salafiti che già accusano i militari di tramare per il ritorno di Mubarak al potere?
E come potrebbe reagire l'esercito più grande del Medio Oriente, di fronte ai soldati e ai cittadini, se i beduini uccidessero i soldati rapiti davanti alle telecamere per poi pubblicarlo su youtube?

 Che razza di esercito e di stato c’è in Egitto ?
Fahmi Hawaidi, uno dei più noti editorialisti egiziani, sostiene che non sono stati solo i soldati ad esser stati rapiti, ma è tutta la penisola del Sinai ad esser stata sequestrata dai beduini, persino tutto il Paese è nelle mani degli anarchici di ogni tipo: beduini, studenti, disoccupati, salafiti che non credono alle leggi che sono state emanate, ma anche i laici che non vogliono che sia Allah a gestir la loro vita.
Tutti credono che sia stato qualcun altro ad avere "rapito" la rivoluzione: i giovani manifestanti di piazza Tahrir, che adesso rimpiangono persino Mubarak, dicono che i Fratelli Musulmani si sono impossessati della rivoluzione.
Questi ultimi, che hanno vinto democraticamente le elezioni, accusano gli altri gruppi che le hanno perse di volersi impossessare della rivoluzione e del regime.
Molti accusano anche l'ancien regime di operare dietro le quinte per impossessarsi della rivoluzione . Ma tutti concordano che il paese si trova in questa situazione a causa di una cospirazione dell'Occidente e dei sionisti che vogliono impossessarsi dell'Egitto.

 Morsi si trova in una situazione complicata, in cui tutti tentano di tirarlo dalla loro parte: i suoi amici Fratelli Musulmani e i loro sostenitori vogliono uno Stato islamico non estremista al punto da amputare le mani ai ladri come prescrive la shari'a; i salafiti, i più ligi ai precetti di Allah, minacciano Morsi con l’accusa di eresia se il suo comportamento dovesse essere contrario alla loro versione dell’ islam. L'esercito bada anzitutto ai propri interessi e non a quelli del Paese o del governo, mentre nelle piazze vi sono manifestazioni di gruppi violenti contrapposti: religiosi contro laici, tradizionalisti contro modernisti, e i fedeli di Mubarak contro tutti gli altri. Come reagisce Morsi ? Aumentano le notizie che lo descrivono  come un leader che non prende posizione.

Tutto è iniziato con le manifestazioni del 25 gennaio 2011, quando la polizia egiziana, allora ancora sotto il controllo di Mubarak, aveva fermato centinaia di attivisti tra i Fratelli Musulmani e altri membri dell'opposizione, messi in prigione secondo la legge d'emergenza allora in vigore.
Morsi era tra i prigionieri, incarcerato a Wadi Natrun.
Il 29 gennaio, con l'aumento delle manifestazioni cui si erano uniti anche poliziotti e guardie carcerarie, i prigionieri, aiutati da membri di Hamas e beduini, liberarono quasi 3,000 carcerati, tra cui membri di Hezbollah e Al-Qaida.
Morsi era uno di loro, per cui si presenta ora una complicazione legale circa la compatibilità tra lo status di ex carcerato e il ruolo di governo che ricopre.
I difensori di Morsi dicono che non c'è alcuna prova che dimostri che era tra i prigionieri, perchè la loro parola, in quanto carcerati, non ha valore.
Ma la vera questione è sapere chi ha fatto sparire tutta la documentazione.
Su Morsi quindi gravano sospetti di fuga dal carcere e di sottrazione di documenti.
I suoi sostenitori sostengono che vigeva allora la legge di emergenza, successivamente abrogata, quindi Morsi non potrebbe esser considerato un fuggitivo perché imprigionato in base a una legge ingiusta; i suoi oppositori sostengono che la legge d'emergenza era legittima, il che comporta che Morsi sarebbe a tutti gli effetti un ex carcerato.
Questo ha fatto si che sia stato presentato un ricorso ai giudici per estrometterlo dai pubblici uffici. Un ulteriore problema è che molti dei prigionieri fuggiti sono morti, e quelli che restano in vita, rischiano la pena di morte.
Una ipotesi valida anche per Morsi.

L'economia è sprofondata: il turismo, che dava da mangiare a moltissimi egiziani, è quasi scomparso, e anche il recente incidente della mongolfiera in cui son morti alcuni turisti, ha fatto pensare che forse è meglio trovare un posto più stabile dove far vacanza.
Sono quasi del tutto interrotti anche gli investimenti industriali esteri.
L'Egitto ha sempre più difficoltà ad ottenere prestiti, sia per la crisi economica che colpisce Europa e Stati Uniti, sia perché non garantisce la certezza dei prestiti.
Morsi si reca spesso in Arabia Saudita per avere finanziamenti che gli permettano di mantenere stabile il prezzo del pane, in modo da evitare le rivolte delle folle di affamati. Secondo alcune notizie, pare che l'Iran sia pronto ad aiutare finanziariamente l'Egitto in cambio della gestione delle moschee costruite in Egitto in epoca fatimide (più di mille anni fa), ivi compresa la moschea di al-Azhar, la massima espressione dell'Islam sunnita, il che permetterebbe all'Iran sciita di influenzare il pubblico egiziano e attirare le folle di disperati all'Islam sciita.

 E' diventato anche pericoloso muoversi per strada, in macchina o a piedi, perché la miseria genera violenza. La situazione politica e giuridica ha creato grande sfiducia nella rivoluzione, così profonda come lo erano le speranze riposte nel cambiamento. E il prezzo lo pagano i gruppi più deboli: donne, bambini, senzatetto e i nove milioni di copti, cioè un decimo della popolazione. Non passa giorno che non si registri un suicidio, la miseria fa preferire la morte allo sguardo dei famigliari affamati che aspettano a casa. In più le folle di disperati che popolano le piazze sfogano la propria rabbia sui copti cristiani, nativi della regione, assaltano monasteri, incendiano chiese, saccheggiano i negozi dei cristiani.
I copti hanno perso la speranza di tornare ad avere una loro patria, dopo che è stata islamizzata con la forza nella metà del VII secolo.

Quando vediamo che cos'è oggi l'Egitto, si arriva alla conclusione che i Fratelli Musulmani hanno fatto la peggior mossa che si poteva fare: hanno messo insieme un'auto che è in realtà è danneggiata in modo totale, tentano di guidarla con i passeggeri a bordo, come se potesse veramente arrivare da qualche parte; ma solo in un luogo può arrivare: in un discarica, nella discarica della storia.

"Se ne ride dal Cielo il Signore, e li schernisce" (Salmi, 2:4).

Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
Link:
http://eightstatesolution.com/
http://mordechaikedar.com/


Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui