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Zvi Mazel/Michelle Mazel
Diplomazia/Europa e medioriente
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Al centro del problema, un'incomprensione reciproca 05/09/2023
Al centro del problema, un'incomprensione reciproca
Analisi di Michelle Mazel 

(traduzione di Yehudit Weisz)



La Knesset

Israele sull'orlo del baratro? Come ci siamo arrivati? Come riconciliare l'immagine che avevamo dello Stato ebraico con queste manifestazioni, con queste folle piene di odio? E da entrambe le parti, la stessa bandiera, lo stesso grido di battaglia: democrazia! Gli uni si battono per salvarla, gli altri per ripristinarla. In questo tragico dialogo tra sordi, la coalizione di governo, eletta meno di un anno fa, afferma che, grazie alla maggioranza assoluta di cui dispone in parlamento – 64 voti su 120 – può legittimamente perseguire un’ampia riforma. Nello specifico, modificando la composizione della Corte Suprema per porre fine a quello che definisce il suo attivismo; in questione, secondo lei, il fatto che i quindici membri, non eletti, ma cooptati, si arroghino il diritto di annullare sia le decisioni del governo che i testi votati dai parlamentari. Per le decine, e spesso delle centinaia di migliaia di oppositori che manifestano settimana dopo settimana in tutto il Paese, una tale riforma metterebbe fine all’indipendenza del sistema giudiziario e suonerebbe la campana a morto per la separazione dei poteri, che sarebbero tutti nelle mani del governo. Loro affermano che tutti i sondaggi d'opinione mostrano che la coalizione ha perso la fiducia del pubblico e che non sopravvivrà a nuove elezioni. Eminenti giuristi sostengono queste due tesi con la stessa veemenza; tuttavia, si può affermare con certezza che la maggioranza del pubblico non sarebbe in grado di esprimere un giudizio informato. Sembra però probabile che il divario non sia così ampio e che sia possibile trovare un compromesso, che si tradurrebbe ovviamente in una riforma, ma su scala minore. In effetti, Yair Lapid e Benny Gantz, alla guida dei due maggiori partiti di opposizione, non sarebbero ostili a un dialogo costruttivo che porti a concessioni da entrambe le parti. Solo l’intransigenza degli “estremisti” rende attualmente difficile un riavvicinamento. Questo perché lo scontro tra i due blocchi ormai va ben oltre le questioni giuridiche. Secondo i leader della coalizione, l’opposizione è organizzata e dominata da ex capi di Stato che mirano a far cadere il Primo Ministro e a rovesciare il governo con ogni mezzo; sarebbero sostenuti finanziariamente da fondi provenienti dall'estero. Questi naturalmente cercano di negarlo, ma queste accuse finiscono sulle prime pagine della stampa e della televisione.

Da parte loro, i manifestanti protestano contro le misure unilaterali adottate dal governo, che approverebbe leggi controverse senza consultazione e che prenderebbe in considerazione il “controllo della stampa.”  Quel che è drammatico in questa situazione senza precedenti, è il coinvolgimento dell’esercito. Come sappiamo, Tsahal è l'esercito del popolo, che si fonda sulla coscrizione obbligatoria, ma anche sul contributo dei riservisti che continuano a prestare servizio volontario al termine del loro servizio militare. Ma un numero imprecisato di questi riservisti, convinti che il Paese sia sulla strada della dittatura, ora si rifiutano di rispondere all’appello. Questa crisi è mal gestita da ministri e uomini politici che, lungi dal cercare la pacificazione, lanciano insulti a degli ufficiali decorati che ormai non devono più dimostrare il loro patriottismo.  La crisi è osservata attentamente dai nemici di Israele che si chiedono  se sia giunto il momento di agire contro un Paese indebolito dai suoi contrasti interni.

L’unico raggio di speranza in questo quadro cupo, è che i sostenitori e gli oppositori del governo non sono ancora venuti alle mani. Il Primo Ministro, che non deve più dimostrare le sue qualità di uomo politico, può ancora trovare una formula che soddisfi le aspirazioni di unità del Paese.
Lo farà e troverà i partner necessari?

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Michelle Mazel

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