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Ugo Volli
Cartoline
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Un pericolo per la democrazia 06/03/2016

Un pericolo per la democrazia
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

A destra: Angelo Panebianco aggredito durante una lezione all'università di Bologna

Cari amici,

come certamente avete letto nei giorni scorsi su Informazione Corretta, se non direttamente sui giornali, il prof. Angelo Panebianco è stato oggetto di aggressioni (nel gergo eufemistico dell’ultrasinistra, ormai passato sui giornali: contestazioni) mentre teneva lezione. Alcuni giovanotti dei “centri sociali” hanno deciso che, non essendo i contenuti politici dei suoi articoli (pubblicati fra l’altro dal “Corriere della Sera”, non dal giornale del Ku Klux Klan) gradevoli ai loro occhi, il docente non aveva diritto di far lezione. Che le lezioni avessero tutt’altro argomento, scientifico e non politico; che in Italia, per nostra fortuna, a differenza che in Cina, a Cuba, in Iran o nei paesi arabi viga la libertà di opinione; che le lezioni universitarie siano un pubblico servizio e un dovere per il docente e che quindi esse non possano essere interrotte senza commettere un grave abuso ai danni degli studenti e del regolare funzionamento di un’istituzione pubblica – di tutto questo ai giovanotti non interessa nulla – anzi per dirla nel gergo fascista che corrisponde alle loro posizioni, non gliene frega niente. Il rettore e gli organi accademici di Bologna hanno condannato la “contestazione”, i colleghi e i giornali hanno espresso solidarietà (anche noi l’abbiamo fatto e lo ripetiamo, ma non è stata affatto punita né impedita la violazione della libertà di tutti da parte di un manipolo di persone che fra l’altro hanno base in un’aula “occupata” - cioè diciamolo: sottoposta ad appropriazione indebita, che è un altro grave reato, concretamente sottratta con la forza all’uso collettivo e istituzionale per servire a pochi facinorosi). Quel che la polizia ha potuto fare è assegnare al prof. Panebianco una scorta per fare lezione, cioè dei poliziotti che invece di sorvegliare quello che fanno i delinquenti, scortano la parte lesa.

A Torino, all’entrata della mia università, è comparso un lenzuolo su cui era scritto in vernice rossa: “vergogna Panebianco”: assurda inversione della realtà. Gli autori sono presumibilmente gli stessi che hanno compiuto un gesto tutto sommato analogo. Avevano chiesto un’aula per fare propaganda (antidemocratica nella mancanza di contraddittori, antieducativa nei contenuti antisemiti) a favore del boicottaggio del Politecnico di Haifa (il “Technion”), con il ridicolo pretesto menzognero che esso, una delle università più aperte del mondo promuoverebbe l’”apartheid”, e aiuterebbe con le sue ricerche i cittadini israeliani a difendersi dalla mattanza dei terroristi (perché per questi fior di sedicenti “democratici” e “antifascisti”, ma in realtà nipotini di Hitler, uccidere gli ebrei non è un reato). Ne abbiamo abbondantemente parlato. L’Università ha giustamente rifiutato la concessione dell’aula, che cosa è successo allora? Che i boicottatori hanno “occupato” l’aula (cioè di nuovo hanno commesso un reato appropriandosi di un bene pubblico) e hanno tenuto l’incontro diffondendo le loro tesi deliranti. Fra l’altro non consta che abbiano sfondato la porta, l’hanno aperta con chiavi che qualcuno ha dato loro o che già possedevano. Sarebbe interessante accertare la circostanza: mi permetto di suggerire alle autorità universitarie di indagare su un punto che non è privo di importanza: i responsabili giuridici di un bene pubblico ne proibiscono un certo uso e vi sono dipendenti che invece lo consentono? Meritano almeno un provvedimento disciplinare. Oppure vi sono dei gruppi esterni all’università che ne hanno le chiavi? C’è un grave problema di tutela dei beni collettivi e della sicurezza pubblica.

In ogni caso lo stato dei fatti è che di nuovo, come negli anni Settanta, le università stanno diventando una riserva di illegalità (o, se vogliamo metterla in termini leninisti, di duplicità di potere). Vi sono degli individui ben identificati che si prendono la libertà di decidere loro chi debba insegnare, a seconda della conformità delle sue idee politiche con le loro; e che possono anche decidere che uso fare degli spazi pubblici, ignorando le decisioni delle autorità legali. Credo che non solo le autorità universitarie, ma i responsabili politici dell’ordine pubblico dovrebbero riflettere su questa situazione. Negli anni Settanta essa fu una delle condizioni che portarono al radicamento del terrorismo e produssero molti lutti. Di nuovo nei paesi europei vi è una minaccia terroristica organizzata; viene prevalentemente da immigrati, anche di seconda e terza generazione; ma le cronache sulla manifestazione torinese riferiscono proprio la presenza di persone del genere.

