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Ugo Volli
Cartoline
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La libertà di parola in pericolo: non solo nel terzo mondo, anche in Europa 25/10/2017
La libertà di parola in pericolo: non solo nel terzo mondo, anche in Europa
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

Cari amici,

sotto la dialettica politica quotidiana, che è assai vivace, vi sono oggi in gioco alcuni principi fondamentali della nostra democrazia, che stanno cambiando sotto i nostri occhi, senza che se ne discuta davvero. Uno di questi principi è la libertà di espressione. Se ne parla dal Seicento, quando Spinoza, seguendo Locke, sosteneva che è nell’interesse di uno stato ben ordinato che tutte le opinioni vi siano liberamente professate; poi venne Voltaire a difendere la tolleranza e infine divenne legge nel 1791 con il Primo Emendamento alla Costituzione americana, che fra altre cose garantiva la libertà di opinione. Non vi è forse principio più fondamentale per stabilire una società liberale.

Questa libertà è molto cresciuta negli ultimi decenni in Occidente. Una volta era realizzata da pochi organi di stampa e dal sostanziale monopolio dei partiti sulla comunicazione politica, con l’eccezione ammirabile ma un po’ folkloristica di dello “speaker corner” di Hyde Park a Londra. Poi le barriera d’accesso, economiche e giuridiche, alla realizzazione di mezzi di comunicazione di massa si sono molto abbassate e soprattutto è venuta l’epoca di Internet e in particolare dei social media dove chiunque può esprimersi con un sito, un blog, o anche solo una pagina Facebook o un tweet. Informazione Corretta, per esempio, senza la rivoluzione di Internet non sarebbe stata possibile.

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Naturalmente i titolari del vecchio monopolio non l’hanno presa bene, tanto i giornalisti, per ovvie ragioni di concorrenza, dato che i giornali hanno perso quasi il 60 per cento delle copie vendute dal 1996 a oggi (http://www.pagina99.it/2016/10/20/crisi-giornali-italiani-vendite-pubblicita/); quanto soprattutto i politici, soprattutto quelli dello schieramento bipolare (popolari e socialdemocratici) egemone in Europa fino a qualche anno fa. Questi ultimi stanno perdendo a grandi passi la loro egemonia: democristiani e socialdemocratici hanno fatto entrambi nelle elezioni tedesche il loro peggior risultato dal ‘49, con la differenza che i socialdemocratici ormai sono arrivati ad avere voti a una sola cifra (l’8% o il 6%) in molti paesi come la Francia e la Repubblica Ceca. La ragione ovvia è che hanno entrambi adottato una politica pro-immigrazione e di centralizzazione dell’Unione Europea, che l’elettorato non gradisce. Ma chi li dirige non accetta di aver sbagliato tutto e di avere una linea che gli elettori rifiutano, e dunque danno la colpa alla comunicazione, in particolare a Internet (ma talvolta anche al suffragio universale, che il “democratico” Scalfari, per esempio, ha incolpato di tutti i mali del tempo). In attesa di abolire le elezioni, stanno cercando di imbavagliare internet.

Il 1 ottobre, senza che nessuno ne parlasse, è entrata in vigore in Germania una legge che obbliga gli internet provider a cancellare “entro 24 ore” i post su cui hanno ricevuto reclami, a pena di multe fino a 50 milioni di euro (dico 50 milioni, costa meno essere responsabili della morte di qualche decina di persone) Trovate qui la legge: https://www.gatestoneinstitute.org/11205/germany-official-censorship e qui una spiegazione dettagliata, scritta al momento della sua proposta: https://www.gatestoneinstitute.org/10123/europe-censorship. Naturalmente alcuni dei contenuti incriminati sono effettivamente disgustosi e possono arrivare fino a costituire i reati di apologia, calunnia ecc. Ma in questo caso è responsabile chi li scrive; la novità è cercare di usare i provider come censori.

Anche in Italia ci sono proposte del genere (https://media.boingboing.net/wp-content/uploads/2016/09/bill.pdf). Ma soprattutto è passata di recente una legge ancora peggiore. Con il pretesto, in questo caso del tutto fuori luogo, di applicare norme europee, il PD ha fatto approvare una norma che da all’AGCOM il potere di imporre ai provider l’eliminazione di contenuti web (http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/10/04/dati-personali-su-web-e-telefono-il-governo-da-il-via-alla-sorveglianza-di-massa/3892666/). Ora l’Agcom non è magistratura, non deve rispondere ai principi garantisti del diritto processuale. E’ un organo politico, i cui membri sono nominati (via lottizzazione) dalle Camere e il cui presidente direttamente dal Presidente del Consiglio (https://it.wikipedia.org/wiki/Autorit%C3%A0_per_le_garanzie_nelle_comunicazioni). Ora essa ha la possibilità di decidere che contenuti gli italiani non debbano poter vedere, senza dover rendere ragione a nessuno di queste sue scelte.

Oltre alla parte repressiva ce n’è una, come dire, preventiva, largamente finanziata dall’Unione Europea. Si sono inventati per esempio, con fondi europei, un raggruppamento di “giornalismo etico – contro i discorsi dell’odio” (https://www.respectwords.org/it/home-2/) il cui rappresentante italiano è quel limpido esempio di deontologia giornalistica costituito da Radio popolare, le cui linee guida impongono di non dare mai, se solo si può, la parola a quelli che dissentono dall’immigrazione (https://www.respectwords.org/wp-content/uploads/2017/10/Reporting-on-Migration-and-Minorities..pdf) e di tirar fuori tutto il buono che si riesce dai musulmani, incluso il non soffermarsi troppo sulla condizione femminile (https://www.respectwords.org/wp-content/uploads/2017/10/Reporting-on-Migration-and-Minorities..pdf). La European Federation of Journalists (EJF) ha preso gli stessi impegni, insomma c’è un serio lavoro per evitare che i poveri elettori, i quali come si sa sono deboli e sciocchi, possano incorrere in tentazione ricevendo informazioni non gradite. Leggete per favore questo reportage (https://www.gatestoneinstitute.org/11214/europe-journalists-free-speech) e ditemi se esagero quando dico che l’Unione Europea somiglia sempre più alla vecchia Unione Sovietica, non quella di Stalin, beninteso, ma quella “morbida” degli ultimi anni, che magari non mandava più nessuno in Siberia ma crollò solo molto lentamente con un’élite ostinatamente attaccata al potere e ai suoi riti. Speriamo solo che la censura e la pedagogia clericale dei bergogliani non riescano a soffocare la vitalità della società digitale come vorrebbero.

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