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Ugo Volli
Cartoline
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Il segnale che viene da Berlino 19/09/2016
Il segnale che viene da Berlino
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

A destra: Barack Obama, Angela Merkel

Cari amici,

ricapitoliamo. Anche a Berlino, la capitale della Germania che domina sull’Europa, città tradizionalmente di sinistra e massicciamente assistita (perché anche dopo il comunismo non ha mai recuperato una funzione economica a parte il turismo e la burocrazia), i democristiani della Merkel perdono quasi il 6% (sul 20 che avevano) e i socialdemocratici che sono con lei al governo nazionale quasi il 7 sul 28% iniziale. Insieme fanno una frana del 13%, e perdono la maggioranza. chi si afferma oltre il 14% è Alternative fuer Deutschland, il partito anti-immigrati che i giornali amano chiamare populista, un’etichetta che non vuol dire niente, se non che a loro non piace. Sono dati molto simili a quelli dell’ultima elezione in Meklenburgo, e dicono una cosa semplicissima: che ai tedeschi il governo Merkel non piace, anche se li ha portati all’egemonia politica del continente e a una condizione economica molto buona, imponendo (agli altri) una politica di austerità che ha danneggiato molti stati europei.

Qual è la spiegazione? Potete trovarla, se volete, dall’altra parte dell’Atlantico - anche se naturalmente non è possibile immaginare alcuna determinazione causale, perché gli eventi sono contemporanei. Benché il sindaco di New York (di estrema sinistra, bisogna ricordarlo) si sia affrettato a negarlo, emerge ormai con chiarezza che l’attentato di Chelsea aveva matrice islamica, come quello in Minnesota. E hanno matrice islamica anche gli attentati del Kashmir e i cinque o sei palestinesi (ricominciati tutti assieme, guarda un po’, quando Muhammed Abbas, obbligato dai suoi ex superiori del KGB, doveva finalmente incontrare a Mosca “senza precondizioni” Netanyahu). Insomma, la guerra a bassa intensità dell’Islam contro il resto del mondo continua e di essa fa parte l’immigrazione. Sebbene i media, i politici, i leader religiosi facciano il possibile per nasconderlo (e questa è la loro grave responsabilità storica), gli elettori se ne rendono conto - e non lo vogliono. Non vogliono avere attentati, non vogliono ospitare quelli che li preparano, non vogliono essere condizionati da gente che vuole le donne sottomesse e velate, che odia gli omosessuali, che non sopporta le altre religioni, che ha una concezione non egualitaria della politica e della società. Non vogliono che le città siano costellate dai loro punti di aggregazione e di organizzazione, oltre che di preghiera, perché le moschee sono tutte e tre le cose. Non vogliono che le loro stragi di animali inondino di sangue le strade, non vogliono l’iconosclastia e la sconsacrazione delle chiese, e non vogliono pagare vitto e alloggio a gente che non sa o non vuole fare niente, se non vivere di assistenza. Non vogliono stupri, violenze antisemite, rapine, attentati. Vogliono vivere nell’Europa che hanno costruito e ricostruito pacifica e prospera, non in un nuovo Libano o in Siria. Non vogliono “l’accoglienza” che piace a Merkel e Bergoglio. Sono disposti ad aiutare le popolazioni in difficoltà, ma a casa loro, non a farsi invadere.

Per questo hanno votato più o meno come ieri in Germania e in Gran Bretagna, in Austria e in Polonia, in Danimarca e in Repubblica Ceca. Per questo appoggeranno il referendum anti-immigrazione in Ungheria, per questo voterebbero per un presidente con le stesse convinzioni in Austria, se un establishment cialtrone e disonesto non avesse sottratto loro due volte il voto, prima barando con le elezioni a giugno, poi inventandosi un pretesto ridicolo (la colla delle buste del voto per corrispondenza che non attacca bene) per rinviare di nuovo le elezioni. Per questo probabilmente la Merkel, se avrà il coraggio di ripresentarsi, perderà le elezioni politiche l’anno prossimo e il patetico Hollande perderà le presidenziali francesi. Per questo inizia a diventare probabile che Trump batta Clinton fra un mese e mezzo.

Certo, alcuni dei personaggi che utilizzano questa ondata non sono politicamente raccomandabili (per esempio gli ungheresi), altri sono sgradevoli sul piano umano o estetico (come Trump). Alcuni hanno nell’album di famiglia il fascismo. E i nemici dell’Europa e dell’Occidente (che sono quelli che vogliono fare invadere e islamizzare il nostro continente, non chi lo difende) giocano su questi rapporti per frenare la frana che li investe. Ma quando si trattò di fermare il nazismo, il mondo libero si alleò con Stalin, che era un criminale certamente non molto migliore di Hitler. Era un errore? No, era una sgradevole necessità, si trattava di scegliere il male minore. E oggi l’islamismo non è meno pericoloso di quanto lo fosse il nazismo, forse oggettivamente di più. E se Le Pen in Francia, l’AfD in Germania, i liberali in Austria hanno dei precedenti o dei parenti in relazione al fascismo, non si può dire lo stesso della sinistra? D’Alema, per fare solo un esempio che è tornato di moda, figlio di un dirigente comunista di quelli fedelissimi di Stalin, lui stesso “pioniere” a nove anni e prescelto da Togliatti: non ha un album di famiglia altrettanto imbarazzante di quello di Marine Le Pen? Non sono più antisemiti, irrazionalisti, pericolosi politicamente i nostri grillini dei partiti anti-immigrazione in Norvegia, Danimarca, Olanda?

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"Sottomissione", di Michel Houellebecq

Siamo in tempi di grande rivoluzione politica, si gioca una partita pro o contro quella che Houllebecq ha chiamato “soumission”, sottomissione, che è la traduzione francese di Islam. In un mondo normale a guidare la resistenza sarebbe un partito tradizionalmente conservatore e democristiano come quello della Merkel. Se lei, come molti politici “illuminati” non avesse lasciato scoperto lo spazio politico del centrodestra e avesse fatto il mestiere di Adenauer e di Kohl, non vi sarebbero stati voti all’AfD, non dovrebbe oggi incassare l’ennesima “batosta” (così “La Stampa”). La sfortuna ha voluto che nel momento del bisogno l’Europa fosse guidata da Merkel e Hollande, l’America da Obama, la Chiesa da Bergoglio. O forse il bisogno è nato da loro, dalle loro politiche. Perché dieci anni fa in Africa e nei paesi islamici non si stava molto peggio di adesso, ma gli emigranti non c’erano (e neanche i morti dell’immigrazione e neanche il terrorismo in Europa). Tutti questi fenomeni sono cresciuti quando questa generazione di politici si è affacciata al potere, ha distrutto le barriere, ha sconfessato le guerre difensive intraprese dall’Occidente. La responsabilità politica e morale della diffusione del terrorismo e dell’immigrazione che gli fa da contesto, ma anche delle morti sul mare di chi prova ad arrivare illegalmente in Europa, è loro. C’è solo da sperare che si riesca a schiodarli dal potere prima che i danni siano irreversibili. E questo è il segnale che oggi arriva da Berlino.

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Ugo Volli


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