Il problema, mi ha spiegato qualcuno, è che le forze dell’ordine sono ben consapevoli dei pericoli e fanno il possibile per prevenirli. Ma i responsabili politici (e talvolta anche quelli accademici) non vogliono una difesa puntuale della legalità, preferiscono, per dirla con Manzoni, “sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire.”

E’ comprensibile, ma c’è di peggio. Molte volte, nelle cronache recenti si è letto di decisioni della magistratura che sembrano garantire più gli autori di reati che coloro che si difendono da essi. Non è solo il caso dell’immigrazione e della richiesta insistente da parte di rappresentanze giudiziarie di eliminare un reato che è stato introdotto per legge e che tutti i sondaggi dimostrano che gli elettori in larga maggioranza vogliono mantenere; ma c’è stata una serie di casi in cui, a quanto ho capito, le leggi sono state interpretate in modo da proteggere i ladri a spese delle loro vittime. C’è stata la guardia giurata di una banca condannata a ripagare i rapinatori, un ex carabiniere condannato per essersi difeso dai ladri con le armi, un ladro che ha chiesto e credo ottenuto i danni per essere stato morso da un cane di guardia essendo entrato in una casa per rubare.

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Sono episodi, e io naturalmente non sono in grado di giudicarli. Ma testimoniano di un clima, di un’ideologia che del resto è largamente testimoniata da dichiarazioni pubbliche di vario grado di ufficialità, in cui sembra che la magistratura si ponga il compito di proteggere quelli che ritiene essere i “deboli”, anche al di là delle leggi scritte e soprattutto si consideri una forza “evolutiva” del sistema, detestando la funzione di conservazione del sistema che invece le è assegnata dalla logica e dalla teoria politica. Non bisogna aver letto Hobbes infatti per capire che il patto sociale fondamentale su cui si regge lo stato moderno è quello in cui lo Stato (e per esso la magistratura e le forze dell’ordine) si fa garante ai cittadini del pacifico godimento dei loro diritti e delle loro proprietà. Questa è la base dello stato liberale (non di quello totalitario, socialista o fascista che sia, in cui lo Stato si dà obiettivi suoi e costringe i cittadini a servirlo per questi scopi). Certo nei nostri sistemi politici e di conseguenza giuridici esistono degli elementi di moderazione di questa libertà degli individui, vi è spazio per la redistribuzione dei redditi, il perseguimento di politiche egualitarie, la garanzia di livelli minimi di servizi per tutti. Ed è giusto che sia così. Ma di qui a proteggere coloro che per ragioni politiche o personali si appropriano di beni e diritti altrui, ce ne passa. Ripeto, non sto accusando nessuno e non ho elementi di fatto da discutere sugli episodi che ho citato. Ma è abbastanza chiaro che c’è oggi nel nostro paese e in genere in Occidente un clima politico/giuridico che protegge o almeno “comprende” certe forme di illegalità, soprattutto se praticate da certi gruppi di minoranza politica o sociale.

E’ un pericolo molto grave per la convivenza civile. L’ho detto molte volte e lo ripeto qui. In Europa l’islamismo (che pratica diffusamente l’illegalità, a partire dall’immigrazione ed è protetto dalla benevola opinione di coloro che vogliono usare le istituzioni per “fare giustizia”) sta provocando una controspinta fascista altrettanto pericolosa. Per cause paradossali che ho spesso discusso e si rifanno a una volontà suicida alla Sansone, il naturale alleato dell’islamismo, che ha una natura fortemente reazionaria, è l’estrema sinistra. Lasciare libero campo a tutti e due e rinunciare a difendere la legalità è una scelta politica pericolosissima, anzi sostanzialmente suicida, che però è praticata largamente dagli ambienti “progressisti” che dominano ideologicamente gli “apparati ideologici di stato”, come scuola, media, politica e anche magistratura. Sarebbe importante che su questo tema si aprisse una discussione. O almeno che ci pensassero coloro che si meravigliano molto della virata dell’opinione pubblica europea verso la destra. Lo stato di diritto, che è una delle grandi realizzazioni della nostra storia, è anche uno stato che rispetta i diritti e obbliga tutti, anche i “contestatori” a rispettarli. Se occorre, con la forza.


Ugo Volli


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